ZUCCHI, Jacopo
– Nacque all’inizio degli anni Quaranta del Cinquecento, presumibilmente tra il 1541 e il 1543, nel territorio del ducato fiorentino da maestro Piero di Francesco di Donnino del Zucca, che risulta documentato dal 1551 al 1571 con il ruolo di deputato alla manutenzione delle strade e alla regimentazione dei fiumi per conto dei Capitani di Parte Guelfa (Cecchi, in Villa Medici, 1999, p. 111 nota 4), mentre rimane sconosciuta l’identità della madre. La data di nascita di Jacopo, il cui nome non compare nei registri battesimali dell’Opera del duomo di Firenze e che dovette quindi venire alla luce al di fuori delle mura cittadine, si desume dal sintetico profilo che Giorgio Vasari inserì nell’edizione giuntina delle Vite, nel medaglione dedicato agli Accademici del disegno, definendolo «suo creato» di circa ventisei anni e ricordando la sua collaborazione alla decorazione del soffitto del salone dei Cinquecento in Palazzo Vecchio, agli apparati effimeri per le esequie di Michelangelo nel 1564 e a quelli per le nozze di Francesco de’ Medici con Giovanna d’Austria l’anno seguente (1568, 1987).
L’esordio del giovane Jacopo nel grande cantiere vasariano dei quartieri di Palazzo Vecchio è attestato da una serie di pagamenti che gli furono saltuariamente corrisposti tra il maggio 1557 e il febbraio 1561 per lavori di minore entità, quali dorature e stesura delle preparazioni (Pillsbury, 1976, p. 145 nota 72; Cecchi, in Villa Medici, 1999, p. 111 nota 5); dal luglio 1563 al settembre 1565 egli fu impegnato stabilmente e con un significativo incremento retributivo sui ponteggi della sala grande, al fianco dell’affermato Giovanni Stradano, di Giovanni Battista Naldini e delle maestranze coinvolte nell’esecuzione degli scomparti del soffitto ligneo (Pillsbury, 1976): a Jacopo vengono riferiti i pannelli con le Allegorie di Pistoia, di Prato e di Certaldo, e il suo ritratto figura nel gruppo di artisti effigiati in basso a destra nel Trionfo dopo la presa di Siena (Allegri - Cecchi, 1980, pp. 235 s.); una tavola con l’Allegoria della Fortuna passata sul mercato antiquario tedesco gli è stata restituita per analogia con le pitture sopra menzionate (Giovannetti, 1994). In quel triennio Jacopo riuscì a conquistare una posizione di rilievo nell’affollata bottega vasariana, come dimostra il suo ingresso nella neoistituita Accademia delle arti del disegno, avvenuto nel 1563 e fortemente avversato dagli artefici più anziani che erano rimasti esclusi (Cavallucci, 1873); e prese inoltre parte, sotto la direzione del medesimo Vasari e dell’erudito Vincenzio Borghini, alle due imprese artistiche di maggior impegno della metà degli anni Sessanta, ovvero alle esequie di Michelangelo con il perduto dipinto raffigurante la Storia della vigna del Papa (Cecchi, in Villa Medici, 1999, p. 112 nota 11) e all’apparato allestito in Palazzo Vecchio per le auguste nozze del 1565, in occasione delle quali eseguì due tele a monocromo (anch’esse disperse, ma vi è stato ricollegato il disegno autografo del Louvre che illustra la Riconsegna delle chiavi del porto di Livorno da parte delle truppe francesi; Pillsbury, 1974a, pp. 6 s.).
Dal 1566 Jacopo divenne uno dei collaboratori di fiducia di Vasari, lo seguì nelle trasferte tra Firenze, Arezzo, Perugia e Roma effettuate tra la primavera e l’agosto di quell’anno e tra il febbraio e l’aprile del 1567 (Frey, 1930, pp. 224-230 nn. DXXVI-DXXVIII), e lo assistette nella conduzione di dipinti sacri di dimensioni monumentali e dalle erudite iconografie che erano destinati ad alcune prestigiose sedi, quali l’Adorazione dei Magi terminata nel febbraio 1567 per la chiesa di S. Croce a Boscomarengo presso Alessandria, borgo natale del committente papa Pio V Ghislieri, l’Incoronazione della Vergine per la Pieve di Arezzo, la Crocifissione secondo s. Anselmo commissionata dal fiorentino Alessandro Strozzi, vescovo di Volterra, per l’altare di famiglia in S. Maria Novella e ivi collocata nel luglio 1567, la coeva Resurrezione per il medico Andrea Pasquali nella medesima basilica domenicana, l’Assunzione della Vergine per la badia fiorentina e la Pentecoste per l’altare del depositario Agnolo Biffoli in S. Croce a Firenze, quest’ultime consegnate nel 1568 (i dipinti sono minuziosamente elencati nelle lettere vasariane: ibid., pp. 879 s.). Sulla scorta di quanto asserito dallo stesso Vasari, a Jacopo spetterebbe gran parte dell’esecuzione della Madonna del Rosario in S. Maria Novella (p. 879), compiuta alla fine del 1569 per il terzo altare della navata sinistra e dal 1906 nella cappella Bardi, mentre contributi da parte della critica gli attribuiscono la tavoletta con la Visione del conte Ugo di Toscana della Galleria Palatina di Palazzo Pitti, scomparto della smembrata predella della tavola di Badia (Pillsbury, 1974a, pp. 7, 25 nota 24), lo stendardo di S. Rocco del Museo d’arte medievale e moderna di Arezzo, e gran parte dell’esecuzione dell’affresco con S. Luca che dipinge la Vergine nella cappella dei Pittori alla SS. Annunziata di Firenze (Cecchi, in Villa Medici, 1999, pp. 108, 110), oltre alla personificazione della Praelatio in basso a sinistra nella Crocifissione secondo s. Anselmo, che si trova attualmente nella sagrestia della basilica domenicana (Bisceglia, 2017, pp. 80 s.).
L’assidua collaborazione con il maestro procedette anche sul versante delle commissioni di stato per il sovrano Cosimo I de’ Medici, promotore, insieme ai lavori citati in Palazzo Vecchio, dell’affrescatura delle pareti nel salone dei Cinquecento, che vennero adornate tra il 1567 e il 1571 con gli episodi delle guerre fiorentine contro Pisa (1496-1509) e Siena (1553-55), impresa in cui Vasari si avvalse prevalentemente di Naldini e Zucchi, al quale affidò la traduzione dei cartoni e gran parte della pittura delle scene con la Presa della fortezza di Stampace e con la Battaglia di Marciano (terminate rispettivamente nel 1568 e nel 1571: Allegri - Cecchi, 1980, pp. 256 s.). Tra il settembre e il novembre del 1570 Jacopo affrescò, insieme a Francesco Morandini detto il Poppi, i riquadri con gli Elementi, le Complessioni e i Temperamenti nella volta del piccolo ambiente di palazzo adibito dal principe Francesco a guardaroba di naturalia e mirabilia, il celebre Studiolo, e realizzò La miniera, uno dei dipinti destinati a illustrare sulle pareti del vano il sofisticato programma iconografico ideato da Borghini (ibid., pp. 323 s.; più recentemente è stata ricondotta alla cerchia vasariana la coeva Betsabea al bagno della Galleria nazionale di Palazzo Barberini, tradizionalmente riferita al solo Zucchi: C. Strinati, in Villa Medici, 1999).
Il 15 novembre Jacopo partì insieme a Vasari e al giovane sodale Alessandro Fei alla volta di Roma, dove rimase fino al luglio dell’anno successivo per assistere il maestro in Vaticano nell’esecuzione su incarico di Pio V, artefice nel 1569 dell’investitura di Cosimo de’ Medici a granduca di Toscana, degli affreschi nelle cappelle di S. Stefano, di S. Pietro Martire e di S. Michele situate entro la torre contigua all’appartamento Borgia, così come nella decorazione della Sala Regia in Vaticano (Härb, 1998; Conforti, 2012,). Rientrato a Firenze nell’estate del 1571, Jacopo dipinse le Storie dei pittori antichi nella Sala grande di Casa Vasari in Borgo S. Croce (Cecchi, 2014), e nel dicembre eseguì per il cardinale Ferdinando de’ Medici la Battaglia di Lepanto e la Favola di Prometeo e altri due dipinti a oggi non rintracciati, ma che nel 1588 si trovavano a villa Medici al Pincio (Cecchi, in Villa Medici, 1999, p. 113 nota 45); nel marzo 1572, dopo la definita frattura con Vasari in occasione del completamento della Sala Regia vaticana, Zucchi si stabilì ufficialmente a Roma al servizio di Ferdinando.
Il cardinale gli affidò la decorazione della propria residenza cittadina, palazzo Firenze in Campo Marzio, che dal 1561 faceva parte delle proprietà medicee e nel 1572 era stato ampliato secondo il progetto di Bartolomeo Ammannati: alla fase iniziale dell’intervento zucchesco risalgono le tele di ambientazione notturna con Diana, la Notte, Mercurio, Pan, Endimione, accompagnate da Prudenza, Fedeltà, Vigilanza, Silenzio, per le quali il pittore attinse dal trattato mitografico di Vincenzo Cartari e che originariamente ornavano il soffitto di uno dei vani al piano nobile (nel 1588 Ferdinando le fece collocare agli Uffizi nella volta della Sala delle carte geografiche: Aurigemma, 2007a, pp. 183-188). Nel 1574-75 Jacopo realizzò gli affreschi nella Sala degli Elementi, contraddistinti da una ridondanza decorativa e da un sovraccarico semantico che sarebbero divenuti ricorrenti nei suoi cicli profani (nel riquadro centrale figurano Demogorgon che squarcia il ventre di Caos, l’Eternità e la Terra a illustrare l’origine mitica del cosmo secondo un passo della Genealogia degli Dei di Giovanni Boccaccio; ibid., pp. 210 s.), e le pitture nella Sala delle Stagioni; queste ultime, compromesse da antichi e moderni restauri, sono state in parte attribuite al pittore reggiano Raffaellino Motta (Sricchia Santoro, 1992), ma verosimilmente furono anch’esse dipinte da Zucchi con l’aiuto del fratello minore Francesco (Aurigemma, 2007a, pp. 223 s.; sul rapporto di collaborazione tra i due: Strinati, 1991). Da una lettera autografa inviata a Ferdinando nel novembre 1575 si apprende che la famiglia di Jacopo constava allora di quattro persone e che egli aveva venduto le sue proprietà a Firenze per mantenersi a Roma al servizio del suo mecenate (Saxl, 1927, pp. 118 s.).
Al 1575 risale l’esecuzione della grande tavola raffigurante la Messa di s. Gregorio, ricordata dal biografo Giovanni Baglione (1642, p. 45) e destinata dal cardinale de’ Medici all’oratorio della SS. Trinità dei Pellegrini; in quello stesso anno Ferdinando decise di investire parte delle risorse di cui era venuto in possesso alla morte del padre Cosimo I e acquistò dal cardinale Giovanni Ricci la villa sul Pincio, dando inizio a un grande cantiere che vide reiteratamente impegnato Zucchi: tra il 1576 e il 1577 egli decorò uno dei padiglioni addossati alle mura aureliane, realizzando le grottesche nel cosiddetto Stanzino di Aurora e la pergola illusiva, enciclopedicamente popolata da piante e uccelli sulla scorta dei modelli della scuola di Raffaello, nella stanza contigua (Morel, 1991, in partic. pp. 45-88). Al mecenatismo di Ferdinando sono riconducibili i coevi dipinti su rame di piccolo formato con le Tre età oggi agli Uffizi e la Morte di Adone di Casa Vasari ad Arezzo, insieme a composizioni più tarde quali la Pesca del corallo (quattro versioni databili al 1585), l’Allegoria della creazione della Galleria Borghese e la Fuga in Egitto degli Uffizi. Con le effigi delle dame romane (quella maggiormente rifinita ritrae la presunta amante del cardinale, Clelia Farnese), tali rami costituiscono il nucleo più affascinante della produzione di Zucchi, in cui la resa lenticolare dei particolari naturalistici di ascendenza fiamminga si coniuga con l’originale interpretazione di temi iconografici talvolta molto complessi (si vedano il fondamentale studio di Pillsbury, 1980; e, sulla ritrattistica: Vannugli, 1994, e 2014; Falciani, 2015; Cecchi, 2016).
Allo scadere degli anni Settanta si incrementarono per Jacopo gli incarichi da parte del clero, a cominciare dagli affreschi con la Circoncisione e l’Adorazione dei Magi per la cappella Ghislieri in S. Silvestro al Quirinale, cui seguirono le tele con il Miracolo della neve e la Processione di Gregorio Magno per S. Maria Maggiore, realizzate entro il 1582 e oggi alla Pinacoteca Vaticana (Incisa della Rocchetta, 1949). Dal 1582 egli attese ai lavori in S. Spirito in Sassia, inizialmente con l’affrescatura della tribuna, e vi tornò dal 1585 al 1588, dopo aver partecipato nel 1583 all’impresa della Sala vecchia degli Svizzeri in Vaticano, per decorare la cappella Tolfa e dipingere l’Apparizione di Cristo a s. Elena per un altare della sagrestia (Pillsbury, 1974b). Alla seconda metà degli anni Ottanta risalgono inoltre le opere per la chiesa di S. Giovanni Decollato, sede dell’omonima confraternita alla quale appartenevano i fiorentini residenti a Roma e di cui lo stesso Zucchi era entrato a far parte nel marzo 1584, ossia le tele con la Vergine in gloria, Davide e Salomone e la pala con la Nascita del Battista nella prima cappella a destra e la Crocifissione nella sagrestia (Scanu, 2018), mentre i dipinti religiosi più tardi, databili tra il 1587 e il 1590, comprendono I santi Pietro e Paolo e Cristo in casa di Marta e Maria, rispettivamente nel duomo e nel convento delle suore carmelitane della SS. Concezione a Sutri (Pillsbury, 1974b, p. 443), la Maddalena penitente di S. Maria della Pace (Strinati, 1991, p. 561), l’Annunciazione del duomo di Bagnoregio, la Madonna col Bambino e s. Giovannino in S. Clemente, l’Esaltazione della Chiesa nella sagrestia dei Canonici in S. Pietro (Vannugli, 1994), la Resurrezione e l’Ascensione per la cappella privata del cardinale Innico d’Avalos d’Aragona in Vaticano e attualmente nella chiesa di S. Lorenzo dell’omonimo paese presso Viterbo (P. Morel, in Villa Medici, 1999).
Nel 1581 Jacopo s’iscrisse all’Accademia di S. Luca (Aurigemma, 2000, p. 50 note 11-12) e tra il 1584 e il 1586 riprese a lavorare a Villa Medici nelle stanze dell’appartamento al piano nobile, trasponendo nei pannelli dei soffitti il grande sistema cosmologico e astrologico messo a punto dal filosofo Pietro Angeli sulla scorta di molteplici fonti (Aristotele, Tolomeo, Marsilio Ficino), e basato sulla teoria della trasmutazione degli elementi, sulla triplicità dei segni zodiacali e sull’influsso delle sfere planetarie: il ciclo culmina nel pannello centrale della Stanza delle Muse, dove la raffigurazione di Giove-Sole attorniato da Tersicore e Minerva allude esplicitamente al leone, segno zodiacale di Ferdinando, e più velatamente alla congiunzione planetaria del suo natale, che lo avrebbe predestinato a divenire un sovrano (Morel, 1991, pp. 89-185). L’ascesa al trono di Toscana si concretizzò nel settembre 1587, quando Ferdinando abbandonò definitivamente Roma per succedere al fratello Francesco I e non diede seguito alla decorazione della galleria della villa pinciana, per la quale Zucchi aveva redatto una serie di disegni (Pillsbury, 1974a).
Nel 1589 Jacopo eseguì la grande tela con Amore e Psiche oggi alla Galleria Borghese, l’unico dipinto firmato e datato di tutta la sua produzione, di intellettualistico erotismo, il cui committente rimane ignoto (da ultimo Fenech Kroke, 2017). Nello stesso 1589 il fiorentino Orazio Rucellai, colui che si era occupato delle trattive per l’imminente matrimonio tra Ferdinando de’ Medici e Cristina di Lorena, conferì l’incarico a Zucchi sia della stesura del programma iconografico sia degli affreschi della galleria del proprio palazzo romano, in seguito pervenuto ai Ruspoli (Morel, 2011): il pittore distribuì sulle pareti un catalogo enciclopedico di divinità tratte dalla mitologia classica accompagnate da personificazioni dei pianeti e da personaggi dell’antichità romana e redasse contestualmente un trattato, il Discorso sopra li Dei de’ gentili e loro imprese, che fu pubblicato postumo dal fratello Francesco nel 1602 (Saxl, 1927, pp. 37 s.).
L’ultima fatica di Zucchi, gli affreschi nella volta della cappella Aldobrandini nella chiesa di S. Maria in Via, furono eseguiti entro il 13 agosto 1592, data in cui egli era già scomparso e i suoi eredi ricevettero dal nobile Lorenzo Pucci il compenso per il modello di una cappella da edificarsi in S. Giovanni dei Fiorentini (Aurigemma, 2000, p. 49). Nel 1596 il fratello Francesco si fece garante per il saldo dei lavori in S. Maria in Via (Mortari, 1973), e ancora nel 1608 inviò una supplica al granduca Ferdinando I de’ Medici affinché una delle figlie nubili di Jacopo, Elena, ricevesse un sussidio per la dote (Saxl, 1927, p. 119); quando nel 1610 ella sposò il guantaio Jacopo de Romanis, venne allegato al contratto matrimoniale anche l’inventario dei 511 disegni che alla morte del padre erano rimasti nello studio (Aurigemma, 2007b).
Fonti e Bibl.: G. Vasari, Le vite de’ più eccellenti pittori, scultori e architettori (1550 e 1568), a cura di P. Barocchi - R. Bettarini, VI, Firenze 1987, pp. 243 s.; G. Baglione, Le vite de’ pittori, scultori et architetti, Roma 1642, pp. 45 s.; C.J. Cavallucci, Notizie storiche intorno alla Real Accademia delle arti del disegno in Firenze, Firenze 1873, pp. 45 s., 48 s.; F. Saxl, Antike Götter in der Spätrenaissance. Ein Freskenzyklus und ein Discorso des J. Z., Leipzig 1927, pp. 37 s., 118 s.; K. Frey, Der literarische Nachlass Giorgio Vasaris, II, München 1930, pp. 224-230, nn. DXXVI-DXXVIII, 879 s.; G. Incisa della Rocchetta, Due quadri di J. Z. per Santa Maria Maggiore, in Strenna dei romanisti, X (1949), pp. 288-293; L. Mortari, Considerazioni e precisazioni sulla Cappella Aldobrandini in Santa Maria in Via, in Quaderni di Emblema. 2, Bergamo 1973, in partic. p. 79; E. Pillsbury, Drawings by J. Z., in Master Drawings, XII (1974a), pp. 3-33; Id., J. Z. in Santo Spirito in Sassia, in The Burlington Magazine, CXVI (1974b), pp. 434-444; Id., The Sala Grande drawings by Vasari and his workshop: some documents and new attributions, in Master Drawings, XIV (1976), pp. 127-146; E. Allegri - A. Cecchi, Palazzo Vecchio e i Medici. Guida storica, Firenze 1980, pp. 235-267, 323-332; E. Pillsbury, The cabinet paintings of J. Z.: their meaning and function, in Monuments et mémoires de la Fondation Eugène Piot, LXIII (1980), pp. 187-226; P. Morel, Le Parnasse astrologique. Les décors peints pour le cardinal Ferdinand de Médicis. Etude iconologique, in La Villa Médicis. 3, a cura di A. Chastel, Rome 1991, in partic. pp. 45-185; C. Strinati, Note sur Jacopo et Francesco Zucchi, in La Villa Médicis. 2, a cura di A. Chastel, Rome 1991, pp. 553-566; F. Sricchia Santoro, J. Z. (e Raffaellino da Reggio?) a Palazzo Firenze, in Kunst des Cinquecento in der Toskana, a cura di M. Cämmerer, München 1992, pp. 375-381; A. Giovannetti, Sugli esordi di J. Z.: lo “stato dell’arte” e una novità, in Paragone. Arte, XLV (1994), 529-533, pp. 101-106; A. Vannugli, Per J. Z.: un’‘Annunciazione’ a Bagnoregio e altre opere, in Prospettiva, 1994, nn. 75-76, pp. 161-173; F. Härb, Two drawings for Vasari’s lost “Nativity” in Arezzo and a fresco by J. Z., in Master drawings, XXXVI (1998), pp. 181-188; Villa Medici, il sogno di un cardinale. Collezioni e artisti di Ferdinando de’ Medici (catal., 1999-2000), a cura di M. Hochmann, Roma 1999 (in partic.: A. Cecchi, J. Z. da Firenze a Roma, pp. 105-113; P. Morel, J. Z. al servizio di Ferdinando de’ Medici, pp. 115-122; Id., scheda n. 90, pp. 310 s.; C. Strinati, scheda n. 73, pp. 274 s.); M.G. Aurigemma, Spunti dal “Discorso” di J. Z., in Studi di storia dell’arte in onore di Denis Mahon, a cura di M.G. Bernardini - S. Danesi Squarzina - C. Strinati, Milano 2000, pp. 44-52; Ead., Palazzo Firenze in Campo Marzio, Roma 2007a, in partic. pp. 183-188, 210-234; Ead., Un corpus perduto? Sui disegni di J. Z., in Studiolo, V (2007b), pp. 115-147; P. Morel, La Galleria Rucellai, in Storia di una galleria romana. La genealogia degli Dei di J. Z. e le famiglie Rucellai, Caetani, Ruspoli, Memmo, a cura di A. D’Amelio, Roma 2011, pp. 47-107; C. Conforti, Giorgio Vasari al servizio di Pio V: affermazione artistica o ostaggio diplomatico?, in L’immagine del rigore: committenza artistica di e per Pio V a Roma e in Lombardia, a cura di L. Giordano - G. Angelini, Pavia 2012, in partic. pp. 83-87; A. Cecchi, Decorations and collections in Vasari’s houses in Arezzo and Florence, in Giorgio Vasari and the birth of the museum, a cura di M. Wellington Gathan, Farnham 2014, pp. 21-30; A. Vannugli, J. Z. ritrattista e non, in Giorgio Vasari tra parola e immagine. Atti delle Giornate di studio... Firenze... 2010-2011, a cura di A. Masi - C. Barbato, Roma 2014, pp. 173-197; C. Falciani, Il ritratto di Ferdinando de’ Medici di J. Z. a Villa Medici, in Studiolo, XI (2015), pp. 260-263; A. Cecchi, Un ritratto di J. Z. ‘à la manière de’ Scipione Pulzone, in Paragone. Arte, LXVII (2016), 797, pp. 40-44; A. Bisceglia, Spazio ecclesiale e pale controriformate in Santa Maria Novella, in Santa Maria Novella. La basilica e il convento. 3. Dalla ristrutturazione vasariana e granducale ad oggi, a cura di R. Spinelli, Firenze 2017, pp. 80-87; A. Fenech Kroke, scheda n. VI.8, in Il Cinquecento a Firenze. “Maniera moderna” e Controriforma (catal.), a cura di C. Falciani - A. Natali, Firenze 2017, pp. 278 s.; L. Scanu, Alcune notizie sugli artisti fiorentini presso l’arciconfraternita di San Giovanni Decollato in Roma e una precisazione per J. Z., in Predella, 2018, n. 43-44, pp. 137-148.