POZZO, Jacopo Antonio
POZZO, Jacopo Antonio. – Nacque a Trento il 13 aprile 1645 da mastro Jacopo e da Lucia Bazzanella; gli furono padrini i conti Bortolazzi, presso i quali dovette lavorare il padre muratore «de lacu comensi» (come si legge nel suo testamento, Pilo Casagranda, 1963). Fratello di Andrea, gesuita, di tre anni più vecchio, tra il 1664 e il 1666 fu novizio nel convento dei carmelitani scalzi alle Laste di Trento. Il 29 ottobre 1666 fece professione di fede nello stesso Ordine prendendo il nome di fra Giuseppe di s. Antonio Donato.
La biografia redatta da un confratello carmelitano poco dopo la sua morte permette di conoscere gran parte del suo operato e informa di due viaggi a Roma, dove emerse come abile intagliatore attivo presso il convento della Scala. Già nel 1742 Anton Roschmann ne segnalava, pur dandogli il nome errato di Lorenzo, le opere veneziane, assegnandogli quindi gli altari maggiori della chiesa carmelitana alle Laste di Trento e del Duomo di Bolzano. Nel 2003 l’intera sua attività è stata riconsiderata criticamente (Bacchi - Giacomelli) alla luce anche delle opere trentine. Per la chiesa carmelitana dove fu novizio disegnò l’edicola – realizzata da Cristoforo Benedetti nel 1695 circa (Giacomelli, 2011) – posta sul secentesco altare maggiore di Mattia Carneri, i cui modi furono fondamentale punto di riferimento per entrambi i fratelli Pozzo. Per lo stesso altare scolpì in legno dipinto a finto marmo la Trinità con i ss. Elia ed Eliseo e, ancora per la chiesa carmelitana, ideò l’altare di S. Giuseppe (con pala del fratello Andrea), i cui disegni sono conservati presso la provincia carmelitana di Milano (Bacchi - Giacomelli, 2003); l’altare fu realizzato da Veronese Lucchi (1675-78) e si trova nella parrocchiale di Lasino (Trento), dove si conserva anche un Crocifisso ligneo recentemente ascrittogli (Giacomelli - Sava, 2012). Nel 2008 è stata pubblicata l’intera raccolta dei suoi disegni conservata presso la provincia carmelitana di Milano (I disegni di Jacopo Antonio Pozzo, 2008).
Architetto e intagliatore, tra le sue prime opere, accanto ai lavori per la chiesa alle Laste di Trento, si annovera il disegno per l’altare maggiore della chiesa carmelitana di Mantova, commissionato nel 1668 a Giovanni Battista Bianchi, con il quale Pozzo collaborò a Verona.
Dal Trentino si trasferì a Roma probabilmente negli stessi anni (1682-86) in cui vi soggiornò il fratello Andrea; se fosse identificabile con il «Pozzo Giuseppe pittore» documentato in casa di Domenico Lelio a Roma nel 1681 e nel 1683-84 ne avremmo ulteriore conferma (Bartoni, 2012).
Frutto di questa prima esperienza romana è probabilmente il disegno del pavimento della cappella del Ss. Crocifisso nel Duomo di Trento (1687) commissionato dal principe vescovo Francesco Alberti Poja (Giacomelli, in corso di stampa).
Si stabilì quindi a Venezia, dove realizzò il coro, la cantoria e la sagrestia (con statue dei santi carmelitani realizzate con l’aiuto di Zuane Cigherle nel 1689) della chiesa di S. Maria di Nazareth agli Scalzi, cantiere che segnò l’inizio della sua lunga attività per i Manin.
Se l’ancoraggio cronologico al 1684 per le sculture dell’altare di S. Teresa nella stessa chiesa (S. Guerriero, Paolo Callalo: un protagonista della scultura veneziana, in Saggi e memorie di storia dell’arte, 1997, vol. 21, pp. 36, 39 s.) lo esclude quale progettista dell’opera, che spetta a Baldassare Longhena, certo intervenne sull’altare, come comprovano sia l’incarico di soprastante attestatogli nel 1698 per la realizzazione della scultura della santa titolare (P. Rossi, La decorazione scultorea dell’altare maggiore della chiesa di San Cassiano, in Arte Veneta, 1994, n. 46, nota 22), sia la sua diretta chiamata in causa da parte di Pietro Antonio Pacifico (1697), sia un progetto di altare in pianta e in alzato conservato a Milano (I disegni di Jacopo Antonio Pozzo, 2008, scheda 1).
Nel 1689 ancora agli Scalzi si impegnò nella fabbrica dell’altare della cappella Manin dedicato alla Sacra Famiglia (Frank, 1996) e probabilmente progettò l’intera cappella, rivestita di marmi forse a opera dei Corbarelli, già altre volte suoi collaboratori.
Tra il 1692 e il 1695 fu nuovamente a Roma, dove con tutta probabilità progettò un apparato effimero per l’elezione di papa Innocenzo XII (I disegni di Jacopo Antonio Pozzo, 2008); certo fu in contatto con il fratello Andrea, con il quale si confrontò più volte anche influenzando i suoi modi, come dimostra l’altare maggiore della chiesa francescana di Arco (Trento) per il quale fu Andrea a realizzare il disegno. Il dialogo con il fratello è attestato anche da due disegni degli Uffizi attribuiti ad Andrea (Mirabili disinganni, 2010), ma per i quali è già stato proposto piuttosto il nome di Jacopo Antonio (Bacchi - Giacomelli, 2005), ipotesi ora criticamente riargomentata a conferma della stretta collaborazione tra i due (Bacchi, in Andrea e Giuseppe Pozzo, 2012).
Progettò il convento dei carmelitani scalzi di Crema, nel 1694 (I disegni di Jacopo Antonio Pozzo, 2008), e quello per la chiesa carmelitana di Rovereto, realizzato nell’ultimo decennio del secolo (Rasmo, 1982; Giacomelli - Sava, 2012).
Tornato a Venezia, realizzò il progetto della distrutta chiesa carmelitana di S. Gerolamo a Padova, che reca le date 1692 e 1695 (Brandolese, 1795; I disegni di Jacopo Antonio Pozzo, 2008); firmò e datò al 1698 il disegno per il convento carmelitano di Treviso.
Non si allontanò più da Venezia, dove nei primi decenni del Settecento fu occupato pressoché a tutto campo dai Manin: tra il 1700 e il 1707 lavorò alla cappella maggiore ancora agli Scalzi e, con tutta probabilità, progettò l’altare Lumaga, di cui si conserva a Milano il disegno per la balaustra. Progettò l’altare maggiore dei Gesuiti (Moschini, 1815), messo in opera nel 1716, e l’altare maggiore e gli altari laterali del Duomo di Udine (Frank, 1996). Nella chiesa dei gesuiti fu inoltre regista dell’intera decorazione (Bacchi, in Andrea e Giuseppe Pozzo, 2012), la cui esecuzione vide coinvolti Francesco Bonazza e Domenico Rossi, con cui collaborò più volte (Bassi, 1962; Frank, 1996). Disegnò con tutta probabilità i portali della residenza veneziana di Ca’ Dolfin (Bacchi - Giacomelli, 2003; Bacchi, in Andrea e Giuseppe Pozzo, 2012). Nel 1710 Pozzo fu consultato per un parere sul Duomo nuovo di Brescia (Massa, 2013). Nello stesso anno progettò l’altare maggiore del Duomo di Bolzano, di cui si conservano i disegni preparatori a Milano (Pilo Casagranda, 1958), e forse quello del coro nella stessa chiesa (Bacchi - Giacomelli, 2003); nel medesimo torno di anni elaborò i progetti per gli altari laterali della chiesa carmelitana di Verona (realizzati da Giacomo Puttini), dove ideò anche l’altare maggiore (eseguito da Antonio Corbarelli); nella stessa epoca disegnò il portale di palazzo Malfatti a Trento, l’altare del Crocifisso in S. Bartolomeo a Venezia (Frank, 2013) e, sempre a Venezia, l’altare di S. Giuseppe oggi in S. Pietro in Castello ma già nella chiesa del Corpus Domini (Favilla - Rugolo, 2006-2007; Casagranda, 2007); ancora a Venezia progettò nel 1710 l’altare di S. Sebastiano nella chiesa omonima, già segnalato da Douglas Lewis (1979).
Pozzo seppe combinare modi settentrionali a modi romani, prediligendo costruzioni dinamiche e scenografiche debitrici della cultura degli apparati effimeri, ma innovative nel cercare un dinamico rapporto con la parete di fondo: ne risultò un inedito ruolo scenografico dell’altare in cui la scelta cromatica (dove prevale il marmo castionese) gioca un ruolo di primo piano così come l’uso delle colonne tortili e per angolo imprime continuo movimento alle strutture in modi che saranno sempre più ripresi dagli architetti che lo seguiranno. Fu in dialogo continuo con i maggiori interpreti della cultura dell’epoca: documentati quello con Domenico Rossi, ma anche quello con Antonio Gaspari, i cui contatti, evidenti su base stilistica, sono stati comprovati di recente su quella documentaria (Favilla - Rugolo, 2006-2007).
La sua influenza sugli artisti lagunari, e non solo, fu notevolissima. A Venezia dimostrano apertamente la derivazione da suoi modelli tre altari laterali della chiesa di S. Stefano e quattro in S. Pantalon (Bacchi, in Andrea e Giuseppe Pozzo, 2012). In Lombardia fu Giovanni Antonio Biasio nei suoi libri di disegni (1729-38) a riproporne i modi (Massa, 2013).
Morì a Venezia il 31 gennaio 1721.
Spesso soverchiato dalla fama del più celebre fratello, la sua attività non è ancora del tutto ricostruita soprattutto per quanto riguarda gli anni romani.
Altre opere. Altare della cappella Buratti, Bologna, S. Maria degli Alemanni; altare laterale (eseguito da Domenico Sartori), Civezzano (Trento), arcipretale (dalla distrutta chiesa del Carmine di Trento); altare della cappella Feroni, Firenze, Ss. Annunziata; S. Teresa d’Avila, S. Giovanni della Croce, Lavis (Trento), frazione Sorni, S. Maria Assunta; altare del Crocifisso (eseguito da Cristoforo Benedetti), Limone sul Garda, S. Benedetto; altare di S. Giovanni Nepomuceno (eseguito da Cristoforo Benedetti, 1713), Mezzolombardo (Trento), Castello della Torre, cappella di S. Apollonia; altare maggiore, Rivolto di Udine, parrocchiale; progetto della decorazione, Udine, B. Vergine del Carmine.
Fonti e Bibl.: P.A. Pacifico, Cronica veneta ovvero succinto racconto di tutte le cose più cospicue, e antiche della città di Venezia, Venezia 1697, p. 327.
A. Roschmann, Tyrolis pictoria et statuaria (1742), in G.B. Emert, Fonti manoscritte inedite per la storia dell’arte nel Trentino, Firenze 1939, p. 34; P. Brandolese, Pitture, sculture, architetture ed altre cose notabili di Padova, Padova 1795 (rist. anast. Bologna 1974), p. 198; G. Moschini, Guida per la città di Venezia all’amico delle belle arti, II, Venezia 1815, p. 663; N. Rasmo, La scoperta del progetto originale per l’altare maggiore della parrocchiale di Bolzano, in Cultura Atesina, IX (1955), 1-4, pp. 145-148; F. Pilo Casagranda, Uno sconosciuto architetto d’altari: J.A. P. (1645-1721), in Palladio, n.s., VIII (1958), pp. 78-82; E. Bassi, Architettura del Sei e Settecento a Venezia, Napoli 1962 (rist. anast. 1980), pp. 30, 118, 122, 211 s., 220-222, 230, 369, 372; F. Pilo Casagranda, Nuovi documenti per l’architetto J.A. P., in Cultura Atesina, XVII (1963), 1-4, pp. 10-20; D. Lewis, The late baroque churches of Venice, London-New York 1979, pp. 80-86, 168, 394 s.; N. Rasmo, Storia dell’arte nel Trentino, Trento 1982, p. 286; F. Venuto, La vicenda edilizia del complesso di Passariano, in Arte in Friuli Arte a Trieste, 1984, n. 7, p. 64; M. Frank, Giuseppe P., architetto della famiglia Manin, in Andrea Pozzo. Atti del Convegno…, Trento… 1992, a cura di A. Battisti, Milano-Trento 1996, pp. 348-359; A. Bacchi - L. Giacomelli, Dai Carneri ai Sartori: architetture d’altari e sculture, in Scultura in Trentino. Il Seicento e il Settecento, a cura di A. Bacchi - L. Giacomelli, Trento 2003, I, pp. 133-141, II, pp. 258-263; Iid., Scultori e architetti trentini in età barocca: riflessioni e prospettive di ricerca, in I Giongo di Lavarone: botteghe e cantieri del Settecento in Trentino. Atti del Convegno…, Lavarone… 2004, a cura di M. Bertoldi - L. Giacomelli - R. Pancheri, Trento 2005, pp. 46-53; F. Girardi, Disegni decorativi di J.A. P., in DecArt, 2006, n. 6, pp. 2-9; Id., «Insigni deliri e meschinità da acconciatori»: l’album dei disegni di J.A. P. 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Andrea Pozzo (Trento 1642-Vienna 1709) pittore e architetto gesuita (catal.), a cura di R. Bösel - L. Salviucci Insolera, Roma 2010, pp. 246 s. (scheda di R. Bösel); L. Giacomelli, Tra apparati effimeri e macchine d’altare: il ruolo di Mattia Carneri nella formazione di Andrea e J.A. P., in Artifizi della metafora. Saggi su Andrea Pozzo. Atti del Convegno… 2009, a cura di R. Bösel - L. Salviucci Insolera, Roma 2011, pp. 32-41; F. Suomela Girardi, Giuseppe Pozzo a Verona: documenti inediti sul cantiere degli Scalzi, in Da Longhena a Selva. Un’idea di Venezia a dieci anni dalla scomparsa di Elena Bassi. Atti del Convegno…, Venezia… 2009, a cura di M. Frank, Bologna 2011, pp. 123-137; L. Bartoni, Le vie degli artisti. Residenze e botteghe nella Roma barocca dai registri di Sant’Andrea delle Fratte (1650-1699), Roma 2012, p. 496; L. Giacomelli - G. Sava, Scultura barocca in Trentino: i Crocifissi. Modelli e compresenze culturali, in Studi trentini. 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Hopkins, Momenti critici agli Scalzi: i primi tre disegni architettonici, pp. 67-76; M. Frank, Dopo Longhena: la ridefinizione architettonica e decorativa del coro e del presbiterio della chiesa degli Scalzi, pp. 131-149); L. Giacomelli, Tra Venezia e Trento: pavimenti «di fini Marmi à varij colori» dalle invenzioni di J.A. P., in I pavimenti barocchi veneziani. Atti del Convegno…, Venezia… 2015, in corso di stampa.