HÉBERT, Jacques-René
Rivoluzionario francese, nato ad Alençon il 15 novembre 1757, giustiziato a Parigi nel 1794.
Ebbe una giovinezza burrascosa; scoppiata la rivoluzione l'H., dotato d'ingegno e di spirito, cominciò a Parigi a farsi notare con alcuni libelli e articoli (1790); e poco dopo creò il suo famoso giornale Le Père Duchesne, ove con linguaggio volutamente volgare traduceva per il popolo il volterrianismo onde era imbevuto. Dapprima fu piuttosto un moderato e sdegnò l'anarchia della piazza, sebbene firmasse la petizione per la decadenza del re (luglio 1791). Membro influente dei Cordiglieri, fu messo in maggior vista dagli avvenimenti del 1792; non partecipò ai massacri di settembre, ma li approvò, e nel dicembre divenne sostituto del procureur della Comune, Chaumette. Fu con questo contro i girondini: arrestato per ordine della commissione dei 12, le Sezioni ne imposero la liberazione (27 maggio 1793). E il suo arresto segnò l'inizio della crisi finale dei girondini. Non fu mai un vero e proprio capo di partito: la fazione che prese nome da lui e ne divise il programma, attinse molta parte delle sue idee sociali da quegli enragés contro i quali H. e Marat s'erano schierati. Avverso al lusso, sebbene egli vivesse confortevolmente, alla corruzione, alle disparità sociali, ai preti e alla nuova plutocrazia delineava un programma di socialismo di stato e affermava che la prima proprietà è l'esistenza. Una comune autonoma e superiore allo stato, raccolti distribuiti da questo, propaganda armata per la divisione della terra, soccorsi ai vecchi, lavoro o sussidî ai validi, educazione comune gratuita e obbligatoria erano i suoi capisaldi. Con la caduta dei girondini e il trionfo della Comune, H. e i suoi amici s'imposero nei ministeri, nell'esercito, alla Convenzione. Erettosi a vendicatore e a continuatore di Marat, denunciò come traditori gl'inclini a moderazione, ovunque additando corrotti e venduti. Robespierre non lo amava, ché sospettava di lui e di Chaumette suoi rivali, ma se ne giovò contro gli enragés e contro i dantonisti. Dopo i grandi disastri militari del 1793 H. chiese la testa degli aristocratici, dei moderati e dei generali sospetti, pur dicendosi avverso in teoria alla pena di morte. Ché, infatti, l'accusatore spietato che insozzò la regina al processo con turpi accuse, fu nella vita privata molle e sensuale, dolce d'aspetto e di modi. Nello stabilimento del culto della dea Ragione egli ebbe minor parte di Chaumette, più indiretta che diretta. E infatti quando dopo gli attacchi lanciati a Robespierre finì col farsi epurare dai giacobini (dicembre 1793), H. mise molto impegno nel difendersi dalle accuse di ateismo, e protestò contro le cerimonie in onore di Marat. Le vittorie riportate dagli eserciti rivoluzionarî ne scossero la posizione. Robespierre, irritato per la crescente propaganda di violenza e per l'influenza che H. esercitava nel popolo (grandi scioperi erano scoppiati), lo lasciò attaccare da C. Desmoulins nel Vieux Cordelier. Gli hebertiani denunciarono gli accaparratori e chiesero la proscrizione dei 75 che avevano protestato contro il 2 giugno, già salvati da Robespierre. Prevenuta per la prima volta l'azione popolare da quella di governo, H. fu perduto. Arrestato il 21 ventoso, il 1° germinale cominciò il processo, che fu condotto con la stessa spietata illegalità di quello di Danton, e il 4 H. e i suoi amici furono ghigliottinati. La fine di H. segna l'inizio di una nuova fase della Rivoluzione. Rinunciatosi all'étatisme, si tornarono a favorire il commercio e i negozianti e l'azione popolare diretta passò di nuovo in seconda linea. Il pensiero di H. ebbe qualche ripercussione anche fuori di Francia.
Bibl.: D. Mater, J.-R. H. l'auteur du Père Duchesne vant la journée du 10 août 1792, Bourges 1888; F.-A. Aulard, Le culte de la Raison et de l'Être suprème, Parigi 1892; L. Lenôtre, Paris révolutionnaire..., II, Parigi 1903; A. Mathiez, Robespierre terroriste, Parigi 1921.