LAMARCK, Jean-Baptiste-Pierre-Antoine de Monet de
Naturalista, nato a Bazentin presso Albert (Piccardia) il 1° agosto 1744, morto a Parigi il 18 dicembre 1829. Destinato alla carriera ecclesiastica, ottenne invece di farsi soldato e partì, giovanissimo, per raggiungere l'armata del duca de Broglie, che operava in Germania, verso la fine della guerra dei Sette anni, compiendovi atti di valore. Nel 1765 abbandonò le armi e fece ritorno al paese natio; poi si recò a Parigi, dedicandosi agli studî di medicina (1770). S'interessò di meteorologia e di botanica, divenendo ben presto intimo di Bernard de Jussieu, del quale fu discepolo e collaboratore. Escogitò il sistema delle "chiavi dicotomiche", che permette di giungere rapidamente alla determinazione delle specie, per via di successive eliminazioni; questo metodo fu poi largamente usato in tutte le opere di sistematica. Lo applicò a tutte le piante della Francia fino allora descritte, e compilò così la Flore Française (Parigi 1778; 4ª ed., a cura di A. P. De Candolle, Parigi 1826), a cui arrise subito un successo assai lusinghiero. Poco più che trentenne, L. conobbe la celebrità: nel 1779 fu fatto membro dell'accademia delle scienze, e nel 1781-82 incaricato di accompagnare il figlio del Buffon in un viaggio attraverso l'Europa. Al ritorno il L., che nel frattempo si era sposato, andò incontro invece a tempi tristi: ebbe la nomina a "Garde des Herbiers du Cabinet d'Histoire Naturelle" al Jardin des Plantes, con un magro assegno, ma dovette lottare contro insidie e avversità di persone e di governi per mantenere la carica, finché nel 1793 fu fatto nominare dal Daubenton professore di zoologia degli invertebrati al Jardin des Plantes, che di recente era stato convertito nel Muséum National d'Histoire Naturelle. Già cinquantenne, dovette così abbandonare lo studio della botanica e iniziarsi alla classificazione degl'Insetti, delle Conchiglie e dei Coralli, organizzando e ordinando il materiale che era accumulato in disordine al Muséum. Gli ultimi anni furono funestati da una dolorosa infermità, una debolezza di vista che divenne progressivamente cecità totale; anche la mente andò sempre più affievolendosi, finché si spense in lui ogni lume di ragione.
Da giovane, e poi ancora nel periodo in cui dovette prepararsi alla cattedra di zoologia che aveva conseguita, si occupò di fisica, chimica, meteorologia, e diede alla luce parecchie pubblicazioni, in cui dimostra però di non avere bene capito e assimilato i più recenti indirizzi della chimica e della fisica.
Fra le sue opere principali su questi argomenti, sono da ricordarsi: Recherches sur les causes des principaux faits physiques (Parigi 1794); Réfutation de la théorie pneumatique (1796); Mémoires sur la matière du feu et la matière du son (1799); Hydrogéologie (1802), in cui cerca di dimostrare l'importanza delle acque nella formazione della crosta terrestre; Annuaire météorologique, specie di almanacco di predizioni delle vicissitudini meteorologiche dell'annata, che pubblicò dal 1800 al 1810.
Dal giorno in cui ebbe inizio la sua carriera zoologica, si occupò attivamente dello studio degli Invertebrati, la cui classificazione era ancora molto confusa e incerta. Si interessò particolarmente dei Molluschi, viventi e fossili, acquistando ben presto, come zoologo e paleontologo, fama eguale a quella che, nei giovani anni, gli aveva procurata l'opera botanica. Preparava così i materiali per la sua grande Histoire naturelle des animaux sans vertèbres, di cui il primo volume fu pubblicato a Parigi nel 1815 (L. aveva allora 71 anni) e il settimo e ultimo nel 1822. La classificazione degl'Invertebrati da lui elaborata ed esposta in questo lavoro è, si può dire, quella tuttora adottata, essendo rimasta pressoché inalterata nelle sue grandi linee. Ma lo studio della sistematica degli animali e delle piante aveva condotto il L. a porsi problemi più generali, sulle caratteristiche della vita e sull'origine delle specie viventi: le sue idee al riguardo, già pubblicate, in parte, fin dal 1802 nell'introduzione a un suo piccolo Système des animaux sans vertèbres, furono poi ampiamente sviluppate nella Philosophie zoologique (Parigi 1809; 2ª ed., 1830; 3ª, 1873) e riaffermate nell'introduzione alla Histoire naturelle già citata. Sola visse presso i posteri immediati la memoria delle sue opere sistematiche, e soltanto dopo la comparsa del primo libro del Darwin (1859) fu riconosciuto tutto il valore delle teorie esposte nella Philosophie zoologique, e il nome del L. assurse a simbolo di un indirizzo contrapposto al darwinismo, il neo-lamarckismo (v. evoluzione). Molta parte nella riesumazione delle teorie lamarckiane spetta a E. Haeckel.
Attraverso il suo lavoro di classificatore, il L. giunse a riconoscere la possibilità di disporre le varie classi di animali, e le singole specie entro ciascuna di queste, secondo una scala di organizzazione che va dal semplice al complesso; idea ch'ebbero già Ch. Bonnet e altri naturalisti. Di qui l'idea dell'evoluzione, in cui pure il L. aveva avuto alcuni precursori, fra i quali chi ebbe più diretta influenza sul suo pensiero fu il Buffon. L'originalità del L. sta soprattutto nel tentativo di rendersi ragione delle cause del processo di modificazione della specie, creando così il primo sistema evoluzionistico, come parte di un sistema biologico generale, a tendenza meccanicista.
Nella Philosophie zoologique troviamo l'esposizione completa della dottrina evoluzionistica lamarckiana. La specie, che per Linneo e Cuvier è fissa e immutabile, è invece per L. "un insieme d'individui simili, che la generazione perpetua nello stesso stato, finché le circostanze non cambino tanto da farli variare". Due fattori fondamentali, secondo questa teoria, determinano la variazione degl'individui e la sua perpetuazione. Il primo è noto col nome di principio dell'uso e non uso; l'uso continuato di un organo lo fortifica e lo irrobustisce, mentre il non uso lo indebolisce e lo atrofizza. Il secondo è l'eredità dei caratteri acquisiti: le modificazioni acquisite sia per influenza dell'ambiente, sia per l'uso o il non uso, sarebbero trasmissibili ereditariamente, sicché, perdurando le condizioni che le determinano, le modificazioni si sommano attraverso le generazioni. Le cause dell'evoluzione, secondo il Lamarck, non sono tuttavia esclusivamente esterne, come potrebbe sembrare dalla lettura delle prime pagine della sua opera: da parte degli organismi v'è una tendenza a modificare gli organi secondo i bisogni, che determinerebbe un'accresciuta vitalità, un "orgasmo" e quindi un' "accelerazione del movimento dei fluidi" nella sostanza degli organi.
La poco favorevole accoglienza ch'ebbe la dottrina del L. fu dovuta alla recisa opposizione del Cuvier, che con indiscutibile autorità imperava nelle scienze zoologiche, e che poté facilmente dimostrare quanto vaghi, incerti, e spesso assurdi e fantastici fossero gli esempî scelti dal L. a dimostrazione della sua dottrina. Il lungo collo della giraffa sviluppatosi in seguito al bisogno di brucar foglie sempre più alte, la membrana natatoria dei palmipedi anch'essa prodottasi per il bisogno di nuotare, che si manifestò in alcuni uccelli costretti a fare vita acquatica, ecc., sono esempî troppo spesso ricordati perché convenga accennare ad altri.
L'opera del L., sebbene fosse passata ai suoi tempi quasi inosservata al mondo scientifico, ebbe un'indiscutibile influenza sul corso dello sviluppo del pensiero evoluzionistico, perché non la ignorarono certo i Francesi suoi contemporanei e immediati successori, che molto discussero sul trasformismo. È certo però che il Darwin elaborò la sua teoria indipendentemente e su principî totalmente diversi; ma poi, nelle successive edizioni dell'Origine delle specie, adottò in parte il lamarckismo. In tempi moderni il neo-lamarckismo diede importanza quasi esclusiva alle influenze dell'ambiente come fattori di evoluzione, escludendo ogni fattore interno; ma finora, nonostante gli sforzi fatti a varie riprese, e anche recentemente, il postulato fondamentale della teoria, l'ereditarietà dei caratteri acquisiti, non è stato dimostrato sperimentalmente (v. eredità; evoluzione; genetica).
Bibl.: L'opera fondamentale sul L. è quella di S. A. Packard, Lamark, the founder of evolution, his life and work, Londra 1901. Cfr. inoltre: E. Rádl, Geschichte der biologischen Theorien, Lipsia 1905; E. Nordenskiöld, Geschichte der Biologie, Jena 1926, e altri trattati di storia della biologia e della teoria dell'evoluzione. Profili destinati soprattutto al pubblico non specialista sono quelli di E. Perrier, Lamarck, Parigi 1925, e di L. Roule, L. et l'interprétation de la nature, Parigi 1927.