MILL, James
Filosofo, storico ed economista inglese, nato a Northwater Bridge il 6 aprile 1773, morto a Londra il 23 giugno 1836. Studiò dapprima lingue classiche e teologia all'università di Edimburgo; poi si recò a Londra, dove si diede al giornalismo, e divenne grande amico di Geremia Bentham, il cui pensiero esercitò vivo influsso sul suo. Dopo avere, nel 1818, pubblicato la sua maggiore opera letteraria, la History of India, ebbe l'anno seguente un posto nell'ufficio centrale della Compagnia delle Indie, nonostante le gravi critiche rivolte nella History al governo inglese di quei paesi: e di tale ufficio divenne, nel 1830, il capo. Egli ebbe modo, così, di tradurre nell'azione politica quella migliore comprensione dello spirito dell'India a diffondere la quale egli aveva soprattutto mirato e contribuito con la sua opera di storico. Il maggiore dei suoi figli fu John Stuart M. (v.), nei riguardi del quale egli mise in atto quell'eccezionale metodo educativo, che doveva fare di lui una specie di ragazzo prodigio e avviarlo a oscurare presto la stessa fama del padre.
Nel campo filosofico, l'opera fondamentale del M. è l'Analysis of the Phenomena of the Human Mind (1829; nuova ediz. in 2 voll., 1869, con commento del figlio, John Stuart M., e di altri). Movendo dalla psicologia dell'associazione che sulle basi del Hume aveva formulato il Hartley, il M. si propone di meglio chiarire il processo onde dalle singole sensazioni e dalle "idee" (cioè rappresentazioni) che se ne conservano nella memoria nasce ogni altro contenuto di consapevolezza. Principio fondamentale di questo processo è quello che il M. chiama "legge di associazione inseparabile" o "legge di frequenza": si associano stabilmente, in nuove idee risultanti dalla sintesi delle prime come un composto chimico dall'unione dei suoi componenti (e John Stuart M. diede infatti a questo processo il nome di mental chemistry "chimica mentale") le idee che si presentano allo spirito con maggiore frequenza nelle stesse forme di collegamento. Non altro che la sfera di queste idee sintetiche prodotte dall'associazione è quella che la coscienza comune chiama mondo delle cose oggettivamente esistenti; così come (humianamente) non altro che riassunti di successioni abitualmente osservate sono le formulazioni delle leggi causali. L'etica del M. è sostanzialmente orientata nel senso dell'utilitarismo del Bentham: e da tale punto di vista è condotta la critica alla morale del Mackintosh contenuta in A Fragment on Mackintosh (1835). Nelle concezioni economiche, formulate soprattutto negli Elements of Political Economy (1821) egli si manifesta principalmente seguace del Ricardo. Fra le tesi da lui sostenute sono da ricordare quelle della riduzione del valore alla qualità di lavoro e della necessità di limitare la popolazione, per il suo accrescimento non proporzionale a quello del capitale: tesi, quest'ultima, importante per l'accentuazione che poi ne fece l'economia marxistica.
Bibl.: Leslie Stephen, The English Utilitarians, II, Londra 1900; A. Bain, J. M., a Biography, ivi 1882; G.S. Bower, Hartley and J. M., ivi 1881. Da vedere inoltre è l'Autobiography del figlio.