FOSCHI, Jacopo
Figlio di Domenico di Papi, nacque molto probabilmente a Firenze, nel 1463. Le notizie ricavabili dagli scarsi documenti ne confermano l'immatricolazione nel 1517 all'arte dei medici e degli speziali (Sanminiatelli, 1957).
Il Milanesi, attraverso le sue ricerche archivistiche confluite nelle annotazioni al Vasari, ha consentito di mettere a fuoco un po' meglio la personalità artistica di questo pittore, uno dei numerosi "nomi senza quadri" certi della Firenze a cavallo tra i due secoli. Attivo nella bottega di Sandro Botticelli già dal 1480, non compare in forma autonoma nelle Vite del Vasari, che lo cita comunque in diverse occasioni, chiamandolo "Iacopo di Sandro" pittore. Una prima volta lo ricorda quando, nel 1508, fu chiamato da Michelangelo a Roma, all'inizio dei lavori nella cappella Sistina, e lo annovera tra gli artisti lì convenuti per fornire consigli sulla tecnica della pittura a fresco; oltre al F. erano presenti F. Granacci, G. Bugiardini, Iacopo di Lazzaro Torni detto l'Indaco Vecchio e Bastiano da Sangallo detto Aristotile. Tuttavia Michelangelo, insoddisfatto della loro opera, dovette rimandarli ben presto in patria. Il F. lasciò Roma nel gennaio 1509, come scrisse Michelangelo al padre, dicendo che egli "à mille torti e are'mi grandemente a doler di lui" (Carteggio, I, pp. 88 s.).
Nel 1515 "Iacopo di Sandro", ancora a detta del Vasari, dipingeva con Baccio da Montelupo un arco istoriato alla porta S. Pier Gattolini, per l'ingresso del papa Leone X a Firenze. Poiché è nota la consuetudine del Vasari di citare gli artisti con il nome o soprannome con il quale venivano identificati più comunemente, la critica contemporanea (Sanminiatelli, 1957) ha individuato nella persona di "Iacopo di Sandro", figlio di Domenico, proprio il padre del più noto Pier Francesco: il F. avrebbe acquisito, secondo una pratica assai diffusa a quel tempo, il nome del maestro presso cui stava a bottega, ossia Sandro Botticelli. Non sembra degna di credito l'ipotesi di Milanesi di identificare il F. con Iacopo del Tedesco, allievo del Ghirlandaio, anch'egli citato alcune volte dal Vasari.
Zeri ha individuato un gruppo di dipinti cronologicamente collocabili tra il 1515-20, attribuiti ad artisti diversi ma probabilmente riferibili a un'unica mano, quella del Foschi. Una delle opere è un tondo della collezione Thyssen di Lugano, Madonna con Bambino e angeli, attribuito dubitativamente a Piero di Cosimo; l'opera è stata di certo concepita guardando alla produzione di questo artista, anche se in modo molto superficiale e con linguaggio piuttosto arcaico, tardoquattrocentesco, che echeggia la Madonna della melagrana degli Uffizi del Botticelli datata 1487. Alla tela di Lugano se ne possono avvicinare altre, tra cui un tondo con Madonna con Bambino e s. Giovannino, conservato presso la galleria Leger di Londra, molto vicino alla precedente opera per un gusto arcaistico, unito a un certo chiaroscuro e a un classicismo vicino allo stile di Ridolfo del Ghirlandaio. La peculiarità di tali testimonianze sembra quella di essere assai prossime alla giovanile produzione del figlio del F., Pier Francesco, e ciò potrebbe dare consistenza all'ipotesi che si tratti proprio di opere da ricondurre all'interno di una eventuale produzione del Foschi.
Possibilità di ulteriori identificazioni potrebbero venire da opere uscite dalla bottega del Botticelli, ma anche da qualche affresco, dal momento che se l'artista fu chiamato da Michelangelo a Roma evidentemente doveva avere competenze specifiche in questo ambito.
Il F. morì a Firenze l'8 maggio 1530.
Fonti e Bibl.:Il Carteggio di Michelangelo…, a cura di P. Barocchi - R. Ristori, I, Firenze 1965, pp. 64, 85 s. (Lodovico Buonarroti qualifica il F. dei "piagnioni" e "uno appostolo"), 88, 375-378; G. Vasari, Le vite… [1568], a cura di G. Milanesi, V, Firenze 1880, p. 24; VII, ibid. 1881, p. 175; IX, ibid. 1882, p. 258; D. Sanminiatelli, F. e non Toschi, in Paragone, VIII (1957), 91, pp. 55-57; F. Zeri, Eccentrici fiorentini. Il Maestro Allegro e una probabilità per I. di Domenico Foschi, in Bollettino d'arte, s. 4, XLVII (1962), pp. 314-316.