DESMARAIS, Jean-Baptiste-Frédéric
Nacque verso il 1756 a Parigi, dove studiò pittura con G-F. Doyen, come si ricava dal suo brevet di pensionnaire redatto il 23 febbr. 1786 (Correspondance..., 1906, XV, p. 77).
Tale brevet è l'unica fonte sicura su questo personaggio dalle origini enigmatiche. Secondo una tradizione più tarda egli avrebbe sposato una modista e, prima di consacrarsi alla pittura, sarebbe stato segretario d'ambasciata in Svezia (Fiorillo, 1805; Nagler) o in Svizzera (Thieme). In effetti nella corrispondenza del direttore dell'Académie de France a Roma, F. G. Méneageot, si fa spesso riferimento alla insufficienza della formazione del D. anche se un disegno firmato e datato 1785 con la Morte di Pirro (Parigi, Louvre) fa onorevolmente riferimento al suo maestro, il cui nome è scritto sulla montatura. Nel 1785 il D. fu classificato secondo al concorso dell'Académie royale di Parigi con un quadro rappresentante Orazio che uccide la sorella Camilla (Parigi, Ecole des beaux-arts; bozzetto a Montpellier, Musée Fabre), ma poté usufruire del primo premio del 1783, tenuto in riserva, che gli diede diritto a una pensione regia. Un vero intrigo, fomentato dal premier peintredu Roi, Jean-Baptiste Pierre, che avrebbe preferito G. Lethière al D., lo costrinse a posticipare sino al 1786 la sua andata a Roma, dove giunse nel settembre senza nemmeno aspettare l'indennità di viaggio; abitò in palazzo Mancini sino al settembre 1790.
Ebbe così inizio un periodo fecondo, sul quale sono numerose le notizie grazie alla corrispondenza e ai rapporti ufficiali, oltre che al Giornale di belle arti che dà conto delle esposizioni annuali dei pensionnaires (1787, p. 271; 1788, p. 223). A quella del 1787 Goethe (Italienische Reise, 28 agosto) ammirò un Pindaro morente nelle braccia di Teossena del D., che nell'anno successivo espose un Paride col pomo in mano e due schizzi (La morte di Cleopatra, e un "Convito che fece Didone ad Enea") insieme a tre composizioni disegnate (Minerva che riporta Ulisse in Italia, Suicidio di Lucrezia, Cornelia madre dei Gracchi).
Per i giovani pensionnaires la copia era l'esercizio più importante dei tirocinio: nella Correspondance si ricordano, del D., una copia dal Caravaggio (1788), un Ecce Homo e uno degli affreschi del Domenichino in S. Gregorio al Celio (Martirio di s. Andrea) che furono inviate nel 1789 a Parigi per essere giudicate. Nonostante la rivoluzione, il D. continuò ancora, nel 1790, a inviare opere da Roma: studi di teste, uno schizzo derivato dal disegno del 1788 con la Morte di Lucrezia (Montpellier, Musée Fabre) e un Teseo che ritrova le armi del padre, ispirato dal quadro di Poussin con lo stesso soggetto. Due quadri firmati, Gli Orazi (Christie's, catal. di vendita, Londra, 2 dic. 1977) e Bruto (Belgrado, Museo nazionale) documentano la presenza, ancora nel 1792, del D. a Roma, dove restò per sfuggire alla tempesta rivoluzionaria.
Ma nel 1793, come tutti i francesi, dovette fuggire da Roma, rifugiandosi in Toscana, dove è segnalato da Fr. Cacault la prima volta il 26 aprile e ancora il 13 sett. in compagnia della moglie e della cognata (Correspondance..., 1907, pp. 287, 325). Il 15 genn. 1794, davanti alla Société populaire des arts, veniva denunziato pubblicamente da J.-B. Wicar come sostenitore dell'ancien régime e amico di artisti reazionari, tra i quali L. Gauffier, del quale adotterà la figlia Faustina, rimasta orfana nel 1801, e lo scultore B. Corneille, del quale sposerà in seconde nozze la vedova Orsola Norchi. Di nuovo nel febbraio del 1795 il Cacault menziona (Correspondance, 1907, p. 393) questo "Pensionnaire d'un certain talent" che nonostante la sua miseria "mérite peu d'intérêt comme patriote". Effettivamente tra il 1793 e il 1795 pare che il D. per sopravvivere abbia lavorato, insieme al Corneille, per la Società Inghirami di Volterra insegnando disegno agli operai e abbia disegnato lui stesso alcuni modelli. Nel 1794 è segnalato a Pisa (Lapauze, 1903) per dipingere una Decollazione del Battista (dispersa) destinata alla chiesa di S. Giovanni in Spazzavento (distrutta nel 1944). Soltanto il 21 luglio 1797 il D. riuscì ad essere nominato "professore assistente alla scuola del nudo" presso l'accademia di belle arti di Firenze dove furono suoi allievi G. Bezzuoli, N. Monti e F. Nenci.
È del 1797 il ritratto della Famiglia Roncioni (tuttora presso la famiglia nella villa di Pugnano, Molino di Quosa) che permette di attribuirgli un altro conversation piece proveniente dalla coll. Praz (Roma, Galleria naz. d'arte moderna; Le stanze della memoria [catal.], Roma 1987, n. 44) del quale non si sono riconosciuti i personaggi. In questo stesso periodo il D. eseguì la copia (Montpellier, Musée Fabre) del quadro del Poussin con Teseo che ritrova le armi del padre, che era stato acquistato a Parigi dal granduca nel 1793; il soggetto era assai caro al D. che già nel 1790 ne aveva tratto uno studio di anatomia basandosi su una incisione. Intorno al 1800 il D. ricevette due importanti commissioni per Pistoia: una Assunzione per il palazzo vescovile (in loco; schizzo a Montpellier, Musée Fabre) e un ciclo di affreschi per casa Tolomei, dove, mentre D. Boguet decorava una sala con paesaggi, il D. dipingeva sulla volta e sulle pareti di un'altra episodi delle Gesta di Achille e di Ettore (pare siano spariti sotto lo scialbo dopo che il palazzo, nel 1888, è diventato convento delle benedettine; presso la famiglia Tolomei erano conservati schizzi; cfr. F. Tolomei, Guida di Pistoia, Pistoia 1821, p. 126).
Ma con tutto questo, il successo del D. non era ancora assicurato: nel 1803 sollecitò invano (gli fu preferito P. Benvenuti) il Posto di professore di pittura presso l'accademia di Firenze; nel 1804 fu interpellato per l'esecuzione dell'ultimo quadrone per la navata della cattedrale di Pisa, che alla fine fu invece dipinto da G. Collignon nel 1812 nonostante le proteste del Desmarais.
Con l'avvento di Napoleone il D. riannodò i contatti con la Francia e la sua reputazione ne guadagnò: il direttore dell'Accademia di Francia a Roma gli raccomandò due allievi di Ch. Percier e P.-F. Fontaine che erano andati a Firenze a fare rilievi, A. Famin e A. Grandjean de Montigny, che nella prefazione della loro Architecture toscane (Paris 1815) ringraziano il D. per la sua disponibilità e ricordano la stima della quale godeva in Toscana. Da una lettera del generale H. Clarke a F.-X. Fabre datata 1806 sappiamo che in quel periodo il D. era in rapporti con il generale e in quello stesso anno inviò a Parigi, per il Salon, due quadri: Cleombrote assalito da Leonida nel tempio di Nettuno e Briseide rapita da Achille (di quest'ultimo soggetto esiste nel Museo Fabre di Montpellier uno schizzo datato Roma 1792).
Quando nel 1806 Elisa Baciocchi si mise a cercare artisti che dessero un soffio rigeneratore all'accademia di belle arti di Carrara, il D. si rivelò nei resoconti degli informatori come uno dei migliori candidati: "Egli gode in Firenze una delle prime reputazioni ed è del numero dei primi quattro pittori dell'Accademia Toscana"; i suoi due ultimi quadri danno prova "del suo genio singolare per l'invenzione, come ancora nel colorito e nel disegno" (Arch. di Stato di Lucca, Segr. di Stato, vol. 199, n. 133). È del 1807 il sipario del teatro di Sarzana. Il 25 luglio 1807 il D. fu nominato "professore di pittura e maestro di disegno" presso l'Accademia Eugeniana (Arch. di Stato di Massa, Leggi, vol. 10, n. 1534) e nel settembre dello stesso anno si trasferì da Firenze a Carrara; il 16 dicembre fu nominato vicedirettore del museo (Arch. di Stato di Lucca, Gran Giudice, vol. 114, n. 5015) e il 27 marzo 1809 (Ibid., vol. 138, n. 604) divenne vicepresidente dell'accademia, la cui vita era caratterizzata da continui conflitti degli artisti con Hector Sonolet, direttore della Banca Elisiana, oltre che da divergenze sul piano personale e su quello ideologico tra il D. e L. Bartolini.
Il D. seguiva gli allievi che volevano dedicarsi alla scultura ed alcuni di essi lo fecero con successo: C. Finelli, F. Fontana, R. Trentanove, A. Triscornia; il più celebre, P. Tenerani, fece eseguire in marmo un busto del D. da un bozzetto in terracotta del Corneille; anche il pittore Pietro Bonanni fu suo allievo a Carrara.
Per ringraziare la principessa della nomina e della protezione accordata alla figlia adottiva che veniva educata a Lucca presso l'istituto "Elisa", il D. disegnò nel 1808 un monumento (mai eseguito; Marmottan, 1901, ne vide il disegno nella residenza di Elisa a Villa Vicentina) che la rappresentava e celebrava la sua benevolenza verso l'accademia di Carrara; e l'anno seguente, in occasione del compleanno della sovrana e della sua prossima elevazione granducale, il D. ideò una vasta composizione, destinata ad essere incisa, che fu aspramente criticata da Sonolet (Il principato napoleonico dei Baciocchi..., 1984, n. 992).
Fu sempre il D. che ebbe l'incarico di progettare l'apparato funebre per Giovanni Fantoni, direttore dell'accademia, morto il 1º nov. 1807. Anche se si lamentava di essere troppo preso dai suoi impegni nell'ambito dell'accademia, il D. continuò a dipingere. Nel 1811 su consiglio del Fabre il Denon andò a Carrara per vedere un quadro del D. (ma non lo descrisse) e nel 1812 il pittore si recò a Pisa dove Elisa posò per lui due volte. Dopo la morte di Stefano Tofanelli, nel novembre dello stesso anno, il D. completò la decorazione a fresco di una delle sale della villa reale di Marlia.
Morì a Carrara il 30 maggio 1813. L'anno seguente la vedova spediva al Salon di Parigi un suo Edipoe Antigone.
Nel Gabinetto degli Uffizi sono conservati sei disegni del D. (provenienti dalla coll. Santarelli): uno di soggetto biblico (Agar nel deserto), un secondo ispirato alla storia romana (La partenza dei Gracchi) e quattro con soggetti omerici che potrebbero riferirsi ad affreschi non eseguiti in casa Tolomei a Pistoia. Tali disegni sono artisticamente coerenti con la pittura del D., in cui domina la grande scena morale e drammatica nella linea neoclassica allora trionfante. Anche se allievo di Doyen, il D. seguì le tracce di David che aveva appena dipinto il Giuramento degli Orazi quando il D. entrò nell'Accademia. Qualità dominante nella sua arte è l'immaginazione unita al senso della composizione: "La mente fertile di concetti storici e attitudine di distribuire la scena", come scriverà Missirini (1847) che per contro criticava severamente sia il disegno sia il colore del D. e la sua difficoltà a "rappresentare il grande al vero". La brutalità del tocco e il crudo realismo del suo Catone che si strappa le interiora gli fecero attribuire, a Firenze, il soprannome di "maestro delle budella".
Fonti e Bibl.: Carrara, Archivio della cattedrale, Lib. mort. 1799-1825, f. 139; Giornale delle belle arti, 1787, p. 271; 1788, p. 223; Regesto del carteggio privato dei principi Elisa e Felice Baciocchi. Archivio di Stato di Lucca, a cura di D. Corsi, Roma 1962, ad Indicem; Procès-verbaux de l'Académie Royale de peinture…, IX, Paris 1889; X, ibid. 1892, ad Indices; H. Lapauze, Procès-verbaux de la Commission générale des arts…, Paris 1903, p. 201, Correspondance des directeurs de l'Académie de France à Rome, XV, Paris 1906; XVI, ibid. 1907, ad Indices; J.J. Guiffrey, Lettres …, Paris 1907, p. 150; S. Bongi, Inventario del R. Archivio di Stato di Lucca, III, Lucca 1880, p. 267; D. Fiorillo, Geschichie der Mahlerey, Göttingen 1805, III, p. 427; Explication des ouvrages de peinture ... exposés au Musée Napoléon, Paris 1806, nn. 140 s.; Explication des ouvrages de peinture... exposés au Musée Royal des arts, Paris 1814, n. 306; T. Trenta, Notizie dei pittori... lucchesi, in Memorie e documenti per servire all'istoria del Ducato di Lucca, VIII, Lucca 1822, p. 192; G. K. Nagler, Künstlerlexikon, III, 1836, p. 506; M. Missirini, Celebrità italiane, Firenze 1847, p. 81; O. Raggi, Intorno alla storia dell'Accademia di belle arti di Carrara, Carrara 1869, pp. 15, 19; L. Dussieux, Les artistesfrançais à l'étranger, Paris 1876, pp. 425, 458; C. Lazzoni, Carrara e le sue ville, Carrara 1880, p. 147; P. Marmottan, Les arts en Toscane sous Napoléon. La princesse Elisa, Paris 1901, passim; H. Lapauze, Histoire de l'Académie de France à Rome, Paris 1924, I, ad Indicem; A. Joubin, Catalogue des peintures du Musée Fabre, Montpellier 1926, nn. 473-476, 713; B. Lossky, Oeuvres d'art françaises en Yougoslavie, in Bulletin de la Société de l'histoire de l'art français, 1938, p. 184; E. Fiumi, Aspetti inediti della fabbrica di alabastri di Marcello Inghirami-Fei, 1791-1799, in Rassegna volterrana, XIV (1942), p. 218; G. Hubert, La sculpture dans l'Italie napoléonienne, Paris 1964, ad Indicem; M. Praz, Scene di conversazione, Roma 1971, pp. 237, 240; Goethes Grafikammlung. Die Franzosen, Leipzig 1980, pp. 204, 214; P. Marandel, The Death of Camille, Guillaume Lethière and the 1785 Prix de Rome, in Antologia di belle arti, 1980-1981, pp. 12-17; L. Pellicer, Le peintre F.X. Fabre, tesi di laurea, Università Paris IV, facoltà di lettere, a. acc. 1981-1982; Ilprincipato napoleonico dei Baciocchi (1805-1814). Riforma dello Stato e società (Museo di Palazzo Mansi, catal.), Lucca 1984, n. 992; J. Garms, Der Bilderzyklus des 18. Jahrhunderts im Dom von Pisa, in Römische historische Mitteilungen, XXVI (1984), p. 437; M. Cozzi, Alabastro, Volterra dal Settecento all'Art déco, Firenze 1986, pp. 33, 52; U. Thieme-F. Becker, Künstlerlexikon, IX, p. 137.