BAÏF, Jean-Antoine de
Di nobile famiglia angioina, nacque nel 1532 a Venezia dove il padre, Lazzaro (v.), ambasciatore del re di Francia, ebbe una relazione d'amore con un'ignota. A due anni, sostituito il padre da Georges de Selve nella carica in cui non aveva fatto ottima prova, fu condotto in Francia. Ancora fanciullo, fu affidato alla disciplina di Carlo Estienne e di Angelo Vergezio, che lo istruirono nel latino e nel greco, finché, inviato Lazzaro alla dieta di Spira nel maggio del 1540 per un'importante missione nella quale fu accompagnato dall'Estienne, il fanciullo venne affidato alle cure del grecista Toussain (Tusanus), "biblioteca parlante", presso cui rimase quattro anni. Dal Toussain passò alla scuola del grande umanista limosino Giovanni Dorat (v.), l'Auratus, e poi, sulla fine del 1547, entrò, insieme col Ronsard, al collegio di Coqueret, di cui il Dorat era stato nominato reggente. Il Dorat, dalla cui scuola, "come i Greci dal cavallo di Troia", uscirono i più grandi dei poeti francesi del Cinquecento, fu un meraviglioso suscitatore ed eccitatore di energie, e celebre, a questo proposito, è il passo di Claudio Binet, biografo del Ronsard: "Egualmente non possiamo dimenticare l'estremo desiderio col quale questi due futuri ornamenti della Francia si davano allo studio: perché Ronsard, abituato a vegliare fino a tardi a Corte, studiava sino a due ore dopo la mezzanotte, e, coricandosi, svegliava Baïf, il quale si levava e prendeva la candela e non lasciava raffreddare il posto". Morto Lazzaro, Giannantonio, rimasto solo, continuò con uguale ardore i suoi studî: talvolta lo si vide assistere alla lezioni di Marc'Antonio Mureto al collegio del Cardinale Lemoine. Questa vita studiosa, allietata dai dotti conversari con gli amici della Brigade e poi della Pléiade, era, a quando a quando, interrotta da qualche viaggio. Nel 1562 fu per cinque mesi a Trento, al seguito del cardinale di Lorena, per il concilio. La sua valentia e il nome che egli portava lo resero caro a Enrico II, a Caterina de' Medici, a Francesco II, a Carlo IX, a Enrico III. Fu curiosissimo, nell'ardore di rinnovare l'antica poesia, di metrica e di versificazione, e, primo dei poeti della Pléiade, usò l'alessandrino. Il suo nome è legato al tentativo di creare, sull'esempio dei Greci e dei Latini, "versi misurati". Come quasi tutta l'opera della Pléiade, anche questo tentativo deriva dall'Italia e dall'uso italiano di accordare i versi alla musica. Il B., bravo musicista, capace di cantare i suoi versi sul liuto, volle dare alla Francia una poesia "barbara", sull'esempio di quanto avevano già fatto da noi Leon Battista Alberti, Bernardo Tasso, Luigi Alamanni, Claudio Tolomei. Propose, così, una riforma dell'ortografia conforme alla pronunzia e stabilì le regole sulla quantità delle sillabe, di cui diede un'applicazione pratica nelle Etrénes de Poézie Fransoéze en vers mézurés. In questa riforma, in cui si può vedere una prima anticipazione di quello che farà trent'anni dopo la celebre Camerata dei Bardi, il B. ebbe a collaboratori varî musicisti, come il Thibault, il Mauduit, Orlando di Lasso, Claude le Jeune e altri. Dall'unione delle due arti sorelle, onde il poeta sognava una resurrezione del teatro antico, sorse, nel novembre del 1570, l'Académie de poéśie et de musique, della quale si dichiarò protettore e primo uditore Carlo IX. L'accademia, che teneva i suoi concerti ogni domenica in casa del B. o al collegio di Boncourt, subì varie vicende. Travolta dalla San Bartolomeo, fu trasformata, alla morte di Carlo IX, in Académie du Palais, trattando, con Enrico III, problemi di morale e tenendo le sedute nel Louvre.
Gli ultimi anni della vita del B. furono oppressi dalla povertà e dall'oblio. Morì nel 1589.
Opere: Amours (1552), Amour de Francine (1555), Le premier des Météores (1567) tratto dal Pontano, Poèmes (1573), diciannove egloghe, una eccellente traduzione dell'Antigone sofoclea (1565), del Miles plautino (Le Brave, 1567), dell'Eunuco terenziano (1573), i Devis des Dieux, traduzione di nove Dialoghi degli dei di Luciano, cinque libri di Passe-temps, la traduzione di centocinquanta Salmi musicati dal Mauduit, dei Carmina e, infine, l'opera sua più bella, quattro libri di Mimes (1581) contro gli ugonotti (Œuvres en rime de J. A. de Baïf, ed. Ch. Marty-Laveaux, voll. 5, Parigi 1882-1891).
Bibl.: M. Augé-Chiquet, La vie, les idées et l'oeuvre de J.-A. de B., Parigi 1909.