JACOPO del Casentino
Pittore attivo nella prima metà del sec. 14°, originario dell'alta valle dell'Arno.L'attività di J. dovette svolgersi in prevalenza in area fiorentina. Secondo Vasari (Le Vite, II, 1967, p. 271) egli fu allievo di Taddeo Gaddi (v.) e, sebbene tale asserzione sia contraddetta dai dati cronologici, un riflesso dell'attività di Taddeo è innegabile nella sua produzione pittorica, specialmente nella fase matura, intorno al 1330. I documenti riferibili con certezza al pittore sono assai scarsi: nel 1339 egli figura tra i consiglieri fondatori della fiorentina Compagnia di s. Luca, mentre in un documento di S. Maria Novella a Firenze, del novembre 1347, è indicato per l'esecuzione di una cappella. Nei libri della Compagnia di s. Luca la data di morte di J. è registrata sotto l'anno 1349; è pertanto da accantonare ormai l'altra data di morte del 1358, talvolta accettata in passato, fondata sull'asserzione vasariana e avallata negli Annales Camaldulenses (Offner, Steinweg, 1987, p. 382).La ricostruzione dell'attività pittorica di J. prese avvio dopo la pubblicazione di Suida (1906) del tabernacolo portatile degli Uffizi (inv. 1890 nr. 9258), firmato "Iacobus de Casentino me fecit", che confermava inequivocabilmente su base stilistica l'attribuzione a J. della Madonna con il Bambino in trono fra i ss. Giovanni Battista e Giovanni Evangelista e sei angeli, reperibile già nelle fonti prevasariane (Il Libro di Antonio Billi), un tempo nell'oratorio fiorentino di S. Maria della Tromba e dal 1905 entro il tabernacolo sull'angolo del palazzo dell'Arte della lana a Firenze.Appartenente con ogni probabilità alla stessa generazione artistica di Bernardo Daddi (v.) e di Taddeo Gaddi, J. dovette nascere sullo scorcio del Duecento o intorno al 1300. In effetti sembrano risalire agli anni 1315-1320 le opere più antiche che gli spettano: le quattro storie cristologiche divise in collezioni private (Offner, Steinweg, 1984), la Madonna con il Bambino (Roma, Mus. Vaticani, Pinacoteca, inv. nr. 176), il S. Giovanni Battista in carcere che invia due discepoli a Cristo (Dresda, Staatl. Kunstsammlungen, Gemäldegal. Alte Meister; Offner, Steinweg, 1984). In questi dipinti J. si presenta come uno stretto e ortodosso seguace di Giotto, interessato soprattutto alla definizione plastica dei volumi. Tuttavia, già in una fase immediatamente successiva, documentata dalla grande tavola con S. Miniato e storie della sua vita (Offner, Steinweg, 1987) dell'omonima chiesa fiorentina, databile intorno al 1320 o poco oltre, emerge il carattere spiccatamente narrativo e accattivante che distingue l'arte di Jacopo. A proposito della tavola della basilica di S. Miniato al Monte, ricollocata sull'altare destro del presbiterio in anni recenti, è opportuno ricordare che la tipologia morfologica arcaica dell'opera indusse alcuni studiosi dell'inizio del secolo a riferirla al Maestro della S. Cecilia (v.), il grande anonimo fiorentino coetaneo di Giotto, prima che Offner (Offner, Steinweg, 1987) ne riconoscesse in J. l'autore. Lo spiccato accento miniaturistico delle scene laterali e le architetture di tipo 'assisiate' richiamano in maniera assai puntuale la tavola di Dresda con S. Giovanni Battista in carcere, che significativamente è stata attribuita in un passato recente anche a Giotto.Nel tabernacolo dell'Arte della lana, recuperato da un recente restauro (1991) soprattutto nei suoi valori cromatici, J. propone una sintesi ben riuscita fra la sottigliezza disegnativa che gli derivava dall'originaria appartenenza al filone della miniaturist tendency (Offner, Steinweg, 1987) e la solennità dell'impianto plastico-spaziale di marca giottesca. Dalla fine del terzo decennio - la datazione più attendibile per il tabernacolo dell'Arte della lana - sembra prevalere, nella produzione pittorica della sempre più fiorente e organizzata bottega di J., il riflesso della solenne arte matura di Taddeo Gaddi. Tale riflesso è fin troppo evidente nei due soli dipinti datati pervenuti: la Presentazione al Tempio, del 1330 (Kansas City, Nelson-Atkins Mus. of Art, inv. nr. 61-59; Offner, Steinweg, 1987), e la frammentaria Maestà della chiesa di S. Maria a Crespino sul Lamone, in prov. di Firenze (Offner, Steinweg, 1984), datata 1342.
Bibl.: Fonti. - G. Mittarelli, A. Costadoni, Annales Camaldulenses ordinis Sancti Benedicti, VI, Venezia 1761, p. 52; Il Libro di Antonio Billi e le sue copie nella Biblioteca Nazionale di Firenze, a cura di C. von Fabriczy, ASI, s. V, 7, 1891, pp. 299-368: 325; G. Vasari, Le Vite de' più eccellenti pittori scultori ed architettori, a cura di G. Milanesi, I, Firenze 1878, pp. 669-675; H.P. Horne, A Commentary upon Vasari's Life of Jacopo del Casentino, RivA 6, 1909, pp. 95-112; 165-183.Letteratura critica. - W. Suida, Ein bezeichnetes Werk des Jacopo da Casentino, Kunstchronik und Kunstmarkt, n.s., 17, 1906, col. 335; R. Offner, Jacopo del Casentino. Integrazione della sua opera, BArte, n.s., 3, 1923-1924, pp. 248-284; B.C. Kreplin, s.v. Landini Jacopo, in Thieme-Becker, XXII, 1928, pp. 296-297; B. Berenson, Italian Pictures of the Renaissance, II, 1, Florentine School, London 1963, p. 100ss.; P. dal Poggetto, Jacopo del Casentino, in Omaggio a Giotto, cat., Firenze 1967, pp. 31-32; R. Fremantle, Florentine Gothic Painters. From Giotto to Masaccio, London 1975, pp. 115-124; R. Offner, K. Steinweg, A Critical and Historical Corpus of Florentine Painting, III, 9, a cura di M. Boskovits, Firenze 1984, pp. 56-60, 296-316; III, 2, Firenze 1987, pp. 22-24, 381-550, 588-595; E. Skaug, Punch Marks from Giotto to Fra Angelico, Oslo 1994, I, pp. 120-126.