Il contributo è tratto da Storia della civiltà europea a cura di Umberto Eco, edizione in 75 ebook
Jacob van Eyck raccoglie ne Il giardino delle delizie flautistiche più di 100 composizioni, quasi tutte basate su melodie di vasta circolazione, le quali, esposte e poi variate in un susseguirsi di elementi di crescente complessità e difficoltà di esecuzione, sono state fissate sulla pagina dalla penna di uno o più anonimi trascrittori. Der fluyten lust-hof, oltre a fornire preziose informazioni sulla pratica, di regola non scritta, della variazione estemporanea, offre anche una testimonianza di straordinario interesse sulla circolazione di melodie nell’Europa della prima metà del Seicento.
La circolazione europea di melodie
Il giardino delle delizie flautistiche (Der fluyten lust-hof) di Jacob van Eyck è una raccolta di musiche strumentali, pubblicata ad Amsterdam nel 1649 dall’editore Paulus Matthysz. La destinazione dichiarata nell’introduzione è per flauto solo, diritto o traverso, fatta eccezione per cinque brani a due flauti.
I brani di cui si compone la raccolta sono di carattere estremamente eterogeneo: modelli melodici su cui si intonano testi liturgici e devozionali e su cui si cantano i salmi durante le funzioni nella cattedrale di Utrecht; canzoni e melodie di danza popolari di diversa provenienza e di diverso genere; arie vocali e musiche strumentali d’autore noto; forme puramente strumentali di carattere preludiante.
Il giardino delle delizie flautistiche deriva in parte il suo repertorio da un’antologia già pubblicata, anch’essa ad Amsterdam, nel 1621. Si tratta della raccolta di testi poetici, a volte corredati della relativa melodia, Friesche lusthof (Giardino dei piaceri Frisone) compilata in collaborazione con Jacob Vredeman, da Jan Janszoon Starter, il quale, come dice il nome stesso, può essere ritenuto l’iniziatore di questa tradizione fiamminga di antologie a stampa che collazionano arie di diversa origine e provenienza.
Ma i materiali melodici utilizzati da van Eyck provengono, oltre che dalle Fiandre, da Germania, Inghilterra, Francia, Italia e Spagna, Paesi profondamente legati alle Fiandre, all’epoca, da molteplici rapporti economici, commerciali, politici e culturali. In alcuni di essi una fiorente editoria musicale favorisce un’ampia circolazione di brani che conoscono una rapida diffusione in tutta Europa, e si impongono talvolta come modelli per variazioni anche in aree distanti dal luogo d’origine.
A volte è il titolo stesso a suggerire la provenienza della melodia variata, vuoi in forma esplicita (ad esempio: Frans Ballet, Ballo francese; Engels Lied, Canzone inglese; Een Spaense Voys, Aria spagnola; Frans Air, Aria francese), vuoi in forma implicita (ad esempio: Si vous me voules guerir, Amarilli mia bella, Lus de mi alma).
Le indicazioni di provenienza ricavabili dalla lingua del titolo tuttavia sono a volte fuorvianti, o rimandano a fonti intermedie e a una precedente circolazione del brano. È il caso di Prins Robbert Masco, deformazione dell’inglese Prince Robert Masque, e di Excusemoy, francesizzazione di Can She Excuse My Wrongs, di John Dowland, peraltro già parafrasata dallo stesso autore in The Earle of Essex Galiard.
Casi come quello di Excuse moy sono comunque utili testimonianze della vasta diffusione di tanti brani e degli adattamenti linguistici da essi subiti: su melodie note si cantavano spesso traduzioni in altre lingue del testo originale o componimenti poetici del tutto diversi da esso.
Spesso (ed è quello che accade ne Il giardino delle delizie flautistiche) alcune canzoni, private del testo, vengono ridotte a melodie strumentali sulle quali eseguire variazioni.
È questo il caso, ad esempio, di Amarilli mia bella, aria di Giulio Caccini su testo del Guarini, pubblicata in Italia ne Le nuove musiche una ventina d’anni prima, ma la cui eco evidentemente risuonava ancora in tutta Europa, fino alla lontana Utrecht.
Il tema vocale di Caccini, ridotto da van Eyck alle esigenze esecutive e interpretative del flauto, viene elaborato in tre variazioni. Nella seconda di queste, la più elaborata, le diminuzioni si susseguono con crescente complessità, fino a perdere poi, nella terza variazione, i più evidenti caratteri della semplice melodia originaria, ripresa di quando in quando solo per esporne brevemente alcuni frammenti: Una parte rilevante dei brani trascritti e variati ne Il giardino delle delizie flautistiche è tratta da repertori sacri, verosimilmente usati durante le funzioni liturgiche e in occasione di festività religiose nell’Olanda calvinista.
Le variazioni
I procedimenti seguiti da van Eyck nel trattare questi e altri materiali, nel costruire le sue variazioni sono caratteristici di un’epoca di transizione, che vede progressivamente spostarsi l’attenzione del musicista e dell’ascoltatore dall’elemento melodico verso quello armonico.
Così vi sono variazioni in uno stile più arcaico, costruite secondo la tecnica della diminuzione e caratterizzate dal frequente procedere per gradi congiunti, alternate ad altre più moderne, che evidenziano il substrato armonico del tema grazie a una forte incidenza di intervalli ampi e all’impiego, talvolta, di interi passaggi di accordi arpeggiati.
L’allontanamento da quei procedimenti che privilegiavano l’andamento per gradi congiunti segna anche l’emancipazione da un linguaggio neutro, indifferentemente vocale o strumentale, in favore di uno stile legato allo specifico idioma strumentale.
Le più comuni formule di diminuzione giungono a van Eyck da una tradizione prevalentemente orale, quantunque codificata in specifici manuali da più di un secolo, a partire dalla pubblicazione della Fontegara di Silvestro Ganassi. La ricorrenza in queste fonti di indicazioni come “per cantare et suonare con ogni sorte de stromenti” va di pari passo con le insistenti raccomandazioni, ivi rivolte agli strumentisti, di imitare la voce umana. Tuttavia col tempo i virtuosi cantori e strumentisti tendono a esaltare le rispettive potenzialità tecniche ed espressive, elaborando tecniche di variazione differenziate.
In van Eyck l’esposizione del tema è seguita, nella maggior parte dei casi, da una semplice ma elegante diminuzione, cui seguono variazioni progressivamente più complesse, in numero variabile, dove a volte si alternano, ma più spesso coesistono, elementi lessicali di vario genere. Il linguaggio piano e cantabile e la spigolosità di certi salti non si alternano dunque a debita distanza, né in maniera casuale e incoerente, ma con la scorrevolezza di chi preferisce un virtuosismo sottile a eccessi quali quelli descritti da Francesco Rognoni nella Selva de varii passaggi.
Là dove van Eyck si addentra in procedimenti lontani dalla vocalità, sembra farlo non tanto per esibizione virtuosistica, quanto per infrangere i limiti imposti dallo strumento cui i brani de Il giardino delle delizie flautistiche sono destinati.
Il flauto, strumento monofonico, non può esprimere strutture polifoniche o armoniche, ma a esse può alludere. Il flauto di van Eyck dà spesso la sensazione di un solista che si accompagna da sé, sostituendo talvolta la nota del tema con le note arpeggiate dell’intero accordo che la sottende. In alcuni casi, insomma, la variazione cita, arpeggiandolo, una sorta di accompagnamento, di armonizzazione ideale della melodia esposta all’inizio.
Altrove però, ad esempio in Boffons, avviene in qualche modo l’inverso: il tema esposto è costituito da una successione di accordi arpeggiati, e le variazioni consistono nel riempimento melodico di questi arpeggi, in un susseguirsi sempre più rapido di gruppi di note, più nutriti ad ogni nuova variazione.
Gli accordi esposti da van Eyck nel tema sono costruiti su Sol, Re, Sol, Do, Re, Sol, cioè sul I, sul V, di nuovo sul I, poi sul IV, ancora V e I grado della scala di Sol maggiore. Si tratta degli accordi costruiti sui gradi più forti della scala maggiore: il I, il V e il IV, cioè il fondamentale, la dominante e la sottodominante.
La prima metà del Seicento è il periodo in cui, gradualmente e quasi insensibilmente, viene affermandosi una nuova sensibilità armonica, in cui le relazioni tra accordi vengono ad assumere funzioni e gerarchie che saranno proprie del sistema tonale.
La successione di accordi sul I, sul V e di nuovo sul I grado si qualifica sempre di più, in quest’epoca, come unità testuale minima, come formula suscettibile di ampliamenti, digressioni e sviluppi ma pur sempre conchiusa in se stessa: ed è la successione di accordi che, più avanti negli anni, verrà chiamata cadenza perfetta, che è alla base del sistema di relazioni sonore che caratterizza il linguaggio tonale.
In Boffons troviamo traccia di questa nuova sensibilità tonale, del sistema di relazioni armoniche che viene prendendo corpo in quest’epoca: la sequenza di accordi con cui si apre il brano, che si allarga a comprendere anche il IV grado, è il primo ampliamento di questa unità testuale minima: gli accordi sul IV e sul V grado sono ambedue legati da relazioni di quinta con la fondamentale; la definizione dell’ambito tonale risulta rafforzata da questa cornice di quinte che racchiude l’accordo di tonica.