Protazanov, Jakov Aleksandrovič
Sceneggiatore e regista cinematografico russo, nato a Mosca il 4 febbraio 1881 e morto ivi l'8 agosto 1945. È stato uno dei massimi rappresentanti del cinema d'intrattenimento, dapprima russo e poi sovietico. Figura chiave del cinema russo, fu l'anello di congiunzione tra la produzione dei primi decenni del Novecento e l'attività di sperimentazione dei grandi della cinematografia sovietica quali Sergej M. Ejzenštejn, Dziga Vertov, Aleksandr P. Dovženko e Vsevolod I. Pudovkin.
Da ragazzo assistette a una delle prime proiezioni cinematografiche in Russia in occasione della Fiera commerciale panrussa di Nižnij Novgorod, dove nel 1896 vennero presentati i primi film dei fratelli Lumière. Il cinema era allora, per lui come per la maggior parte degli spettatori, solo una divertente attrazione che P. era ancora lungi dal credere iscritta nel suo futuro. Terminata la scuola commerciale nel 1900, dopo un rovescio economico della sua famiglia dovette rinunciare a proseguire gli studi per mettersi a lavorare; grazie a un'eredità inattesa, dal 1904 al 1906 viaggiò per l'Europa: a Parigi visitò la casa di produzione Pathé Frères che determinò una svolta nella sua vita. Impiegatosi presso la ditta Gloria, cominciò quindi, come la maggioranza dei registi cinematografici della prima generazione, a imparare da autodidatta i rudimenti del mestiere.
Dopo qualche felice tentativo come sceneggiatore e qualche comparsa da attore, nel 1911 esordì nella regia con Pesnja katoržanina (La canzone del forzato). Fu un successo, e il primo di oltre cento film realizzati nell'arco di una lunga carriera. Oggi se ne ricordano solo alcuni, che però sono sufficienti a fare di P. uno dei registi russi di maggior rilievo dell'epoca prerivoluzionaria e del cinema sovietico d'intrattenimento. Collaboratore insostituibile delle prime case di produzione private dell'epoca zarista (come Gloria, Thiemann & Reinhardt, ed Ermol′ev) e del periodo della NEP (Nuova Politica Economica), come la Mežrabpom-Rus′, P. si cimentò in tutti i generi del nascente mercato cinematografico: melodramma, poliziesco, commedia, farsa, specializzandosi poi nella riduzione di classici della letteratura, uno dei filoni più importanti della storia del cinema sovietico. In particolare, realizzò per la Gloria Uchod velikogo starca (1912, La fuga del grande vecchio), dedicato agli ultimi giorni di vita di L.N. Tolstoj: malgrado il divieto della censura zarista che ne bloccò l'uscita in Russia, il film ebbe un enorme successo all'estero e sancì l'affermazione del regista. Fu inoltre esemplare la sua maestria nell'adattamento di grandi testi letterari, a partire da Vojna i mir (1915, Guerra e pace) ispirato al romanzo di Tolstoj e diretto insieme a Vladimir R. Gardin, continuando con Nikolaj Stavrogin (1915, da una novella di F.M. Dostoevskij), Plebej (1915, Il plebeo, dal dramma di A. Strindberg) e Pikovaja dama (1916, La dama di picche, dal dramma di A.S. Puškin). Soprattutto in quest'ultimo (considerato il suo capolavoro) il suo stile, spesso definito realismo convenzionale, raggiunse la massima compiutezza. Nel film, uscito solo dopo la Rivoluzione d'ottobre, P. mostrò grande cura nell'ambientazione storica e particolare attenzione nell'uso drammaturgico della scenografia, della composizione dell'inquadratura e del montaggio parallelo. Abilissimo nel dirigere gli attori, P. legò il suo nome alla bravura di uno dei primi divi del cinema russo, Ivan I. Mozžuchin, che brillò, oltre che in Pikovaja dama, anche in un altro dei suoi film migliori, Otec Sergij (1918, Padre Sergio). L'attore, nel ruolo del principe Kasackij, impersonò felicemente il personaggio di Tolstoj, mentre il film sottolineava abilmente gli aspetti di critica allo zarismo, alla società aristocratica e alla Chiesa presenti nell'opera del grande scrittore.
Lasciata l'URSS nel 1920 per la Francia, P. contribuì alla fondazione a Montreuil della casa di produzione Albatros, per la quale girò quattro film, tra cui Le sens de la mort, uscito nel 1922. Nel frattempo era tornato in URSS, dove continuò a lavorare a pieno ritmo per il nuovo regime; tra le opere realizzate in quegli anni, Aelita (1924) rappresentò una delle più importanti produzioni sovietiche del periodo. Questa commedia fantascientifica, magnificamente interpretata da Igor′ Il′inskij (una delle figure più popolari del teatro di Vsevolod E. Mejerchol′d, che P. aveva fatto esordire nel cinema), con le scenografie costruttiviste di Sergej V. Kozlovskij e i costumi di Aleksandra Ekster, riscosse un enorme successo di pubblico e permise a P. di definire i suoi stilemi espressivi, poi ricorrenti nei film successivi. Vi si narra di un viaggio fantastico su Marte, degli amori del protagonista con la bella marziana Aelita, e del tentativo di organizzare sul pianeta una rivoluzione socialista; il film pecca di un certo eclettismo e tradisce l'idea progressista che è alla base del romanzo di Tolstoj, ma rappresentò un vero e proprio evento nella giovane produzione sovietica di genere leggero. Subito dopo, con Process o trëch millionach (1926, Il processo dei tre milioni), P. realizzò una riuscita commedia degli equivoci, che metteva a nudo le contraddizioni del sistema capitalista; la notevole interpretazione di Igor′ Il′inskij nel ruolo di Tapioca ne riconfermò il talento cinematografico, facendone inoltre un beniamino del pubblico sovietico.
Temperamento eclettico, P. poteva passare con estrema leggerezza da un genere all'altro, eccellendo anche nell'affrontare il melodramma; in tale ambito tra i suoi migliori risultati va ricordato Sorok pervyj (1927; L'isola della morte), tratto dal romanzo di B.A. Lavrenëv, che narra del tragico amore tra un ufficiale zarista e una tiratrice scelta dell'Armata rossa, naufraghi su un'isola deserta, durante la guerra civile: quando sopraggiunge la nave dei Bianchi a salvarli, la protagonista, tenendo fede al giuramento fatto ai suoi compagni, uccide l'amante, la sua quarantunesima vittima (il titolo russo significa 'il quarantunesimo'). Anche nel dramma psicologico a sfondo sociale P. diede ottime prove, in particolare in Čelovek iz restorana (1927, Il cameriere), storia del riscatto morale di un uomo di bassa estrazione sociale, e in Belyj orël (1928, L'aquila bianca). Tra le sue commedie satiriche merita un cenno Prazdnik svjatogo Jorgena (1930, La festa di San Jorgen), farsa anticlericale in cui Igor′ Il′inskij fa da spalla ad Anatolij Ktorov in una sequela di trucchi e gag di grande leggerezza e vivacità. L'articolata attività di P. testimonia quindi una continuità tecnico-grammaticale tra cinema russo e sovietico, troppo spesso ignorata dagli storici del cinema, ma di recente messa in luce dalla critica, senza la quale non si comprenderebbe adeguatamente lo sviluppo di quella tradizione artigiana che annunciò il fiorire della grande cinematografia degli anni Venti (Buttafava 2000, pp. 32-33).
M.Ja. Alejnikov, Jakov Protazanov, Moskva 1948, 1961³.
N. Zorkaja, Portrety (Ritratti), Moskva 1966, ad vocem.
M. Arlazorov, Protazanov, Moskva 1973.
G. Buttafava, Il cinema russo e sovietico, Roma 2000, passim.