BOULANGER, Jean (Giovanni)
Figlio di Olivier, nacque a Troyes intorno al 1606. Il Malvasia, nella vita di Guido Reni, lo nomina tra gli allievi che il maestro bolognese trattenne nella sua bottega in un periodo che è possibile ricostruire intorno al 1623: è quindi indubbio che egli venne in Italia giovanissimo, nei primi anni del terzo decennio del secolo. Si esercitava probabilmente a fare le copie dal Reni citate dalle fonti (Malvasia; Pagani, p. 117). Non sappiamo in quale modo entrò in contatto con la corte di Modena; certo è che nel 1638 accompagnò Nicolò Molza alla ricerca di quadri del Correggio per conto del duca Francesco d'Este. Anzi fu il B. ad apprezzare il Riposo nella fuga in Egitto nella chiesa di S. Francesco a Correggio (oggi agli Uffizi), tanto che ne preparò una copia sostituita poi all'originale nottetempo, cosa che fu fatta con soddisfazione del duca.
Numerosi documenti, di cui molti già pubblicati dal Venturi (1917), testimoniano la presenza del B. a Sassuolo dal 31 ott. 1643 al 2 ag. 1655. È quindi ricostruibile la successione cronologica delle pitture a fresco e tele a olio con le quali il B. decorò la "delizia" estense, coadiuvato anche da altri artisti, come suo nipote O. Dauphin, P. F. Cittadini, B. Bianchi, G. G. Monti e altri. Dai documenti è anche ricavabile che nel 1644 il B. era a Roma, dove restò probabilmente sino alla prima metà del 1646, forse al servizio del card. Rinaldo d'Este. Infatti, in un camerino contiguo alla "camera del Genio" a Sassuolo esisteva un quadro del B. (ora perduto), che rappresentava "una commedia fatta in Roma in un giardino del ser.mo sig. principe Rinaldo d'Este di suo ordine..." (Descrizione delle cose... di Sassuolo ... 1724; ma già citata nell'inventario del 1679-80: cfr. Pirondini, pp. 32 s.). Da Roma il B. ritornò nel 1646, riportando "alcuni quadri", e altri ne andò a copiare a Bologna nello stesso anno.
Gran parte della decorazione del palazzo di Sassuolo è tuttora in loco e ampiamente documentata dal Pirondini; otto delle diciannove tele del B. che ornavano la "Camera delle fontane" (sostituite da copie della fine del secolo scorso) sono oggi proprietà dell'Accademia militare di Modena e di esse è in corso il restauro. Nel ciclo decorativo di Sassuolo la "Galleria di Bacco" (1650-51) rappresenta quasi il fulcro e il manifesto stilistico del pittore. Vi si fondono infatti armonicamente chiare derivazioni dai Carracci della Galleria Farnese con elementi di un "barocco" misurato e intellettualmente composto alla Andrea Sacchi - che il B. doveva aver visto a Roma - e con vari altri caratteri che possono essere definiti "europei": già nelle camere "della Magia" e "della Pittura" (1644-1646) era stato assimilato infatti quel sentimento poetico del paesaggio tipico del Poussin, del Dughet e, in un certo senso, anche di Claude Lorrain, che, negli affreschi posteriori, si dilaterà "nel contesto della serena umanità del suo spirito, nei chiari e delicatissimi toni dei suoi colori, nella cordiale, e talvolta, ironica fertilità del suo pensiero e dei suoi intenti" (Pirondini, p. 96).Delle altre opere che il B. dipinse negli anni di Sassuolo è documentata la Madonna in gloria col Bambino e sei santi in adorazione nella chiesa di S. Giorgio a Sassuolo (tela iniziata nel nov. 1646), dove è riconoscibile pur nella composizione su due piani, chiaramente derivata dal Reni, un personale tentativo di unità, il tutto pervaso da una luce e da un colore di marca prettamente veneta.
Verso la fine del 1648 o i primi del '49 il B. eseguì probabilmente la copia della Madonna Albinea del Correggio il cui originale, oggi disperso, fu come il solito sottratto dal duca (cfr., per i documenti, Pirondini, pp. 63 s.). Nel 1652 dipinse per il santuario di Fiorano un S. Nicolò da Tolentino con s. Nicola da Bari (bruciato nel 1670). Perduta è anche la Sacra Famiglia che, alla fine dell'anno seguente, dipinse per la cappella Bianchi nella chiesa di S. Francesco a Sassuolo. Non sappiamo con esattezza quando il B. lasciò Sassuolo: certo è che nella camera "della Fortuna" dipinse solo i dodici scudetti monocromi (per i soggetti, cfr. Pirondini, p. 60 n. 76) e che la decorazione fu completata da Pietro Galluzzi. Questa fu probabilmente l'ultima stanza dipinta dal B., che il 15 sett. 1656, a Modena, ricevette il pagamento per la pala di Fiorano. Da allora in poi, sempre da Modena, l'artista continuò a protestare per i mancati pagamenti dei suoi lavori al servizio del duca.
Probabilmente alla fine del 1656 il B. iniziò ad affrescare, con B. Bianchi, G. G. Monti e O. Dauphin, la villa delle Pentetorri a Modena (distrutta da bombardamento nel 1944).
Attribuito tradizionalmente al B. è il Martirio di s. Andrea nella chiesa di S. Agostino a Reggio Emilia, che può essere datato tra la fine del 1655 e gli inizi del 1656. Circa l'attività del pittore a Reggio Emilia, gli si possono assegnare i due affreschi con Elia sul carro di fuoco e il Profeta Abacuc trasportato da un angelo nell'ala nuova del palazzo vescovile, che fu fatta costruire tra il 1651 e 1654 da quello stesso cardinale Rinaldo d'Este presso il quale il B. era stato a Roma.
Tra le opere disperse si ricordano, a Modena: S. Eufemia con i leoni, già nella chiesa dedicata alla santa; S. Lodovico e s. Casimiro in adorazione della Vergine, già nella chiesa di S. Marco evangelista; S. Eligio,s. Geminiano e la beata Vergine, già nella chiesa dei Ss. Giacomo e Filippo; gli affreschi del palazzo ducale (questi ultimi descritti nell'Inventario riportato dal Venturi, 1883); inoltre, l'Assedio di Valenza già nel palazzo di Sassuolo.
Del pittore sono rimaste, a Modena, solo tre tele: il Transito di s. Giuseppe, assai deteriorato, che è tuttora nella chiesa di S. Bartolomeo; la copia (1659) della Madonna di S. Sebastiano del Correggio, ora nella chiesa di S. Maria della Pomposa; il Guerriero con cavallo della Galleria Estense. Numerosi disegni (conservati nella Galleria Estense di Modena) gli si possono attribuire sulla scorta di un inventario compilato nel 1751 già citato nel Campori (cfr. Pirondini, p. 91 s.).
Il B. fece testamento a Modena il 21 luglio 1660, lasciando erede universale suo nipote Olivier Dauphin (Pirondini, p. 95 nota 1): tra i testimoni erano G. G. Monti, che già era stato suo collaboratore a Sassuolo, e Sigismondo Caula, il suo migliore allievo.
Morì tre giorni dopo, il 21 luglio 1660.
Fonti e Bibl.: Lo studio di M. Pirondini., G. B., Modena 1969 (estr. dalla rivista Modena, nov. 1969), contiene una completa bibliografia e la trascrizione delle fonti. Ci limitiamo qui a elencare quelle voci che vengono citate all'interno del testo: Modena, Bibl. Estense, R. 9. 16: A. M. Lazzarelli, Pitture delle chiese di Modena, ms. [1714], pp. 19, 72, 77, 93, 243; Archivio di Stato di Modena, Arch. per Materia,Arti belle,Cose d'arte, cass. 19/2: Descrizione delle cose notabili di Sassuolo fatta l'anno 1724; G. F. Pagani, Lepitture e sculture di Modena, Modena 1770, pp. 19, 25, 67 s., 89, 104, 110, 117, 172, 198; P. Donati, Descrizione della città di Parma, Parma 1824, p. 97 (gli attribuisce i dipinti che ornavano la sala d'armi del collegio di S. Caterina detto dei Nobili, distrutti nel 1844); C. C. Malvasia, Felsina Pittrice, II, Bologna 1841, p. 24; G. Campori, Gli artisti ital. e stranieri negli Stati estensi, Modena 1855, p. 94; A. Venturi, La regia galleria estense..., Modena 1883, p. 404; Id., Affreschi nella delizia estense di Sassuolo, in L'Arte, XX (1917), pp. 65 s.; A. Piccinini, Guida di Reggio nell'Emilia, Reggio Emilia, 1931, pp. 18, 22, 24, 61, 185; U. Thieme-F. Becker, Künstlerlexikon, IV, p. 446.