Ward, James
Filosofo e psicologo inglese (Hull, Yorkshire, 1843 - Cambridge 1925). Seguì a Gottinga le lezioni di Lotze. Fu poi eletto fellow al Trinity College di Cambridge (1875), dove rimase per cinquant’anni; nel 1897 ottenne una cattedra di «logic and mental philosophy». Nel 1876 frequentò il laboratorio di C. Ludwig a Lipsia, dedicandosi a esperimenti e studi di psicofisiologia. Il suo orientamento successivo fu sempre più in direzione di una psicologia filosofica, sotto l’influenza di Brentano, lontana, se non ostile, alla verifica sperimentale, nonostante avesse dapprima favorito l’affermazione di una psicologia sperimentale in Inghilterra. Di particolare importanza il suo saggio Psychology nella 9ª edizione dell’Encyclopaedia Britannica (1896), più tardi rivisto e ampliato nei suoi Psychological principles (1918). Concepì la psicologia come scienza dell’esperire, sottolineandone il carattere di attività e insistendo soprattutto sull’attenzione e sul sentimento. Fu critico deciso dell’associazionismo prevalente nella psicologia inglese a lui contemporanea (Bain, Spencer) in favore di una visione in cui i contenuti mentali vengono organizzati, in dipendenza dall’attenzione del soggetto esperiente, in un continuo «presentazionale», le cui leggi non sono riducibili a quelle formulate dagli associazionisti. Esercitò notevole influenza sugli sviluppi della psicologia inglese dei primi decenni del Novecento; in partic., oltre che su Stout, su W. McDougall e su F. Bartlett, anche se la sua analisi «genetica», troppo legata a presupposti filosofici ottocenteschi, risultò ben presto superata. In filosofia sostenne una forma di idealismo teistico (Naturalism and agnosticism, 2 voll., 1899; The realm of ends: or pluralism and theism, 1911). Tra le sue altre opere si ricordano inoltre: A study of Kant, 1922; Psychology applied to education (post., 1926); Essays in philosophy (post., 1927).