TASSO, Jacopo
– Nacque il 23 ottobre 1808 a Longarone, nel Bellunese, da Torquato e da Francesca Arsiè.
La famiglia paterna, che possedeva terreni, sembra fosse tra le più in vista di Longarone; in quella materna c’erano avvocati e notai. Dopo la morte della madre in giovane età nel 1817, fu la primogenita Angelina, sorella di Jacopo, a crescere i fratelli: Torquato Carlo divenne sacerdote e Giacinto medico. Quando quest’ultimo morì, nel 1843, Angelina, che aveva rinunciato al matrimonio, crebbe anche i suoi figli.
Jacopo compì gli studi ginnasiali nel seminario di Ceneda, per poi iscriversi alla facoltà di giurisprudenza a Padova; dopo la laurea, conseguita nel 1832, si trasferì a Belluno, dove aprì uno studio legale.
Nel 1833 sposò Francesca Butta Calice, di due anni più giovane, la cui famiglia, imparentata con la nobiltà locale, era tra le più ricche di Belluno. Dopo aver abitato per più di dieci anni nella piazza accanto al duomo (Jacopo faceva parte della fabbriceria), nel 1845 la coppia comperò una casa nell’attigua contrada della Motta e vi si trasferì. Jacopo e Francesca ebbero otto figli: ne sopravvissero cinque, quattro femmine e un maschio.
Quando giunsero a Belluno le prime notizie della rivoluzione del 1848, Tasso, che aveva fama di essere repubblicano già dal periodo universitario, fu «il primo promotore del nostro movimento» (A. Maresio Bazolle, Storia del Comitato provvisorio dipartimentale di Belluno, in Larese - Vendramini - Zavarise, 2000, p. 163). Il 19 marzo 1848, assieme ad altri cittadini, chiese al vescovo monsignor Antonio Gava d’intonare il Te Deum nel duomo per festeggiare le misure costituzionali annunciate dall’imperatore Ferdinando I; il 25 marzo, quando si costituì il Comitato provvisorio dipartimentale, ne divenne il segretario. Come tutti gli altri membri del Comitato, a eccezione di Antonio Maresio Bazolle, fu favorevole alla fusione con il regno di Carlo Alberto.
Alla notizia del ritorno delle truppe austriache, Tasso e il nobile Angelo Doglioni, presidente del Comitato, organizzarono una schiera di «quattrocento tra militi e volontarii e poca gente del contado» (A. Doglioni, Belluno e Feltre, in Raccolta per ordine cronologico di tutti gli Atti, Decreti, Nomine ecc. del Governo Provvisorio della Repubblica Veneta non che Scritti, Avvisi, Desiderj ecc. di Cittadini privati che si riferiscono all’epoca presente, II, Venezia 1848, pp. 265 s.), che la notte tra il 3 e il 4 maggio si portarono a Castion, appena a sud della città, al suono delle campane a stormo. All’improvviso giunse voce che un distaccamento di croati stava accorrendo dalla strada di Mel, prendendo i volontari alle spalle. Perdute le speranze nell’arrivo dei soccorsi richiesti ai generali Giovanni Durando e Alfonso Ferrero della Marmora, il Comitato si sciolse la sera stessa del 4 maggio. Quella notte Tasso lasciò Belluno assieme a molti volontari e ad altri membri del Comitato. Giunto a Cornuda, si unì ai volontari in ritirata dopo essere stati sconfitti in uno scontro con l’esercito austriaco, e si rifugiò a Venezia, dove fu ospite del nobile Doglioni, che vi teneva una casa in affitto (prima della rivoluzione vi soggiornava spesso perché era deputato per Belluno nella Congregazione centrale).
Nell’agosto del 1848, dopo la sconfitta di Custoza e la riconquista austriaca delle province venete, Tasso tornò a Belluno, dove ritrovò la moglie e i cinque figli. Il nuovo delegato, il barone Karl Ludwig von Humbracht, era ben inserito a Belluno e a Treviso, dove aveva vissuto (tra l’altro, suo genero Angelo Barea Toscan aveva fatto parte del governo provvisorio di Treviso). Quando Tasso domandò di poter accedere alle carte del Comitato, Humbracht acconsentì perché lui e l’ex presidente Doglioni potessero dimostrare come avevano speso il denaro che si erano fatti consegnare dalla cassa provinciale dell’Imperial regia finanza al momento di assumere i poteri. Doglioni e Tasso riebbero le carte, pagarono i debiti del Comitato e presentarono i conti. Il passaggio di documentazione sanciva il fatto che gli ex membri del Comitato non avrebbero subito conseguenze se si fossero sottomessi fedelmente alle autorità.
Nel novembre del 1848 Tasso fondò un comitato segreto per raccogliere denaro e soldati da inviare a Venezia, che continuava a resistere. Tra i suoi collaboratori più stretti c’era Giuseppe Miari, detto Mieret, scrittore nel suo ufficio legale. Dopo due mesi la trama venne scoperta. La notizia dell’imminente arresto di Tasso si seppe con qualche ora di anticipo: lo rivelò lo stesso capo della polizia a pranzo dal nobile Bartolomeo Cappellari della Colomba, nipote di papa Gregorio XVI e notoriamente fedele alla casa d’Austria, alla presenza di don Giacomo Smali; quest’ultimo lo riferì quel pomeriggio ai fabbricieri del duomo, fra i quali Tasso, riuniti per un loro incontro. Benché consigliato da tutti di lasciare subito Belluno, Tasso non lo fece, e fu arrestato quella stessa notte, tra il 9 e il 10 gennaio 1849. Assieme a lui furono incarcerati Piero Pante di Mel, Domenico Fornezzi, zattiere di Belluno, e Angelico Signorini, pescivendolo di Portogruaro.
La loro provenienza suggerisce che i volontari bellunesi seguivano uno degli itinerari che si percorrevano comunemente per raggiungere Venezia, evitando però le postazioni austriache che avevano iniziato l’assedio attorno a Forte Marghera: scendere cioè il Piave, e poi in barca per la laguna nord.
Durante il processo, che si tenne a San Donà, il 19 gennaio 1849 Tasso riuscì a scrivere alla moglie Checchina un biglietto in cui raccomandava «coraggio, coraggio a tutti», e terminava con «Viva l’Italia!» (Miari, [1898], p. 4). Al termine del processo, fu condotto a Treviso in attesa della sentenza. Le autorità comunali e il vescovo di Belluno, oltre a notabili come il dottor Pietro Pagello amico di famiglia, intervennero presso il generale Johann Susan per intercedere in suo favore; lo stesso fece monsignor Sebastiano Soldati, vescovo di Treviso. Sembrava che per il 19 marzo, festa di s. Giuseppe e giorno onomastico dell’imperatore, potesse giungere la grazia: Tasso scrisse a casa di sperarlo. Ma il 10 aprile 1849 il comando militare della città rese nota la sentenza che lo condannava «per delitto di arruolamento al servizio straniero, alla pena capitale con la forca, commutata in via di grazia in quella di fucilazione» (Larese - Vendramini - Zavarise, 2000, inserto fotografico che riproduce la sentenza); gli altri tre imputati furono condannati ai lavori forzati, Pante a dieci anni, Fornezzi e Signorini a cinque.
Tasso fu giustiziato il 10 aprile 1849 sulle rive del Sile, fuori del Portello di Treviso.
La sentenza fu resa pubblica a fucilazione avvenuta. Il suo corpo fu sepolto nel luogo stesso dell’esecuzione (dopo l’Unità Barriera Garibaldi). Alla morte Tasso lasciò molti debiti, per lavori non pagati o prestiti non restituiti: secondo Maresio Bazolle, era giunto a vendere a due persone diverse dei beni a Santa Croce, e a falsificare la firma della sorella a garanzia di una cambiale (Biblioteca civica di Belluno, A. Maresio Bazolle, Annali di Belluno, 17 giugno 1873). Dopo la sua morte i suoi beni vennero venduti, e la casa messa all’asta (ibid., 22 luglio 1867). La vedova si trasferì con i figli a Longarone presso la cognata Angelina. Nel 1859 il figlio Antonio Bernardo, ventunenne, si recò in Piemonte per unirsi all’esercito e prendere parte alla guerra antiaustriaca (avrebbe partecipato anche alla campagna del 1866): suo padre Jacopo, dettando il suo testamento la mattina della fucilazione, aveva lasciato proprio a lui l’orologio con il quale aveva contato le sue «ultime ore» (Miari, [1898], p. 3), quasi in una sorta di investitura.
Nel giugno del 1867, a distanza di pochi mesi dall’annessione delle province venete al Regno d’Italia, il Comune di Belluno corrispose alla vedova e alla sua famiglia un sussidio annuale. Nel frattempo il Comune di Treviso predispose l’esumazione delle ossa di Tasso, che furono trovate dopo nove giorni di ricerche. L’urna con «le reliquie» (così la giunta municipale di Treviso il 7 luglio 1867, in Fontebasso, 1874, p. 129) fu affidata alle autorità comunali bellunesi che la trasportarono in forma solenne fino al duomo di Belluno, dove, alla presenza delle rappresentanze comunali delle città vicine, venne collocata in un «grandioso catafalco»; «grandissima quantità» di gente seguì il trasporto dell’urna nel cimitero cittadino (A. Maresio Bazolle, Annali di Belluno, 22 luglio 1867).
Fonti e Bibl.: Due lettere di Tasso alla moglie dalla prigione (San Donà 19 gennaio 1849, Treviso 22 marzo 1849) sono state pubblicate da G. Miari in J. T., in Per lo Statuto anche Belluno, 4 Marzo 1848 - 4 marzo 1898, numero unico, s.l., s.d. [Belluno 1898], pp. 3 s., con premessa una nota biografica a p. 3; testimonianze su Tasso nei ricordi manoscritti di A. Maresio Bazolle, Annali di Belluno, II, (1862-1873), 22 luglio 1867, 8 settembre 1868, 17 e 22 giugno 1873, conservati presso la Biblioteca civica di Belluno, dove si trovano pure gli Scritti politici 1848 dello stesso Bazzole (mss. 1103); di questa raccolta di Scritti politici fa parte la Storia del Comitato provvisorio dipartimentale di Belluno, ossia Narrazione dei fatti riguardanti Belluno nella Rivoluzione del marzo 1848, pubblicata in J. T. e i moti del 1848 a Belluno, a cura di G. Larese - F. Vendramini - M.L. Zavarise, Sommacampagna 2000, pp. 129-280; un acquerello di Galeazzo Monti del 1853, pubblicato nell’inserto fotografico di quest’ultimo volume, ritrae Tasso con un mantello e un cappello con la fibbia davanti, come si usava nei mesi che precedettero la rivoluzione del 1848, in particolare durante il boicottaggio del fumo. Notizie su Angelina (1806-1872), sorella di Jacopo, in L. Goretti Veruda, Angelina Tasso. Memorie degli anni 1848-49, in Ateneo Veneto. Revista mensile di scienze, lettere arti, XI (1891), 2, pp. 30-43. Sulle circostanze che portarono all’arresto di Tasso (il sequestro di una sua lettera diretta a Carlo Alberto Radaelli): C.A. Radaelli, Storia dello assedio di Venezia negli anni 1848 e 1849, Napoli 1865, pp. 298 s. I discorsi tenuti a Treviso durante la cerimonia di consegna dell’urna con i resti di Jacopo Tasso alla deputazione di Belluno sono pubblicati, insieme all’iscrizione, in I primi anni dell’indipendenza. Documenti municipali, raccolti e pubblicati da E. Fontebasso, Treviso 1874, pp. 129-141. Per una biografia di Tasso: G. Larese, ‘La mia parte è fare’. Profilo biografico di J. T., patriota longaronese, in J. T. e i moti del 1848 a Belluno, cit., pp. 9-71; sulla memoria di Tasso: F. Vendramini, J. T. nelle vicende del patriottismo bellunese, ibid., pp. 73-124.