BLANCHARD, Jacques
Pittore, nato a Parigi il 1° dicembre 1600, morto ivi nel 1638. Allievo dello zio Nicolas Bollery nel 1624 a Lione, frequentandovi lo studio di Horace Leblanc, soggiornò a Venezia più di due anni. Di ritorno a Parigi nel 1628, fu accolto nell'Accademia di S. Luca; decorò una piccola galleria per il palazzo del presidente Perrault, illustrò i dodici mesi dell'anno nel palazzo di Bullion. Dipinse inoltre numerose Madonne di gusto veneziano. Ma non rimangono che quattro dipinti suoi: la Pentecoste, nella sacrestia di Notre-Dame, e al Louvre due tele, una delle quali assai deteriorata. L'opera che dà la misura del suo talento è l'Angelica e Medoro del Metropolitan Museum (New York). L'atteggiamento e la fattura del nudo femminile fanno pensare immediatamente al titolo di "Tiziano francese" attribuitogli dai contemporanei, ma le figure e il paesaggio ricordano anche il Poussin. "Era un colorista, quindi un dissidente", scrive Louis Dimier per spiegare l'oblio nel quale il B. cadde subito dopo la morte. E difatti, come e forse meglio del Vouet, il B. espresse la simpatia che ebbero per i Veneziani alcuni pittori francesi del principio del sec. XVII, e che dovette cedere al fanatismo per la scuola romana.
Il figlio Gabriel (1630-704), autore del soffitto della sala di Diana a Versailles, fu uno dei più mediocri rappresentanti di quel gruppo di pittori che, per imitare la scultura, sdegnarono di ricorrere al prestigio dei colori.
Bibl.: E. V., in Thieme-Becker, Künstler-Lexikon, IV, Lipsia 1910; L. Demont, Deux peintres de la première moitié du XVIIe siècle. G. Blanchard et Ch.-A. Dufresnoy, in Gazette des Beaux-Arts, XII (1925), p. 162 segg.; L. Dimier, Histoire de la peinture en France, 1627-1690, Parigi 1925, pp. 38-39.