Ibert, Jacques (propr. François Antoine Marie)
Compositore francese, nato a Parigi il 15 agosto 1890 e morto ivi il 5 febbraio 1962. Tra i pionieri della musica francese del Novecento, diede un contributo significativo alla musica cinematografica nei primi anni del sonoro, trovando in questo campo un terreno fertile per la propria inventiva melodica, il virtuosismo nella strumentazione, la capacità di praticare e di integrare in una nuova sintesi generi tradizionalmente separati. Al servizio del cinema pose la passione per la teatralità e l'abilità nell'impiegare senza pregiudizi quanto la ricerca musicale del suo tempo metteva a disposizione.
Studiò al Conservatoire di Parigi, lavorando al tempo stesso come pianista improvvisatore per film muti e componendo le prime canzoni. Dopo l'interruzione causata dalla Prima guerra mondiale, completò gli studi di composizione con P. Vidal e nel 1919 vinse il prestigioso Grand Prix de Rome che gli consentì di soggiornare per tre anni a Villa Medici. A Roma fu nuovamente dal 1937 al 1960 come direttore dell'Accademia di Francia; negli anni Cinquanta ricoprì ruoli direttivi nei teatri d'opera di Parigi. Saldamente legato alla tradizione, eppure protagonista riconosciuto della musica francese del Novecento, il suo stile è caratterizzato da leggerezza, ironia, sensibilità melodica e armonica, una ricchezza inusitata nella strumentazione, e si esprime in un ventaglio estremamente ampio di generi. Non si inserì in alcun movimento artistico definito, ma nell'arco della sua lunga parabola artistica si mantenne aperto alle evoluzioni della ricerca musicale, accogliendo con interesse anche le prime esperienze di musique concrète che si stavano sviluppando in Francia negli ultimi anni della sua vita. Il teatro musicale occupa un posto centrale nel catalogo di I., con sette opere liriche, altrettanti balletti e innumerevoli musiche di scena per lavori teatrali. Accanto a esso, la sua vocazione melodica dette vita a un'ampia produzione vocale, soprattutto canzoni per voce sola con accompagnamento di pianoforte (presenti anche nelle colonne sonore per il cinema).
Nella musica cinematografica di I. si ritrovano la ricchezza melodica e la maestria orchestrale manifestate nei lavori sinfonici e da camera, unite alla sensibilità drammaturgica e alla passione per il cinema (prima di diventare compositore I. avrebbe desiderato fare l'attore). Tuttavia, malgrado l'ampiezza e la qualità di questa produzione, e a causa dei limitati spazi sul mercato internazionale di cui il cinema francese in quegli anni disponeva, essa non ha ottenuto una particolare popolarità: unica eccezione le musiche per Invitation to the dance di Gene Kelly (1956; Trittico d'amore), con un memorabile balletto, Circus. Alcuni lavori si misurarono con la peculiare esperienza dei primi film sonori, come quelli per Un chapeau de paille d'Italie (1927; Un cappello di paglia di Firenze) di René Clair (I. ne trasse due anni dopo un riuscito divertissement per orchestra da camera) o per Les cinq gentlemen maudits (1931; I cavalieri della morte) di Julien Duvivier. Il gusto e l'abilità di I. nell'impiego di strumenti inusuali, adatti anche all'ambientazione musicale di situazioni e atmosfere particolari, sono rilevabili nell'impiego di clavicordo e chitarra nelle chansons del Don Quichotte (1932; Don Chisciotte) di Georg Wilhelm Pabst e nelle musiche di Golgotha (1935; Golgota) di Duvivier, per sassofono e onde Martenot. Tra le colonne sonore degli anni Trenta da ricordare quelle di Justin de Marseille (1934) di Maurice Tourneur, L'homme de nulle part (1936; Il fu Mattia Pascal) di Pierre Chenal, tratto da L. Pirandello, e Le héros de la Marne (1938) di André Hugon. Risalgono agli anni successivi, tra le altre, le musiche di Les petites du Quai aux fleurs (1944; Rondini in volo) di Marc Allégret e di Marianne de ma jeunesse (1955) di Duvivier, mentre un posto di primo piano spetta alla colonna sonora per Macbeth (1948) di Orson Welles, nella quale I. fa ricorso alla tecnica del leitmotiv e a un uso particolare del coro.
J. Feschotte, Jacques Ibert, Paris 1958.
Ch. L. Boilès, La signification dans la musique de film, in "Musique en jeu", 1975, 29, pp. 71-85.
D. Pistone, Les musiciens français à Rome, in "Revue internationale de musique française", 1984, 14, pp. 5-62.
A. Laederlich, Un style au 20ème siècle: la musique orchestrale de Jacques Ibert, in Musique et style: méthodes et concepts, éd. D. Pistone, Paris 1995.
A. Laederlich, Catalogue de l'œuvre de Jacques Ibert, Hildesheim 1998.