OFFENBACH, Jacques
Compositore, nato a Colonia il 21 luglio 1819, morto a Parigi il 4 (5) ottobre 1880. Figlio del cantore di quella sinagoga, J. Eberscht, abbandonò in seguito questo cognome per assumerlo dalla città dov'era nato il padre: Offenbach sul Meno. L'atmosfera di estrema gaiezza che vibrava a Colonia durante il carnevale, festeggiato con divertimenti musicali arieggianti piccoli vaudevilles, esercitò una decisiva influenza sul futuro dittatore dell'operetta francese. È constatato infatti che spesso le melodie dell'O. si ispirano a refrains e a couplets carnevaleschi, mentre altre melodie si riducono addirittura a "citazioni". Condotto a Parigi, vi completò, al Conservatorio, gli studî musicali, specie del violoncello, col Vaslin; ma in precedenza aveva studiato anche il violino. E come violoncellista iniziò la vita artistica; avendo conseguito tale abilità da potersi permettere l'imitazione, col violoncello, degli strabilianti procedimenti di Paganini. Tentò ben presto la composizione con romanze, walzer, duetti per violoncello, adattamenti diversi, di varia piacevolezza; e collaborò col Flotow ad alcuni pezzi da sala. In seguito si diede alla direzione teatrale, il che poté assai favorire le sue aspirazioni e la sua carriera di operettista. Lasciato il posto di violoncellista all'Opéra-Comique, donde passò (1848), con la carica di maestro concertatore al Théatre-Français, riportò una prima vittoria con la Chanson de Fortunio, scritta per la commedia Le chandelier del De Musset. Nel 1855 assunse in proprio il teatro dei Bouffes-Parisiens e per quattro anni (dal 1872) quello della Gaîté. Dopo giri artistici, variamente fortunati, in provincia, in Inghilterra, in Germania e in America, non si mosse quasi più da Parigi, intento alla preparazione delle sue operette.
Il numero delle sue operette (non poche però constano di un solo atto) è considerevole, superando il centinaio. Arieggianti prima il genere coltivato da F. Hervé, divengono presto caratteristiche e personali; e se anche lusingatrici del gusto meno fine delle folle, si muovono su una linea assai sicura e formalmente solida. Non di rado d'altra parte valgono anche come riflesso storico della vita parigina sotto il secondo impero, nel loro frequente atteggiamento ironico, nel carattere spesso beffeggiatore, satirico, anche frivolo. Delle sue numerosissime produzioni sono famose Orphée aux Enfers (1858), La Belle Hélène (1864), La vie parisienne (1866), La Grande-duchesse de Gérolstein (1867), La Périchole (1868), La fille du tambur-major (1879) e l'opera seria Les Contes d'Hoffmann, rappresentata postuma nel 1881.
Bibl.: J. Offenbach, Notes d'un musicien en voyage, con biografia a cura di A. Wolff, Parigi 1877; J. A. Martinet, O., sa vie et son œuvre, ivi 1887; P. Bekker, J. O., Berlino 1909; C. Bellaigue, O., in Revue hebdomadaire, 23 aprile 1910; M. Teneo, J. O. d'après des documents inédits, in Sammelb. d. int. Musikges., n. 12 (1911); A. Hanemann; Der junge O., in Neue Musikzeitung (1919); A. Henseler, J. O., Berlino 1930.