Cagney, James (propr. James Francis Jr)
Attore cinematografico statunitense, nato a New York il 17 luglio 1899, da padre irlandese e madre norvegese, e morto a Stanfordville (New York) il 30 marzo 1986. Dotato di una personalità forte, caratterizzata da un'energia estrema, fece dell'esuberante vitalità il tratto fondamentale del suo stile recitativo che potrebbe riassumersi nella formula never relax, e che pure, a partire dagli anni Quaranta, specialmente nel campo della commedia, si colorò di toni più quieti e di sfumature. Piccolo di statura, seppe controllare il corpo compatto e agile con la disciplina di un comico del muto e l'armoniosa eleganza di un ballerino; proprio perché aveva un fisico così poco imponente, appare terribile nelle scene in cui è mosso da una violenza interiore che può tingersi di perversioni aggressive. Altrettanto sagace fu il controllo vocale: la proverbiale velocità di eloquio, così impervia per i doppiatori italiani, appare in contrasto con il limitato registro della voce. Allo stato di riposo il suo volto sembra piuttosto insignificante, ma acquista vitalità espressiva quando recita, animato dall'arguzia pungente e ironica dei suoi occhi che di colpo possono diventare gelidi e carichi di odio. Numerosi i riconoscimenti critici che sancirono la grandezza e l'ampia misura del suo talento, tra cui il premio Oscar ottenuto nel 1943 per Yankee doodle dandy (1942; Ribalta di gloria) di Michael Curtiz, e il Life Achievement Award conferitogli nel 1974 dall'American Film Institute.
Secondo di cinque figli, perse presto il padre, che morì alcolizzato a quarantadue anni, mentre la madre, Carolyn Nelson, dotata di una volontà ferrea, lottò per mandare a scuola tutti i suoi figli e far prendere a ciascuno un diploma. C. passò l'infanzia e l'adolescenza nell'Upper East Side di Manhattan dove si concentravano nazionalità e culture diverse cosicché, tra l'altro, egli ebbe modo di imparare a parlare fluentemente lo yiddish. Cominciò a lavorare a quattordici anni, pur studiando contemporaneamente presso la Stuyvesant High School di New York, e continuò anche quando, nel 1918, s'iscrisse alla Columbia University che abbandonò nel 1920 per fare il ballerino di fila a Broadway. Nel 1922 sposò la ballerina Frances Willard Vernon con la quale lavorò sulle scene del vaudeville di provincia e che gli rimase accanto per tutta la vita. Nel 1925 passò al teatro di prosa, ma soltanto nella stagione 1929-30 con il musical Penny arcade di Marie Baumer ottenne un particolare successo, condiviso con la sua partner Joan Blondell, che valse a entrambi la possibilità di essere i protagonisti della versione per lo schermo intitolata Sinner's holiday (1930; La vacanza del peccatore) di John G. Adolfi e un contratto con la Warner Brothers. Dopo alcuni ruoli di secondo piano, compresi quelli di piccoli criminali, ebbe la grande occasione con The public enemy (1931; Nemico pubblico) di William A. Wellman, che espone con concisa efficacia l'ascesa, la fortuna e la precipitosa caduta di Tommy Powers, un gangster di origine irlandese. Forse sopravvalutato, il film divenne con il tempo un classico del genere: è fin troppo famosa la breve scena in cui C. schiaccia mezzo pompelmo sul viso di Mae Clarke, ma ancor più sconvolgente, per la secca violenza, è il finale in cui il suo cadavere, dopo essere stato legato, viene gettato davanti alla porta di casa. Questi due momenti sintetizzano con cruda intensità l'immagine dell'eroe negativo disegnata da C., spogliata di ogni romantico sentimentalismo e segnata da una vitalità estrema che catarticamente viene rovesciata nell'immobilismo della morte violata.
Sempre nel 1931 uscirono altri due film, entrambi scritti da Kubec Glasmon e John Bright, sceneggiatori di The public enemy: Smart money, di Alfred E. Green, dove fa da spalla a Edward G. Robinson, reduce dal trionfo di Little Caesar, e Blonde crazy, di Roy Del Ruth, in cui per la prima volta ha modo di sfoderare le sue doti di commediante. Fu allora che diede prova del suo carattere: rendendo furiosi i dirigenti della Warner, chiese che gli fosse raddoppiato il salario settimanale e tornò a New York in attesa della risposta. Sei mesi dopo ottenne il nuovo contratto e poté così interpretare Taxi! (1932), ancora di Del Ruth, in cui, alla guida dei tassisti in rivolta contro il racket, vendica la morte di un fratello. Ottenne con il film un grande successo, mentre quella contro la major era stata solo la prima delle sue ribellioni nei confronti dello studio system. Le altre avvennero nel 1935, quando fu tra i fondatori della Screen Actors Guild, e nel 1943 quando, vinto l'Oscar con il personaggio storico di George M. Cohan in Yankee doodle dandy, lasciò la Warner per sei anni; avrebbe fatto un altro rientro memorabile con White heat (1949; La furia umana) di Raoul Walsh nella parte di un gangster megalomane ed epilettico, afflitto da un forte complesso edipico, che muore tra le fiamme gridando: "Made it, ma! Top of the world!" (Ce l'ho fatta, ma'! In cima al mondo!).
Nella memoria del pubblico, infatti, C. rimane legato alla figura del gangster minaccioso, del duro brutale la cui energia si tinge talvolta di sadismo maschilista: oltre alla ricordata scena con Mae Clarke, ve ne sono altre in cui si sfoga con violenza contro la sua partner, come in Lady Killer (1933) diretto da Del Ruth, commedia vivace e incalzante in cui C., nel fare la parodia dei suoi ruoli di gangster e del mondo del cinema, non esita a trascinare l'amante per i capelli. Oppure a prenderla a calci come in Winner take all (1932), sempre di Del Ruth. Ma identificarlo con il personaggio del gangster o del violento sarebbe un'operazione riduttiva e ingiusta. In una carriera che conta sessantadue titoli sino alla chiusura in bellezza con One, two, three (1961; Uno, due, tre!) di Billy Wilder (se si escludono una particina in Ragtime, 1981, di Milos Forman e il film per la televisione Terrible Joe Moran, 1984, di Joseph Sargent), i personaggi di fuorilegge sono quindici, alcuni dei quali affrontati in chiave di commedia; altri otto sono uomini duri sull'orlo dell'illegalità, mentre in quattro film (tra cui il famoso G-men, 1935, La pattuglia dei senza paura, di William Keighley) fu un difensore della legge. Lui stesso, stanco delle parti di 'duro' e desideroso di affrontare personaggi positivi, nel 1942 fondò con il fratello minore William la William Cagney Productions, con cui produsse Johnny come lately (1943) di William K. Howard, Blood on the sun (1945; Sangue sul sole) di Frank Lloyd e The time of your life (1948; I giorni della vita) di Henry C. Potter, dalla commedia omonima di W. Saroyan, tutti di-stribuiti dalla United Artists ma senza successo.C. è stato definito una forza della natura, ma la definizione è impropria. Solo un attore di una generazione successiva alla sua, Mickey Rooney, può essergli paragonato per energia, ma più a ragione il critico L. Kirstein ne colse con grande intuito il tratto essenziale quando già nel 1932 scrisse che era stata "la prima figura inconfutabilmente metropolitana a diventare nazionale". Non a caso recitò solo tre volte in film western e dopo il primo del 1939 (The Oklahoma Kid, Il terrore dell'Ovest, di Lloyd Bacon) solo alla fine della carriera, e non si tratta certamente delle sue prove migliori: Run for cover (1955; All'ombra del patibolo) di Nicholas Ray e Tribute to a badman (1956; La legge del capestro) di Robert Wise. Nemmeno in divisa è a suo agio: il suo ambiente resta la giungla d'asfalto. Fondamentale risulta anche la sua origine irlandese, che contribuì a creare l'inconfondibile miscela di esuberanza quasi feroce, che a volte sconfina nella violenza, di umorismo, di istinto musicale, di gioia di partecipare. E irlandesi sono molti tra i suoi personaggi, come quelli di The public enemy, The Irish in us (1935; Colpo proibito) di Bacon, Angels with dirty faces (1938; Angeli con la faccia sporca) di Curtiz, Love me or leave me (1955; Amami o lasciami) di Charles Vidor.
Il suo talento di attore fu sicuramente superiore alla fama pubblica, ma venne riconosciuto presto dai professionisti: "Tutto quel che fa è grande, eppure non è mai, in nessun momento inattendibile. Perché è reale. È vero" disse di lui Orson Welles. Il regista tedesco Max Reinhardt ‒ che lo diresse insieme a William Dieterle nella parte di Bottom in A midsummer's night's dream (1935; Sogno di una notte di mezza estate), anche se sarebbe stato forse più adatto per quella di Puck (che era di un giovane Mickey Rooney) ‒ lo reputava il migliore attore di Hollywood di quegli anni. Nessuno meglio di lui avrebbe potuto interpretare Lon Chaney in Man of a thousand faces (1957; L'uomo dai mille volti) di Joseph Pevney, film biografico peraltro mediocre, ma segnato dalla sua ottima prova. Volle anche cimentarsi con la regia dirigendo Short cut to hell (1957; Scorciatoia per l'inferno), dal romanzo This gun for hire di G. Greene, già portato sullo schermo nel 1942 da Frank Tuttle: non si trattò di un successo, ma si avverte nel film il suo vigore, l'impronta della sua personalità.Nel 1976 pubblicò l'autobiografia Cagney by Cagney.
L. Kirstein, Cagney and the American hero, in "Hound and horn", April 1932.
H.A. Potamkin, The personality of the player. A phase of unity, in "Close-up", March 1933.
K. Tynan, Cagney and the mob, in "Sight and sound", May 1951.
A. Bergman, James Cagney, New York 1973.
M. Freedland, Cagney. A biography, New York 1975.
P. McGilligan, Cagney, the actor as auteur, with introduction by A. Sarris, New York 1980.
M. Cieutat, Tribute to a good man. James Cagney ou l'ambivalence de l'Amérique, in "Positif", avril 1982.
J. McCabe, Cagney, New York 1997.