Aumont, Jacques
Critico del cinema e teorico francese, nato ad Avignone il 30 maggio 1942. Si è affermato negli anni Ottanta con i suoi studi sulla raffigurazione cinematografica, in cui ha analizzato i rapporti estetici che legano il cinema alle altre arti visuali, fotografia e pittura in particolare. Dal 1970 ha svolto un'intensa attività didattica in diversi atenei francesi, in particolare all'università Paris III Sorbonne Nouvelle, e all'École des Hautes Études en Sciences Sociales (dove è succeduto a Christian Metz).
Ingegnere di formazione, ma cinefilo convinto, ha esordito come critico nei "Cahiers du cinéma", partecipando (dal 1967 al 1974) alla fase teorico-politica della rivista con una serie di studi sul montaggio e su registi come Sergej M. Ejzenštejn e Leonid Z. Trauberg. Partendo dall'idea di cinema come meccanismo di pensiero (Montage Eisenstein, 1979), e sulla scorta di un'ampia ricognizione sulle teorie del film, realizzata in collaborazione con A. Bergala, M. Marie e M. Vernet (L'esthétique du film, 1983, 1994²; trad. it. 1995), la ricerca di A. si è indirizzata ben presto verso l'analisi della rappresentazione cinematografica (L'analyse des films, 1988, con M. Marie). Riconosciuto il ruolo costitutivo del punto di vista (Le point de vue, in "Communications", 1983, 38, pp. 46-68), tale riflessione si è sviluppata intorno all'idea di un'estetica delle arti visive che individua nel cinema il luogo privilegiato per un'interrogazione filosofica sull'immagine. In L'œil interminable: cinéma et peinture (1989; trad. it. 1991) A. ha affrontato il rapporto tra cinema e pittura, sottolineando le influenze reciproche, il continuo scambio di motivi e di problemi che ha luogo tra i due campi artistici (dalla comune attitudine a uno sguardo fenomenologico sulla vita quotidiana alla ricerca sui limiti della rappresentazione). In L'image (1990) A. ha allargato il proprio campo di indagine, studiando i diversi processi coinvolti nella creazione e nella fruizione delle immagini: da quelli percettivi (i meccanismi neurofisiologici e psicologici legati alla visione) a quelli ideologici (gli scopi, ideologici, religiosi, politici, che mediano la ricezione delle rappresentazioni visive da parte dello spettatore), rivolgendo una particolare attenzione al ruolo svolto dagli apparati tecnologici. Con Du visage au cinéma (1992) è tornato quindi a interrogarsi sui rapporti tra rappresentazione filmica e immagine pittorica, soffermandosi specialmente sui problemi relativi alla figura e al colore. Tra le sue ultime monografie, si segnalano: Introduction à la couleur: des discours aux images (1994), à quoi pensent les films (1996), De l'esthétique au présent (1998), Amnésies: fictions du cinéma d'après Jean-Luc Godard (1999). Con M. Marie ha pubblicato un Dictionnaire théorique et critique du cinéma (2001). Ha inoltre collaborato alla traduzione francese delle opere di Ejzenštejn. Per le edizioni della Cinémathèque française ha diretto le pubblicazioni delle conferenze annuali del Collège d'Histoire de l'Art Cinématographique, tra cui si ricordano La couleur en cinéma (1995), L'invention de la figure humaine (1995), Jean Epstein, cinéaste, poète, philosophe (1998), L'image et la parole (1999), La mise en scène (2000).
A. Costa, Cinema e pittura, Torino 1991, pp. 25-26, 39-42, 73-74; F. Casetti, Teorie del cinema 1945-1990, Milano 1993, pp. 259-60, 264-65, 292-95.