WILSON, James
Giurista e statista americano, firmatario della Dichiarazione d'indipendenza; nacque in Scozia, a Carskerdo presso St Andrews, il 14 settembre 1742. Studiò nelle grandi università scozzesi, e a 21 anno emigrò in America, prima a New York, poi a Filadelfia, dove insegnò il latino e studiò diritto. Come avvocato divenne presto eminente, e un suo opuscolo sui limiti dei poteri del parlamento britannico ebbe molta influenza sul Congresso continentale del 1774. Egli fu delegato alla Convenzione provinciale nel gennaio 1775, dove iniziò il movimento con cui la corona fu implicata nelle responsabilità ministeriali. Nel 1775 divenne anche delegato al congresso continentale, dove fu presidente del comitato per la "Difesa di Filadelfia", allora sede del governo, e membro attivo del Consiglio di guerra. Organizzò un reggimento nel 1776, prese parte alla guerra, e nel 1782 fu promosso brigadiere generale. Dal 1779 al 1783 fu avvocato generale non retribuito della Francia.
Nella grande Convenzione costituzionale del 1778 egli fu il più erudito ed efficace dei membri, e gli appunti di Madison mostrano che nelle questioni vitali il suo intelletto dominava quello dei suoi colleghi, e che gl'innegabili grandi meriti dello statuto americano sono in gran parte dovuti a lui.
A lui e alla sua dottrina si rifanno Lincoln, quando nega il diritto di secessione agli stati, e Teodoro Roosevelt, quando tarpa le ali ai trusts; e a lui ha dovuto appellarsi di recente Franklin Delano Roosevelt quando ha voluto imporre le sue riforme a una corte suprema che preferisce la lettera della legge alle mutate necessità della nazione. Il detto del Wilson rimane vitale: "Il potere supremo non sta negli statuti. Il potere assoluto sta nel popolo. Come gli statuti sono sopra le legislature, così il popolo è sopra gli statuti". "In ogni caso", egli affermava, "dove i singoli stati sono incompetenti, la direzione appartiene per forza al Congresso".
Nel 1789 Washington lo nominò alla Corte suprema, e 4 anni dopo egli diede la celebre sentenza nel processo Chisholm contro Georgia che affermava la sovranità del governo federale e negava essere gli Stati Uniti una mera confederazione di stati sovrani. Morì a Edenton (Carolina Settentrionale) il 21 agosto 1798. Soltanto dopo un secolo si cominciò a tributargli gli onori meritati. Allora sommi magistrati e capi dello stato invocarono il suo nome, compreso l'inglese Bryce, il miglior conoscitore straniero di cose americane. Nel novembre 1906 i suoi resti vennero traslati nella sua Filadelfia e tumulati vicino alla tomba di Franklin. Fu il primo Americano nel quale la fede nella democrazia non distrusse la coscienza della realtà nazionale.
Ediz. e bibl.: J. Wilson, Opere, voll. 3, Filadelfia 1903-04; ed. riv., voll. 2, Chicago 1896; The J. W. memorial volume, Filadelfia 1908; J. Wilson, Considerations on the nature and extent of the legislative authority of the British government, 1774; id., Address to the citizens of Philadelphia, 1784; id.,To the inhabitants of the United States, 1777; J. M. Harlan, J. W. and the formation of the constitution, in America Law Review, XXXIV, ag.-sett. 1900; American Law Register, LV (1907); J. B. McMaster e F. D. Stone, Pennsylvania and the federal constitution, Filadelfia 1888; L. H. Alexander, J. W., patriot, and the Wilson doctrine, rist. dalla North American Review, CLXXXIII (1906), n. 8; A. C. McLaughlin, J. W. and the constitution, in Political Science Quarterly, marzo 1897; Nation, LXII, p. 494; J. O. Pierce, in The Dial, XX, p. 236; L. H. Alexander, J. W., Filadelfia 1908; id., J. W., nationbuilder, in Green Bag, XIX (1907); Cambridge Mod. Hist., VII, pp. 250-96; J. Elliot, Debates of the several state conventions, ecc., voll. 5, Filadelfia 1836; rist., 1896.