jainismo
Dottrina indiana dei seguaci dei 24 maestri Jina («vittoriosi»), riuniti in comunità monastiche, con elementi comuni all’induismo. Apparve storicamente tra il 6° e il 5° sec. a.C. con Mahavira Vardhamana; secondo la tradizione, invece, il j. sarebbe stato fondato da Parshva già circa 250 anni prima e ancora prima sarebbero vissuti 22 maestri. Si diffuse in ogni regione del subcontinente indiano, grazie anche al patrocinio di numerose corti regali e al sostegno di comunità di devoti laici, queste ultime particolarmente attive nel commercio. Ancor oggi gran parte dei jaina indiani (oltre 4 milioni nel 2001, concentrati soprattutto in Maharastra, Gujarat e Rajasthan) è costituita da commercianti, gioiellieri e operatori del credito. I monaci non hanno alcuna proprietà privata, seguono una rigida disciplina fondata sull’ahimsa (non violenza), sull’evitare errore e menzogna e sulla castità assoluta. Sono inoltre divisi in sette, fra cui le principali sono quelle degli Svetambara e dei Digambara. Religione non dogmatica, il j. non propone una verità assoluta ma accetta la molteplicità dei punti di vista, purché correttamente formulati: di qui l’importanza dello studio della logica.