Coburn, James
Attore cinematografico statunitense, nato a Laurel (Nebraska) il 31 agosto 1928 e morto a Los Angeles il 18 novembre 2002. Noto per essere attore specializzato in western, seppe superare questi limiti rivelando in molte interpretazioni un vero talento drammatico. Fisico asciutto, alto e un po' dinoccolato, con un volto segnato, dai lineamenti decisi e dall'espressione a tratti crudele negli occhi chiari, C. è stato un significativo interprete di personaggi con forte idealità come il rivoluzionario di Giù la testa (1971) di Sergio Leone e lo sceriffo con il proprio originale codice di giustizia in Pat Garrett and Billy the Kid (1973; Pat Garrett e Billy the Kid) di Sam Peckinpah. Ma è rimasto nella storia del cinema anche per le sue prime apparizioni in due film di culto, entrambi diretti da John Sturges, The magnificent seven (1960; I magnifici sette) e The great escape (1963; La grande fuga), coronando nel 1999 la sua carriera con un premio Oscar come migliore attore non protagonista ottenuto per Affliction (1997; Affliction ‒ Afflizione) di Paul Schrader.
James iniziò a studiare recitazione prima al Los Angeles City College, poi alla University of Southern California, e quindi a New York, come allievo di Stella Adler. Dopo alcune esperienze teatrali e televisive, esordì nel 1959 davanti alla macchina da presa in un film western di Budd Boetticher, Ride lonesome (L'albero della vendetta). Un certo successo arrivò nel 1960 per la partecipazione al mitico cast di The magnificent seven, film in cui ricopre con riservata naturalezza il ruolo di Britt, veloce di pistola e di coltello, uno dei sette pistoleri capeggiati da Chris Adams (Yul Brynner), che danno aiuto agli abitanti di un villaggio messicano per sgominare una banda di malfattori. Si trovò così tra gli attori più richiesti nel cast di film legati al genere western o di guerra, come per es. Hell is for heroes (1962; L'inferno è per gli eroi) di Don Siegel, al fianco di uno dei 'magnifici sette', Steve McQueen. Nel 1963 Sturges lo chiamò, ancora con alcuni dei 'magnifici sette', per interpretare The great escape. Nel film C. è uno dei prigionieri alleati in un campo di concentramento nazista durante la Seconda guerra mondiale, autori di una memorabile fuga. Abile, attento e taciturno, il personaggio dell'australiano Sedgwick, ben sostenuto da C., fuggito in bicicletta e aiutato poi dai partigiani francesi a superare il confine spagnolo, sarà tra i pochissimi (su 77) che riusciranno a salvarsi. Con Major Dundee (1965; Sierra Charriba) di Peckinpah, la sua carriera artistica mutò direzione, grazie anche alla collaborazione professionale e all'amicizia con il regista che si saldarono durante la lavorazione. Subito dopo fu scelto dal regista Daniel Mann come protagonista di Our man Flint (1966; Il nostro agente Flint). In piena epoca bondiana, interpretando l'agente speciale Derek Flint, avventuriero e seduttore, C. riuscì a infondere nel personaggio un'originale ironia ed eleganza tanto da non sfigurare, alla distanza, rispetto al più famoso James Bond/Sean Connery. Il successo riportato fece sì che venisse prodotto subito il seguito (In like Flint, 1967, A noi piace Flint) con la regia di Gordon Douglas. Per l'attore si aprì un periodo di grandi momenti in cui emersero definitivamente le sue notevoli qualità espressive. Nel 1971, Leone, che aveva già individuato C. per il ruolo del pistolero 'senza nome', poi ricoperto da Clint Eastwood, per il proprio esordio nel genere western con Per un pugno di dollari (1964), lo chiamò come protagonista, insieme a Rod Steiger, di Giù la testa. Con un'interpretazione di grande intensità sottolineata negli sguardi e nei silenzi dai famosi primi e primissimi piani del regista italiano e dalla musica di Ennio Morricone, C. impersona Sean, l'idealista rivoluzionario irlandese che, disilluso dalla realtà del proprio Paese, ritrova sé stesso in Messico attraverso l'amicizia del peone Juan Miranda (Steiger), rappacificandosi con i principi universali di libertà fino a dare la vita per il riscatto del popolo messicano e in nome della dignità umana. Dopo aver girato in Italia con Tonino Valerii Una ragione per vivere e una per morire (1972), ritornò con un'altra indimenticabile interpretazione in Pat Garrett and Billy the Kid, famosa opera di Peckinpah, nel ruolo, crepuscolare e dolente, del vecchio sceriffo Garrett che, ormai al servizio dei latifondisti, non può sottrarsi dal perseguire l'amico Billy the Kid fino alla morte. C. e Peckinpah delineano un personaggio intransigente, quasi spettrale nell'abito nero, e colmo al contempo di umanità e di contraddizioni, che, dopo aver atteso la fine dell'amplesso ‒ riconosciuto come rapporto d'amore ‒ del suo giovane amico, lo uccide e ne piange la morte. Ruoli successivi di C. avrebbero ricalcato tale via: il disperato organizzatore di combattimenti di strada in Hard times (1975; L'eroe della strada) di Walter Hill; il disincantato sergente tedesco sul fronte russo nel 1943 di Cross of iron (1977; La croce di ferro) ancora di Peckinpah, in cui emergono le sue doti drammatiche. Negli anni Ottanta iniziò un certo declino e problemi di salute e personali lo costrinsero a ruoli minori e a incrementare le apparizioni televisive, ma nel decennio successivo ritrovò parti a lui congeniali: in Hudson Hawk (1991; Hudson Hawk ‒ Il mago del furto) di Michael Lehmann; in Maverick (1994) di Richard Donner e soprattutto nel ruolo del duro e persecutorio padre di Affliction. Vanno ricordate infine le sue interpretazioni in Bite the bullet (1975; Stringi i denti e vai) di Richard Brooks e in The second civil war (1997; La seconda guerra civile americana) di Joe Dante.