Campion, Jane
Regista cinematografica neozelandese, nata a Wellington (Nuova Zelanda) il 30 aprile 1954. L'universo psichico e corporeo della femminilità, la disamina rivelatrice dei legami di affettività e di consanguineità, la ricerca di un linguaggio cinematografico dotato di innovative risorse romanzesche e immaginifiche sono al centro della sua opera. Per i ritratti di donne, dell'Ottocento come di quelle contemporanee, dalle complesse psicologie, la C., con un tratto stilistico e un sistema visivo originale, si è imposta a livello internazionale ottenendo vari riconoscimenti della critica, in particolare la Palma d'oro a Cannes nel 1993 (vinta ex aequo) e l'Oscar nel 1994 per la migliore sceneggiatura, entrambi per il film The piano (1993; Lezioni di piano).
Proveniente da una famiglia di artisti (il padre regista teatrale e la madre attrice), dopo la laurea in antropologia (1975) e gli studi compiuti a Londra presso la Chelsea School of Art, la C. ha scoperto il cinema, all'inizio degli anni Ottanta, frequentando l'Australian Film and Television School a Sydney. Nel 1986 con la sua opera di esordio, Peel (1982), ha vinto la Palma d'oro a Cannes nella sezione cortometraggi: l'analisi penetrante di un nucleo familiare, l'indagine di una soggettività femminile chiusa tra la nevrosi e la catatonia, la sorprendente capacità di rarefazione e concentrazione improvvisa della narrazione, fanno sin dall'inizio vivida mostra di sé, in questo come nei successivi cortometraggi, Passionless moments (1983) e A girl's own story (1984). Il notevole e poco conosciuto 2 friends (1986; Le due amiche), film realizzato per la televisione, mostra un uso personale della voce fuori campo (che diverrà quasi una firma del suo stile), ma soprattutto una messa a fuoco della disincantata rappresentazione della famiglia che non riesce a offrire supporto e protezione a un'adolescenza solitaria e alienante. Nel 1989 con Sweetie, apologo inquietante e divertente su una giovane obesa, personalità regressiva ed enigmatica (definito una lettura punk di Peter Pan), ha scatenato forti critiche al Festival di Cannes, sia per il feroce ritratto delle relazioni familiari sia per la complessità dello stile. Nel 1990, An angel at my table (Un angelo alla mia tavola), basato sui romanzi autobiografici della neozelandese J. Frame, è stato il film rivelazione della Mostra del cinema di Venezia (dove ha vinto il Premio speciale della giuria). La grande affermazione è giunta quindi con The piano, in cui la C. narra, emulando l'aspro romanticismo dei romanzi delle sorelle Brontë, la vicenda di una giovane donna scozzese del 19° sec., muta e appassionata suonatrice di pianoforte, film con il quale ha raggiunto lo zenith del suo universo immaginario. La capacità di raccontare la femminilità, intesa come qualcosa di oscuro e sconvolgente, sospeso tra il fiabesco e l'horror, il meraviglioso e la repulsione corporea o la menomazione trova uno scenario inedito e suggestivo, e un'energia espressiva che nell'uso della musica, della ricca composizione figurativa (che richiama Rousseau 'il doganiere') e nella pressione della recitazione ha i suoi punti di forza. The portrait of a lady (1996; Ritratto di signora), trasposizione cinematografica dell'omonimo romanzo di H. James, è la storia di una donna che sfida il conformismo e le rigide regole della società dell'Ottocento, e Holy smoke (1999), satira scintillante e rivelatrice del plagio religioso e della lotta dei sessi, insistono su un percorso tematico e una ricerca cinematografica non comuni nell'orizzonte del cinema di passaggio tra i due millenni.
Jane Campion, a cura di M. Sesti, Roma 1994; I. Gatti, Jane Campion, Genova 1998.