JACOPINO di Francesco de' Bavosi (o de' Papazzoni)
Pittore bolognese documentato dal 1360 ca. al 1386, anno in cui risulta morto (Filippini, Zucchini, 1947).Si ha notizia di un viaggio di J. a Milano e Pavia nel 1365 per lavorare, con il figlio Pietro e con Andrea de' Bartoli, per conto di Galeazzo Visconti. Al nome di J. Longhi (1973a; 1973b) e Arcangeli (Pittura bolognese del '300, 1978) avevano legato un cospicuo corpus pittorico - ritenuto di capitale importanza nell'ambito della pittura bolognese del Trecento -, costituito principalmente da un dittico con storie della Vita di Cristo (Bologna, Pinacoteca Naz.), da cinque tavolette con Storie di s. Caterina, già nella coll. Gozzadini (Raleigh, North Carolina Mus. of Art), da una Crocifissione (Avignone, Mus. du Petit Palais), dall'affresco staccato con S. Giacomo alla battaglia di Clavijo e dalla tavola con l'Incoronazione della Vergine (entrambi a Bologna, Pinacoteca Naz.) e dalle Esequie di s. Francesco (Roma, Mus. Vaticani, Pinacoteca), tutte opere pertinenti al periodo giovanile di attività dell'autore. Al periodo più maturo avrebbero dovuto essere assegnati il Crocifisso della chiesa di S. Giovanni in Monte a Bologna, il ritratto del committente nella scena della Circoncisione all'interno del ciclo di affreschi dell'oratorio di Mezzaratta (realizzato tra la metà del sec. 14° e l'inizio del successivo; oggi a Bologna, Pinacoteca Naz.) e i tre noti polittici con la Presentazione al Tempio e la Dormitio Virginis, provenienti da S. Maria Nuova, e dell'Incoronazione della Vergine, dalla Badia (Bologna, Pinacoteca Naz.).Bellosi (1974), constatando come l'autore delle opere attribuite a J. si fosse chiaramente educato su esempi riminesi, come per es. la Crocifissione di Pietro da Rimini del 1330 (Amburgo, Hamburger Kunsthalle), e soprattutto prendendo in esame le fogge del vestiario e delle armature dei personaggi presenti nelle suddette opere, corrispondenti alla moda della prima metà del secolo, ha proposto l'anticipazione del corpus attribuito a J. a un periodo compreso entro il sesto decennio del Trecento e la sua attribuzione a un ignoto autore fittiziamente chiamato pseudo-Jacopino, vero caposcuola della pittura bolognese antecedente l'attività di Vitale, con un fare caratterizzato dall'innesto su ascendenti chiaramente riminesi di modi tesi a una più incisiva ed espressiva resa della vicenda sacra, sempre più accentuata nelle opere della maturità, nelle quali, in particolare nei polittici della Pinacoteca Naz., si potrebbe ravvisare l'opera di un altro autore. Modi ripresi dallo pseudo-Jacopino sarebbero inoltre individuabili anche in miniature bolognesi della prima metà del secolo (Medica, 1990, pp. 119-121). Il nome di J. potrebbe dunque essere collegato, come già suggerito da Bellosi (1974), soltanto all'autore di alcune scene del ciclo di affreschi di Mezzaratta recanti la firma "Jacobus f(ecit)", ossia la Piscina Probatica e le sette scene con Storie di Giuseppe, che, seppur separate nella realizzazione da un ventennio ca., non è escluso possano appartenere allo stesso artefice (Conti, 1978, pp. 136-139).
Bibl.: Fonti. - F. Filippini, G. Zucchini, Miniatori e pittori a Bologna, I, Documenti dei secoli XIII e XIV, Firenze 1947; A. Masini, Bologna perlustrata, I, Bologna 1666, pp. 279, 347; C.C. Malvasia, Felsina pittrice. Vite de' pittori bolognesi, I, Bologna 1678, p. 17ss.; id., Le pitture di Bologna, Bologna 1792⁸ (1686), p. 399.
Letteratura critica. - F. Filippini, Iacobino de' Papazzoni, pittore bolognese del '300, BArte 9, 1915, pp. 179-189; A.M. Romanini, s.v. Bavosi, Jacopo, in DBI, VII, 1965, pp. 306-308; R. Longhi, La pittura del Trecento nell'Italia settentrionale (1934-1935), in id., Opere complete, VI, Lavori in Valpadana, Firenze 1973a, pp. 60-62, 73-76; id., Mostra della pittura bolognese del Trecento, ivi, 1973b, pp. 155-187: 160-163; L. Bellosi, Buffalmacco e il Trionfo della Morte, Torino 1974, pp. 86-87; Pittura bolognese del '300. Scritti di Francesco Arcangeli, Bologna 1978, pp. 35-74; A. Conti, Gli affreschi di Mezzaratta, ivi, pp. 136-139; D. Benati, Pittura del Trecento in Emilia Romagna, in La pittura in Italia. Il Duecento e il Trecento, Milano 1986, I, pp. 193-232; M. Medica, "Miniatori-pittori": il "Maestro del Gherarduccio", Lando di Antonio, il "Maestro del 1328" ed altri. Alcune considerazioni sulla produzione miniatoria bolognese del 1320-1330, in Francesco da Rimini e gli esordi del Gotico bolognese, a cura di R. D'Amico, R. Grandi, M. Medica, cat., Bologna 1990, pp. 97-123.