JAZZ
. Voce, d'origine incerta, designante l'arte già peculiare di un tipo d'orchestrina negro-americana da ballo, fondata su strumenti a fiato e batteria (jazz-band), che dal 1914-15 in poi si diffuse, lievemente evolvendosi, dagli Stati Uniti in tutto il mondo. Come tutta l'arte musicale dei Negri d'America (cfr. i Negro spirituals e i Plantation songs) il jazz nasce e si presenta come arte d'interpretazione: l'animo musicale del Negro, per l'impulso e per gli usi suoi proprî, immediatamente deforma e trasforma secondo suoi costanti modi (fattori di stile) l'arte cui s'accosta e che - sì per motivi pratici come per la mancanza di una tradizione costituita, d'una scuola paragonabile p. es. all'araba, all'indiana, ecc. - facilmente adotta.
Storicamente, tale processo si determinò nel sec. XIX fra i Negri importati nell'America Settentrionale, prima schiavi, poi coloni nei grandi paesi agricoli, ed ivi catechizzati e istruiti nella musica dalle missioni e da altre pubbliche opere.
Di quella musica: corale protestante, canzone popolare britannica, musica leggiera di fanfara, di teatro, di danza, ecc., oltre ad alcuni usi al Negro non ignoti (la frequente sincope della canzone scozzese, la preferenza degli strumenti a fiato, ecc.), soprattutto vediamo penetrare nel simmetrico ritmo negro il giuoco alterno - elemento di simmetria - delle funzioni tonali.
Penetrata sotto il segno del ritmo, la musica europea riesplica nell'interpretazione negra appunto i suoi valori ritmici. E la sua nuova riassunzione si sviluppa infatti rapidamente nella musica da ballo, cui assai presto i negri son chiamati, in ragione di questa loro attitudine. Già nelle danze del primissimo Novecento (cake-walk) si nota la tendenza, nel Negro fortissima, all'insistenza del sincopato (che nelle ulteriori varietà del tipo rag-time diverrà addirittura sistematica) e quella, non meno forte e legittima, all'uso sempre più frequente della batteria. Verso il 1915 il tipo dell'orchestrina negra da ballo, che appunto allora si cominciò a denominare Jazz-band mostrava già caratteri proprî, cui già obbediva fedelmente lo stile della musica.
Nell'interpretazione negra, in cui il Negro continua a improvvisare, come sempre è stato costume della sua gente, vediamo prodursi accentuati tratti stilistici: il ritmo, di regola contrae i suoi accenti nella sincope; l'intervallo si seziona in minimi termini e - per lo stesso motivo interiore - da un grado a un altro, anche lontano, si scivola sul "portamento", così costante e tipico nella strumentalità negro-americana; la frase melodica ne risulta sempre diversa, volta per volta e da un'esecuzione all'altra; lo strumentale si dissocia, affinandosi in sortite di timbri puri, e l'insieme, da compatto che era nella versione originaria, si trasforma in concerto di più virtuosi, improvvisanti polifonicamente cadenze e variazioni in tempo.
I primi jazz-bands propriamente detti, formatisi intorno al I915 a New Orleans e a Chicago, erano costituiti da un clarinetto, una cornetta a pistoni, un trombone, un banjo, batteria, pianoforte e un violino. Questo complesso tipico ebbe poi qualche variazione e qualche sviluppo: al clarinetto presto si alternò il saxofono, cui il jazz finì per conferire funzione predominante; la batteria, in ragione di un'evoluzione del jazz verso valori più esplicitamente melodici (quelli stessi che favorirono l'ascesa del saxofono) non conservò a lungo l'importanza che le era stata data, anche per tendenze folkloristiche, nei primi anni della diffusione del iazz in Europa, e specialmente a Parigi, cioè verso il 1918. Anche il numero degli strumenti crebbe di molto, e ne furono aggiunti altri: trombe, corni, ecc. Ma anche nelle orchestre più ricche e celebri (P. Whiteman e J. Hylton) il nucleo del jazz rimane intimamente il medesimo, conservandosene le ordinarie proporzioni interne e il risultato timbrico.
All'evoluzione del jazz verso uno stile più melodico e nel tempo stesso verso una più chiara polifonia, evoluzione favorita da P. Whiteman e realizzata dai compositori jazzistici F. Grofé e G. Gershwin, corrisponde un accostamento allo stile jazz da parte di alcune correnti della musica d'arte americana ed europea. Le novità e le risorse di quello stile sono così riprese e sviluppate nell'opera di maestri come I. Strawinskij, P. Hindemith, E. Krenek, L. Gruenberg, W. Grosz, A. Honegger, D. Milhaud, ecc. A riprova di tale interessamento, è da notarsi l'istituzione presso il conservatorio di Francoforte d'una cattedra di jazz.
Bibl.: M. Bauer, L'influence du Jazz-band, in Revue musicale, 1924; D. Milhaud, Jazz-band et instruments mécaniques, in Esprit nouveau, 1924; Numero speciale di Musikblätter des Anbruch, 1925; A. Baresel, Das Jazz-Buch, Berlino 1926; P. Whiteman e Mac Bride, J., New York 1926; A. Coeuroy e A. Schaeffner, Le J., Parigi 1926.