Mill, James
Filosofo ed economista scozzese (Northwater Bridge, Angus, 1773 - Londra 1836). Studiò a Edimburgo, poi a Londra, dove dal 1808 strinse rapporti di amicizia con Bentham, con il quale collaborò nella pubblicazione della Westminster review, uno degli organi più importanti del radicalismo filosofico dei primi decenni del sec. 19°. Impiegato presso la Compagnia delle Indie Orientali (della quale divenne capo nel 1830), dedicò la sua prima opera (History of British India, 3 voll., 1818) a una vivace critica della dominazione coloniale inglese in India, cercando inoltre di delineare per la prima volta una storia della civiltà indiana che ne mettesse in evidenza i caratteri originali. Negli anni 1820-21 scrisse per l’Encyclopaedia britannica vari articoli (tra i quali Government), che furono una delle più efficaci espressioni delle teorie politiche dei filosofi radicali e misero in moto quel processo che portò al Reform Bill del 1832. M. sosteneva tra l’altro l’opportunità di una limitazione dello sviluppo demografico, riprendendo le idee di Malthus. Scrisse un trattato di economia politica (Elements of political economy, 1820; trad. it. Elementi di economia politica), che, pur non offrendo un contributo particolarmente originale alle teorie economiche di Smith, Ricardo e Malthus, porta a grande chiarezza e a rigore logico le formulazioni dottrinali dei predecessori; importanti sono soprattutto le sue considerazioni sulle conseguenze dei principi della scuola classica per quanto riguarda la politica economica; inoltre, M. fu il primo a teorizzare la nazionalizzazione della terra. Nei suoi scritti filosofici espose una concezione gnoseologica originale che, in luogo dell’associazionismo di tipo meccanico sostenuto nel 18° sec. da David Hartley, affermava un’analogia tra l’associazione delle idee e i composti chimici, e ciò in quanto per associazione si costituirebbero idee complesse che, anche se analizzabili in parti, conserverebbero tuttavia una loro irriducibile originalità qualitativa (Analysis of phenomena of the human mind, 2 voll., 1829; A fragment on Mackintosh, 1835). Sulla base di questo associazionismo chimico, M. riformava l’utilitarismo etico di Bentham: là dove Bentham aveva ammesso come unico movente dell’azione la ricerca egoistica dell’utile, M. sosteneva che alla base dell’azione morale vi è anche un movente altruistico che nasce come qualcosa di qualitativamente unico, non riducibile a impulsi egoistici, dalla continua associazione che si presenta nell’esperienza tra utile individuale e generale.