ZANE, Jacopo
Nacque a Venezia il 20 dicembre 1529 da Francesco e Maria Gradenigo.
La sua educazione fu affidata a fra Benedetto, minore conventuale. Dopo aver ricevuto i primi rudimenti di grammatica, di lettere latine e di logica, si dedicò all’apprendimento della lingua e della letteratura greche e successivamente della filosofia aristotelica, della teologia e delle opere di Platone. Si interessò anche di cosmografia e di astrologia, ma sua costante passione fu lo studio della storia e della poesia italiana. Proseguì il suo apprendistato letterario frequentando per qualche tempo il gruppo che si riuniva attorno a Trifon Gabriele (prima che costui morisse nell’ottobre 1549), presso il quale si legò di profonda amicizia con alcuni dei giovani talenti della Serenissima, come Jacopo Mocenigo. Probabilmente grazie a queste frequentazioni riuscì a essere attratto nell’orbita del circolo letterario di Domenico Venier, il più importante fulcro della cultura lagunare negli anni Cinquanta del Cinquecento.
Le prime rime composte dal giovane Zane apparvero a stampa in due antologie, contenenti entrambe dei testi di Venier e di molti altri letterati che frequentavano il suo salotto: tre liriche furono incluse nella raccolta Rime di diversi, curata da Ludovico Dolce (Venezia 1552; le rime di Zane non sarebbero, però, più comparse – probabilmente per la scorrettezza con cui erano state stampate – nell’edizione dell’antologia che uscì nello stesso anno, con lettera dedicatoria datata maggio 1552, come Libro quinto), mentre altre otto composizioni furono pubblicate nel Libro sesto, curato da Girolamo Ruscelli (Venezia 1553). Pur non essendo presente alcun testo di Zane nel Libro terzo (Venezia 1550), vero e proprio ritratto poetico del cenacolo di Ca’ Venier, per l’assenza tra le liriche del giovane di materiali ritenuti adatti allo scopo o forse per un suo coinvolgimento con il gruppo venieriano sbocciato da troppo poco tempo all’altezza cronologica in cui l’impianto del Libro terzo fu orchestrato, i primi testi composti da Zane videro comunque la luce in raccolte poetiche prestigiose sotto un velato e implicito patrocinio di Venier, grazie alla presenza di alcuni suoi corpora lirici accanto a quello di Zane. Si potrebbe ascrivere come testimonianza della prossimità del giovane al circolo di Venier anche la canzone Surgea nel mezzo de’ tuoi prati Amore, che egli compose in morte di Elena Artusi (amata e cantata già da Venier), la donna che forse ispirò il primo, infelice e presto troncato amore di Zane, cui egli dedicò parte delle sue rime. Secondo la cronologia amorosa che si può dedurre dal suo canzoniere, dopo il primo sfortunato affetto Zane ne ebbe un secondo, intenso, acceso da una donna che cantò sotto il senhal di Nave (probabilmente appartenente alla famiglia patrizia veneziana dei Navagero).
Attorno ai venticinque anni ebbe inizio il suo cursus honorum. Il 23 marzo 1555 venne eletto savio agli Ordini, magistratura che si occupava dei territori marittimi della Serenissima. Com’era consuetudine, rimase in carica per sei mesi, fino all’agosto 1555. Alla fine dell’estate di quello stesso anno – precisamente il 30 settembre – fu nominato Consigliere alla Canea, porto cretese ubicato sulla costa settentrionale dell’isola greca (al tempo parte del dominio veneziano), dove rimase per quasi tre anni. A Creta svolse vari incarichi amministrativi presso le autorità del porto della città cui era stato assegnato, si dedicò inoltre all’organizzazione e all’addestramento di una milizia urbana nel momento in cui si temette un’invasione turca dell’isola, nonché lavorò alla gestione dell’area durante l’epidemia di peste scoppiata durante il suo mandato.
È sicuramente possibile che il lungo periodo cretese non sia stato altro che una tappa della carriera di Zane all’interno dell’amministrazione veneziana, come il suo status di patrizio richiedeva. Ma il sonetto 172 del poeta e un passo di una delle lettere che Pietro Gradenigo gli inviò durante il suo soggiorno alla Canea potrebbero far pensare che la sua partenza sia stata (almeno parzialmente) un allontanamento strategico più che la «spensierata avventura prefigurata dal Ruscelli», più tardi biografo del letterato (Rabitti, 1997, p. 18). Non sarebbe del tutto inconcepibile che alcune frequentazioni non ortodosse da parte della madre di Zane (dedicataria insieme a Maria Malipiero dello Specchio interiore di fra Battista da Crema, le cui opere – pur venendo accolte con approvazione al tempo della loro prima pubblicazione negli anni Trenta – furono condannate nel 1552, quindi in anni molti vicini a quelli dell’ingresso del giovane nella vita pubblica) e, forse, una troppo accentuata passione di Zane per l'astrologia – passione cui accennò Ruscelli nella sua Vita del poeta – possano aver fatto credere che un prolungato periodo di assenza di Zane da Venezia avrebbe potuto giovare alla sua reputazione.
Tornato in patria nell’ottobre 1558 dopo trentadue mesi di lontananza, ricominciò a partecipare attivamente alla vita culturale della città, entrando a far parte della neonata Accademia veneziana della Fama, sorta nel novembre 1557 sotto il patrocinio di Federico Badoer e riunente un’ampia parte del gruppo di Ca’ Venier (con cui Zane era rimasto in contatto durante gli anni trascorsi oltremare, come testimoniano gli scambi di saluti che intercorsero tra il giovane, Venier e Girolamo Molin per il tramite delle lettere spedite a Creta da Gradenigo). Come membro dell’Accademia Zane venne nominato «Logico nella stanza dei Filosofi» (Rabitti, 1990, p. 25). Proseguì poi il suo iter nei ranghi dell’amministrazione veneziana e il 17 dicembre 1559 fu eletto membro della Quarantia Civile Nova, la magistratura composta da quaranta giudici che si occupavano delle cause civili provenienti dai Domini di Terraferma.
Morì meno di un anno dopo l’entrata in carica, a soli trentun anni d’età, il 6 novembre 1560 nella parrocchia di S. Croce.
Dopo la sua prematura scomparsa, per volontà del fratello minore, Nicolò, e sotto gli auspici di Domenico Venier, i componimenti del giovane (in parte da lui già organizzati in una raccolta ordinata) furono affidati alle cure di Dionigi Atanagi (sodale del circolo Venier e già curatore dell’antologia in morte di Irene di Spilimbergo [Venezia 1561], in cui erano apparse molte liriche di Zane in lode della giovane) e vennero stampati a Venezia dai fratelli Guerra nel 1562. Per probabile iniziativa congiunta di Venier e di Atanagi, fu scelto di presentare l’opera del poeta – che conta in totale 236 rime – come quella di un moderno classico: venne così inclusa nella stampa una sezione separata di frammenti e di rime rifiutate (onore fino a quel momento tributato, tra i moderni, solo a Petrarca e a Bembo) e si decise di aggiungere ad alcune copie del canzoniere il paratesto che più di ogni altro caratterizzava le edizioni dei classici, la vita del poeta (commissionata per l’occasione a Girolamo Ruscelli).
Ruscelli attribuì a Zane oltre alle rime un corpus cospicuo di altre opere: egli sostenne che il poeta scrisse una composizione in ottave sull’arte di amare a imitazione di Ovidio, una tragedia (il Meleagro), il canovaccio di un poema epico sul passaggio di Serse in Grecia, delle dissertazioni filosofiche e alcuni studi di astrologia. Nessuna di queste opere è stata finora ritrovata.
Il canzoniere di Zane apparve a stampa postumo: Rime di M. Giacomo Zane, Venezia, D. e G.B. Guerra, 1562. Ne esiste un’edizione moderna: Rime, a cura di G. Rabitti, Padova 1997. In alcuni esemplari dell’edizione delle Rime del 1562 è presente la vita del poeta scritta da Girolamo Ruscelli, che si può leggere in G. Rabitti, La vita di Giacomo Zane scritta dal Ruscelli. Prolegomeni per una monografia, in Quaderni veneti, XI (1990), pp. 7-45, alle pp. 33-45.
Fonti e bibliografia
Arch. di Stato di Venezia, Segretario alle Voci, Registro dei Pregadi (1554-59), c. 16v; Registro del Maggior Consiglio, III, c. 166v; Misti (R 12ex 15), c. 36a.
G. Degli Agostini, Notizie istorico-critiche intorno la vita, e le opere degli scrittori viniziani…, II, Venezia 1754, pp. 582-588; E.A. Cicogna, Delle inscrizioni veneziane, I, Venezia 1824, p. 50; II, ibid. 1827, p. 36; III, ibid. 1830, pp. 52, 210; Rime scelte di due amici Jacopo Mocenigo e Jacopo Zane gentiluomini viniziani del secolo XVI, a cura di B. Gamba con prefazione di D. Renier, Venezia 1840; A. Zilioli, Vite di gentiluomini veneziani del secolo XVI tratte dalle Vite dei poeti italiani, Venezia 1848, p. 16; C. Dionisotti, La guerra d’Oriente nella letteratura veneziana del Cinquecento, in Id., Geografia e storia della letteratura italiana, Torino 1967, pp. 201-226, in partic. pp. 218 s.; E. Taddeo, Giacomo Zane fra astrattezza e realtà, in Id., Il manierismo letterario e i lirici veneziani del tardo Cinquecento, Roma 1974, pp. 99-117; G. Rabitti, Quattro lettere di Pietro Gradenigo a Giacomo Zane, in Studi Italiani, I (1989), pp. 131-148; Ead., Un caso di edizione postuma: le Rime di Giacomo Zane, in Il libro di poesia dal copista al tipografo, a cura di M. Santagata - A. Quondam, Modena 1989, pp. 231-238; Ead., La vita di Giacomo Zane scritta dal Ruscelli. Prolegomeni per una monografia, in Quaderni veneti, XI (1990), pp. 7-45; Ead., Introduzione a G. Zane, Rime, a cura di G. Rabitti, Padova 1997, pp. 9-56; M. Frapolli, Un micro-canzoniere di Domenico Venier in antologia, in Quaderni veneti, XXXIII (2001), pp. 29-68 (p. 67); M. Bianco, Il canzoniere postumo come vita filosofica. Modelli pitagorici nella Venezia del Cinquecento, in Il poeta e il suo pubblico. Letture e commento dei testi lirici nel Cinquecento, a cura di M. Danzi - R. Leporatti, Ginevra 2012, pp. 207-43; V. Guarna, L’Accademia Veneziana della Fama (1557-1561). Storia, cultura e editoria, Manziana 2018.