TOLOMEI, Jacopo di Jacopo
– Nacque a Siena prima del 20 gennaio 1424, quando fu battezzato con il nome di Jacomo Nicolò, postumo di Jacopo di Nanni di Matteo (detto anche Mino di Battista, cfr. Archivio segreto Vaticano, Reg. Vat., 499, c. 142r) e di Marghi di Guido d’Ildebrandino Tolomei (Medioli Masotti, 1976, p. 227).
La vedova (diciannovenne) rifiutò sempre un nuovo matrimonio e gestì il patrimonio e i quattro figli: oltre Jacopo, Francesco (nato nel 1421, dottore in legge, canonico del duomo, titolare della chiesa familiare di S. Cristofano, morto nel 1458 e invano nominato successore di Enea Silvio sulla cattedra vescovile senese); Jacoma (che sposò il legista Andrea di Ugo Benzi); l’illegittimo Nanni (consigliere del Comune di Siena nel 1451 ma soprattutto conte palatino e capitano e governatore di Todi per il favore di Pio II).
Jacopo Tolomei va distinto da due suoi omonimi coevi e spesso confusi tra loro (Medioli Masotti, 1976, p. 227; Dionisotti, 2009, p. 45): Jacopo di Nanni, suo nipote, e Jacopo di Pietro, docente di legge nello studio di Siena dal 1435 al 1443, poi a Ferrara, intimo di Enea Silvio Piccolomini, precettore di Francesco Todeschini Piccolomini (poi papa Pio III) e scriptor litterarum apostolicarum (Reg. Vat., 515, cc. 294v-295r).
Infanzia, adolescenza, studi e prima maturità di Tolomei sono ignoti; nel 1451 fece parte del Consiglio generale della Campana insieme al fratello Nanni e fu podestà di Magliano (Medioli Masotti, 1976, p. 229). La svolta arrivò con l’elezione di Pio II (agosto 1458), che permise a molti senesi, tra cui appunto Tolomei, una vera e propria scalata sociale. Prontamente trasferitosi a Roma, Tolomei si avviò a una carriera politico-funzionariale e militare. Fu magister domus del nipote del papa, Antonio Todeschini Piccolomini (poi Piccolomini d’Aragona, duca di Amalfi), e subito dopo governatore di Assisi, Foligno, Nocera e Gualdo (10 febbraio 1459-gennaio 1462, cfr. Reg. Vat., 499, c. 142r e I. Ammannati Piccolomini, Lettere, a cura di P. Cherubini, 1997, p. 400). Nel 1460, forse Tolomei partecipò alla repressione dei tumulti, cui seguirono dal maggio 1461 le nomine a vicecastellano di Castel S. Angelo (in luogo dell’assente Todeschini Piccolomini) e commissario apostolico per la città di Roma e per le truppe papali (Archivio di Stato di Roma, Mand. Cam., 1460-1462, cc. 141v, 161r; Pagliucchi, 1906, pp. 126-133). Esercitò queste cariche con estrema decisione, adottando aspre misure repressive e poliziesche (per esempio, contro i Savelli, poi risarciti da Paolo II), e accumulando notevoli ricchezze. Dal 1462 al 1464 fu anche concessionario del grano proveniente da Corneto (Palermo, 1994, pp. 190, 192).
Alla morte di Pio II la fortuna di Tolomei precipitò. Durante il conclave, tentò di evitare la consegna di Castel Sant’Angelo al collegio cardinalizio. Chiamato poi da Paolo II (eletto il 30 agosto 1464) a rendere conto del suo operato e di reati fiscali, fuggì verso le località umbre controllate dai Piccolomini, ma fu arrestato a Spoleto, condotto a Roma, privato dei beni (restituiti poi, nel 1465, al nipote Jacopo di Nanni) e incarcerato nella rocca che aveva retto fino a qualche settimana prima (Zippel, 1912, pp. 167 s., 170-173). I provvedimenti contro di lui furono formalizzati il 3 ottobre (De Vincentiis, 2002, pp. 11 s.).
Tentò invano la fuga da Castel Sant’Angelo ai primi di maggio del 1465, procurandosi così un inasprimento delle condizioni di detenzione (I. Ammannati Piccolomini, Lettere, cit., pp. 703, 706). La sua prigionia durò sette anni, nonostante le ripetute sollecitazioni del governo senese per una sua liberazione (13 settembre 1464, gennaio 1465, e poi più volte sino al 1470).
In prigione, Tolomei fu allietato solo dalle sporadiche visite dei cardinali parenti e amici di Pio II. Nel 1468, poi, furono carcerati gli accademici romani per la congiura di Pomponio Leto, per i quali fu previsto un trattamento pari a quello di Tolomei, che perciò instaurò con loro un dialogo letterario testimoniato da una fitta corrispondenza. Al contempo, già a partire dal 1467, cominciò la stesura di rime in volgare incentrate per lo più sulla sua carcerazione e finalizzate a dimostrare la sua innocenza (ma anche ricche di riferimenti utili a costruire la sua biografia), nonché indirizzate sia ai suoi persecutori, sia ai suoi amici all’interno e all’esterno dell’arce. Jacopo continuò dopo la liberazione, e dunque anche durante il periodo aragonese, a scrivere liriche, ispirate alla poesia bucolica toscana e poi napoletana. La sua produzione di rime e lettere è tramandata dai codici Londra, British Museum, ms. Add., 19908 e Venezia, Biblioteca Marciana, It., IX 212 (6644) (cfr. Zabughin, 1909, pp. 139, 141; Medioli Masotti, 1976 e 1981; Dionisotti, 2009).
Liberato dal nuovo papa Sisto IV il 10 gennaio 1472 (Archivio segreto Vaticano, Brevia, XIV, c. 185v), Tolomei lasciò lo Stato pontificio e rientrò nell’entourage di Antonio Piccolomini, ormai stanziatosi nel Regno di Napoli, ottenendo da lui e dal sovrano numerosi incarichi amministrativi e politici.
Oltre a esser regio consigliere e luogotenente del duca nel feudo di Amalfi, Tolomei fu ambasciatore di Napoli presso l’imperatore nel 1478; l’anno successivo era in Abruzzo a seguito di Piccolomini; nel 1482 divenne capitano generale a guerra del ducato amalfitano e nel 1483 governatore dell’Abruzzo in vece del suo patrono. Tra il maggio e il giugno del 1484 ebbe il mandato di provvedere alla difesa delle marine calabresi dalle incursioni veneziane; nel 1485 preparò nel Teatino l’imposizione di nuove tasse volute dal sovrano e nei due anni successivi accumulò le cariche di regio commissario, giustiziere secreto, mastro portolano, tesoriere e percettore de fondaci del sale nelle province abruzzesi. Nel 1487 fu, infine, doganiere di Castellammare di Stabia. Non sono certi invece i ruoli di presidente della Sommaria e di doganiere di Napoli (Regis Ferdinandi primi, 1916, p. 451; Dionisotti, 2009, p. 61).
Contemporaneamente, riprese a partecipare alla vita politica di Siena (che forse visitò fugacemente nel 1481) allo scopo di curare informalmente le relazioni diplomatiche con il Regno Meridionale, e fu in contatto anche con la Firenze medicea. Il rientro in patria avvenne nella primavera del 1491; poco dopo fu eletto capitano del popolo per il bimestre luglio-agosto, ma alla fine del mandato fu richiamato da Ferrante nel regno. Morì a Napoli nel novembre di quell’anno (Biblioteca apostolica Vaticana, Chig., G.II.36, c. 187r; Corrispondenza degli ambasciatori..., 2002-2013, VI, pp. 275 s.).
Alla sua morte il nipote Jacopo di Nanni si recò a Napoli per recuperare parte dell’eredità, poiché Tolomei designò erede di cinquemila ducati e dei beni familiari un suo ‘creato’, tale Manfredino (ibid., pp. 275 s., 279 s., 345-348, 400-402). Aveva sposato ante 1464 (prima della carcerazione) una donna di nome Giovanna (morta dopo il 1480), di cui si ignora il cognome e dalla quale ebbe una figlia, Vittoria, che sposerà ad Amalfi il mercante senese Bernardino Tancredi entro il 1480 (Casale, 2015, pp. 116, 178, 180, 184, 196).
Fonti e Bibl.: Città del Vaticano, Archivio segreto vaticano, Brevia, XIV, c. 185v; Regg. Vatt., 478, c. 219rv; 479, cc. 92v-93r; 484, c. 244v; 499, c. 142r; 505, cc. 46v-47r; 515, cc. 137v-138r, 293v-294r; 516, c. 159rv; Archivio di Stato di Roma, Mand. Cam., 1460-1462, cc. 141v, 161r; Città del Vaticano, Biblioteca apostolica Vaticana, Chig., G.II.36 (Sigismundi Titii Historiarum Senensium, VI), c. 187r; Londra, British Museum, ms. Add., 19908; Venezia, Biblioteca Marciana, It., IX 212 (6644). Michele Canensi, De vita et pontificatu Pauli II pontificis maximi, in Le vite di Paolo II di Gaspare da Verona e Michele Canensi, a cura di G. Zippel, RIS, III, 16, Città di Castello 1904-1911, pp. 65-176 (in partic. p. 103); Gaspare da Verona, De gestis Pauli II, ibid., pp. 1-64 (in partic. p. 26); Lorenzo de Medici, Lettere, VI-XVI, Firenze 1990-2011, ad indices; I. Ammannati Piccolomini, Lettere, a cura di P. Cherubini, I-III, Roma 1997, ad ind.; Corrispondenza degli ambasciatori fiorentini a Napoli, I-VI, Salerno 2002-2013, ad indices; E. S. Piccolomini, I Commentarii, a cura di L. Totaro, Milano 2008, ad indicem.
P. Pagliucchi, I castellani del Castel S. Angelo, I, Roma 1906, pp. 126-133; V. Zabughin, Giulio Pomponio Leto, I, Roma 1909, pp. 139, 141; G. Zippel, Documenti per la storia di Castel Sant’Angelo, in Archivio della Società romana di storia patria, XXXV (1912), pp. 151-218; N. Mengozzi, Il pontefice Paolo II e i senesi, in Bullettino senese di storia patria, XXI (1914), pp. 141-174, 197-288, 455-530 (in partic. pp. 165 s.); Regis Ferdinandi primi Instructionum liber, a cura di L. Volpicella, Napoli 1916, p. 451; G. Prunai, La famiglia Tolomei, in Palazzo Tolomei a Siena, Firenze 1971, pp. 8-58; P. Medioli Masotti, Per la biografia di J. T., in Italia medioevale e umanistica, XIX (1976), pp. 219-239; Ead., Componimenti bucolici e rusticali del XV secolo di J. T., in Bullettino senese di storia patria, LXXXVIII (1981), pp. 21-40; G. Milan, J. T., in Letteratura italiana. Gli autori, Dizionario biobibliografico e indici, II, Torino 1991, p. 1725; L. Palermo, L’approvvigionamento granario della capitale..., in Roma capitale (1447-1527), San Miniato 1994, pp. 145-205; A. De Vincentiis, Battaglie di Memoria..., Roma 2002, ad ind.; Repertorium fontium historiae Medii Aevi, XI, 1-2, Romae 2006, p. 205; C. Dionisotti, J. T. fra umanisti e rimatori, in Scritti di storia della letteratura italiana, II, Roma 2009, pp. 39-72 (già in Italia medioevale e umanistica, VI (1963), pp. 136-173); B. Casale, Amalfi alla fine del Quattrocento. La città, i cittadini, i forestieri, tesi di dottorato, Napoli 2015, pp. 116, 178, 180, 184, 196; G. De Blasi, Il nepotismo pontificio nei decenni centrali del XV secolo, tesi di dottorato, Verona 2015, pp. 110-112, 282 s., 286 s.