BOULOGNE, Jean (in Italia, Giovanni Bologna; Giambologna)
Nacque a Douai nel 1529 (e non nel 1524). Di origine fiamminga (Douai era la quarta città della contea delle Fiandre), e probabilmente artigiana (sembra che suo padre fosse muratore, intagliatore e scultore), era di carattere deciso, intraprendente e tenace. Contrariamente ai desideri del padre, che lo voleva avviare agli studi letterari e alla professione di notaio, divenne allievo di J. Dubroeucq, scultore e architetto, che era stato in Italia e che realizzò in quegli anni (sino al 1550 circa) il jubé e un altare per la collegiata di S.te Waudru a Mons.
Parecchi autori fissano erroneamente ad Anversa la sede del suo apprendistato (Desjardins). Probabilmente, comunque, il B. vide le decorazioni per La joyeuse entrée de Philippe II à Anvers en 1549 e le incisioni tratte da Pieter Coucke e da Cornelius Floris. Altrettanto erroneamente si indica quest'ultimo (Desjardins, p. 14) come suo compagno di viaggio in Italia, dal momento che il Floris era già stato in Italia nel 1538 e che mancano notizie sicure di un altro suo viaggio.
Il viaggio in Italia del B. ebbe luogo verso il 1550; si può escludere un suo soggiorno a Fontainebleau. Rimase a Roma due anni, studiando con passione gli antichi, Raffaello e Michelangelo. Narra il Baldinucci (p. 112) che, avendo mostrato a quest'ultimo un suo bozzetto, questi lo corresse dicendo: "Or va' prima ad imparare a bozzare, e poi a finire": osservazione significativa se si pensa all'aspetto levigato delle sculture del Giambologna.
Verso il 1553, sulla via del ritorno, il B. passò per Firenze, dove incontrò Bernardo Vecchietti che, apprezzando il lavoro del giovane artista, lo prese sotto la sua protezione e l'introdusse verso il 1558 al servizio dei Medici: vi rimase con Cosimo I e Francesco e poi con Ferdinando I fino alla sua morte. Nel 1560 partecipò al celebre concorso per il Nettuno a Firenze: "Non pensava già maestro Giovan Bologna d'avere a fare il gigante di marmo, ma voleva almeno mostrare la sua virtù e farsi tenere per quello ch'egli era" (Vasari, VI, p. 191).
Con l'autorizzazione di Cosimo I, soggiornò a Bologna, per eseguire la Fontana del Nettuno, dal 1563 fino al gennaio del 1567, con un'interruzione nel 1565 in occasione delle nozze di Francesco de' Medici con Giovanna d'Austria (cfr. [G.B. Cini], Descrizione... [1566], in Vasari, VIII). Il granduca Francesco però non gli accordò più il permesso di lasciare Firenze a lungo: il B. non avrebbe rivisto i Paesi Bassi che d'altra parte in quell'epoca vivevano i momenti più tragici della loro storia. Da questo momento il B. lavorerà soprattutto per Francesco de' Medici: fontane e sculture monumentali come pure statuette di bronzo o di metalli, preziosi. Le opere destinate altrove (Lucca, Genova, ecc.) venivano eseguite a Firenze, in parte dai giovani della bottega.
Alla morte di Francesco (1587) il B. restò al servizio di Ferdinando I, dal quale era molto stimato.
L'imperatore Rodolfo II gli concesse il titolo di nobile nel 1588 (Desjardins, pp. 172-74) e il papa, nel 1599, lo nominò cavaliere di Cristo. Aveva sposato una certa Ricca di Bologna, ma "presto ne restò vedovo senza figliuoli" (Baldinucci, VIII, p. 146; cfr. Desjardins, p. 45); sperava quindi che uno dei suoi nipoti avrebbe rilevato la sua bottega a Firenze. Nel 1593, essendosi recato a Milano con sua sorella e suo cognato che erano venuti in Italia per discutere con lui proprio di questo argomento, si spinse fino a Venezia dove fu accolto cordialmente dal Tintoretto. Il 1º sett. 1605 fece testamento (Dhanens, 1956, pp. 373 s.) designando B. Gondi esecutore testamentario; a Pietro Tacca, tutore di un bisnipote nominato erede, lasciò la sua casa.
Era conosciuto in tutta l'Europa occidentale e aveva allievi provenienti da tutti i paesi, ma soprattutto da quelli transalpini. Furono suoi allievi tra gli altri M. Naccherino, i Piccardi, P. della Motte, H. Mont, G. Bandini, F. e G. della Bella, P. Francavilla; A. de Vries, H. Gerhard, H. Reichle, A. Susini e P. Tacca.
Il B. morì a Firenze nella sua casa di borgo Pinti il 13 ag. 1608 e fu sepolto nella sua cappella all'Annunziata.
Di bassa statura, il B. era dotato di una grande capacità e resistenza lavorativa. Era fiero e avido di gloria, ma generoso e servizievole. Le sue fattezze ci sono note attraverso molti ritratti: L'artista nel suo studio (collezione Crawford and Balcarres, Scozia); ritratto a mezzo busto attribuito a Iacopo Bassano o a Hans van Aken (Parigi, Louvre); incisione con cornice allegorica di Gijsbrecht van Veen, 1589 (Bruxelles, Cabinet des Estampes); disegno di Hendrik Goltzius, 1591 (Haarlem, Teyler Museum); busto in alabastro con testa in bronzo, di P. Tacca, 1608 (Parigi, Louvre; cfr. Dubrulle); F. Zuccari, che era suo amico, lo ritrasse nella cupola del duomo di Firenze (cfr. D. Heikamp, in Paragone, XVIII [1967], 205, p. 50 ill. 15). Altri ritratti ricordati dalle fonti sono dispersi.
Diamo un elenco delle più importanti opere del B. cercando di raggrupparle in ordine cronologico; quando non è indicato il luogo, s'intende Firenze. Gli si possono attribuire come opere giovanili: Mons, chiesa di S.te Waudru, due statue di alabastro, David e Mosè, eseguite nello studio di J. Dubroeucq e appartenenti in origine al jubé della stessa chiesa; una cartella di disegni tratti da monumenti antichi, da Raffaello e da Michelangelo, durante il soggiorno del B. a Roma tra il 1550 e il 1553, è conservata a Cambridge, Trinity College Library. Dei primi anni fiorentini: il Bacco in bronzo di Lattanzio Cortesi (Bargello), qualche lavoro di scultura decorativa per palazzo Grifoni, il progetto per l'oratorio di S. Niccolò del Ceppo (1561-63; Bocchi-Cinelli, p. 393), il busto in marmo di Giove nel giardino di Boboli.
Prime opere per i Medici: la pietra ornata con lo stemma gentilizio di Cosimo I per la loggetta del Vasari nel palazzo di Parte Guelfa (1558-59), il busto in bronzo di Cosimo I (Uffizi) e sicuramente la deliziosa fontana dei Piccoli pescatori (Bargello). Il bozzetto del Nettuno (Londra, Victoria and Albert Museum) risale probabilmente al concorso del 1560. A questa data avrebbe già terminato una statua in marmo di Venere e una di Galatea (Borghini, p. 568) di cui si è perduta ogni traccia. La prima opera monumentale del B. - al quale può essere attribuita anche l'esecuzione definitiva - è la fontana del Nettuno a Bologna (1563-1567), sul cui zoccolo sono quattro putti che sostengono dei delfini, quattro nereidi, e numerosi ornamenti di foggia fantastica. Il bozzetto in bronzo del Nettuno si trova al Museo civico di Bologna.
In occasione del matrimonio di Francesco de' Medici il B. realizzò tre opere in bronzo: "un Mercurio di bronzo grande come un fanciullo di 15 anni, il quale insieme con una historia di bronzo, e una figurina pur di metallo fu mandato all'Imperadore" (Borghini, p. 587). L'originale del Mercurio sembra sia andato perduto; tuttavia esistono un bozzetto ridotto (conservato al Museo civico di Bologna) e la grande replica, eseguita nel 1580 per la villa Medici di Roma (Firenze, Bargello), oltre a varie repliche di dimensione ridotta per non parlare delle copie tarde. La "historia" è stata identificata (Tietze-Conrat) con il Rilievo allegorico del Kunsthistorisches Museum di Vienna; la "figurina" con una statuetta di Venere dopo il bagno dello stesso museo. In occasione dell'ingresso a Firenze dei giovani sposi, il 16 dic. 1565, il B. eseguì opere effimere di cui si è conservata solo la Fiorenza dell'Accademia (replica in marmo, del 1570, al Bargello); per il battesimo di Leonora, durante il carnevale 1568, eseguì dei "colossi" (cfr. Nagler).
Tra le opere che il B. eseguì per Francesco de' Medici possono essere segnalate: la fontana con Sansone che atterra il Filisteo (vasca nel parco di Aranjuez; gruppo marmoreo e una delle scimmie di bronzo a Londra, Victoria and Albert Museum); gli Uccelli che ornavano una grotta della villa di Castello (Museo nazionale); l'Apollo in bronzo dello studiolo di Palazzo Vecchio. Un gran numero di statuette eseguite in metallo prezioso sono perdute, tra cui Le fatiche di Ercole, statuette femminili, ecc., ma le composizioni sono note attraverso repliche o copie in bronzo. Tra la massa di statuette che vengono attribuite al B. possono considerarsi certamente autentiche l'Astronomia (Vienna, Kunsthistorisches Museum), la Venere accovacciata, l'Ercole con la mazza, il Cristo alla colonna, il piccolo Suonatore di cornamusa, il Nano Morgante sul drago (tutti al Museo nazionale), il Centauro che rapisce Deianira (Parigi, Louvre, e Huntington Art Gallery, di San Marino, California).
Per il giardino di Boboli eseguì la fontana dell'Oceano (in marmo, 1567-1575; la statua originale è al Museo nazionale) - vasca colossale e zoccolo con tre figure accovacciate che impersonano tre fiumi e con tre rilievi di soggetto mitologico - e la Venere della Grotticella, in marmo. Per la villa di Pratolino eseguì, tra l'altro, il gigantesco Appennino, che forma grotta e fontana insieme (bozzetto al Museo nazionale e variante a Londra, Victoria and Albert Museum).
Nella loggia dei Lanzi a Firenze è il famoso gruppo marmoreo con il Ratto delle Sabine (1582; modello in stucco all'Accademia), sul cui zoccolo è un rilievo con lo stesso soggetto; l'opera suscitò un'ondata di entusiasmo e una serie di poemi elogiativi pubblicati da M. Sermatelli (Alcune composizioni di diversi autori in lode del Ritratto della Sabina scolpito in marmo..., Firenze 1583). Un Ratto con due figure, in bronzo, sembra essere il punto di partenza del gruppo a tre figure (Napoli, Capodimonte, e Vienna, Kusthistorisches Museum).
I piccoli rilievi in oro (palazzo Pitti; bozzetti al Museo nazionale), originariamente ideati per un mobile scrittoio (Borghini, p. 610), illustrano in maniera idealizzata ed eroica la vita e le gesta del granduca Francesco. Bernardo Vecchietti, amico e protettore del B., ne possedeva "molte opere e bellissimi modelli di cose diverse" (Vasari, VII, p. 630), attualmente dispersi. Vicino alla villa del Riposo (Grassina, Bagno a Ripoli) il B. eseguì una grotta dall'architettura fantastica (1571-1572); la statua della Fata Morgana che ne adornava la fontana, descritta dal Borghini (pp. 250 s.), è andata perduta. A Firenze progettò il palazzo Vecchietti (1578) con particolari decorativi caratteristici, tra cui la Maschera Vecchietti (bozzetto a Londra, Victoria and Albert Museum) e il Diavolino di bronzo (l'originale è attualmente a Palazzo Vecchio). Nel 1578-89 apportò modifiche alla villa del Riposo e alla chiesa di San Donato dei Vecchietti (demolita).
In questo periodo di intensa attività il B. eseguì anche parecchie opere di carattere religioso: il piccolo Crocifisso d'argento (cm. 23,8 × 20,3), realizzato nell'anno 1573, che la granduchessa Giovanna d'Austria lasciò a Loreto (oggi palazzo del vescovado), dove si era recata in pellegrinaggio nello stesso anno (cfr. Archivio di Stato di Firenze, F. Settimanni, Diario Morentino, III, pp. 598 s. [18 apr.-9 maggio 1573] è prototipo di numerosi crocifissi di vario formato eseguiti dall'artista e dai suoi allievi. L'Altare della libertà, 1577-1579 (Lucca, duomo), è una composizione architettonica con tre statue di marmo: un Cristo risorto,s. Pietro e s. Paolino;ai lati del timpano due Putti con gli strumenti della Passione (cfr. Dhanens, 1963); il Bambino degli Innocenti in marmo del Museo di Douai sembra esser stato compiuto nello stesso periodo (Dhanens, 1956, p. 166).
La cappella funeraria di Luca Grimaldi nella chiesa di S. Francesco a Genova (1579-1595) è distrutta, ma se ne conservano i bronzi all'università di Genova. Il modello in stucco della statua della Carità (Firenze, SS. Annunziata) dimostra che le sei statue sono state eseguite e interpretate da un allievo da identificarsi con Adriaan de Vries (e non Francavilla). I rilievi con Episodi della Passione, viceversa, sono sicuramente del B. (bozzetti a Londra, Vietoria and Albert Museum; repliche nella cappella funeraria del B. all'Annunziata di Firenze, e ad Augusta nella chiesa degli Scalzi [Peltzer], altre più tarde a Monaco, Museo naz.). La cappella Salviati in S. Marco a Firenze (1579-1588) è quasi completamente opera di bottega e le sculture di marmo sono del Francavilla; il modellino in bronzo di S. Giovanni Battista è a S. Maria degli Angiolini. D'altronde il B. metteva spesso i suoi modelli a disposizione degli allievi, come è il caso del Francavilla per la cappella Senarega nella cattedrale di Genova e per quella Niccolini in S. Croce a Firenze.
Dopo la morte di Francesco (1587), il nuovo granduca Ferdinando, fin allora cardinale, stabilì, nel quadro della sua politica, di glorificare la famiglia dei Medici facendo eseguire una serie di statue commemorative per le quali il B. diede i bozzetti ma che furono realizzate in marmo dal Francavilla (Pisa, Arezzo). L'opera più importante di questo periodo è la Statua equestre di Cosimo I in piazza della Signoria (1588-1599); la prima idea, tuttavia, sembra precedente. I due bronzi del Museo nazionale possono essere considerati studi preliminari, come il bozzetto e il cavallino in movimento ma soprattutto lo studio anatomico della donazione, Loeser (Palazzo Vecchio). La fusione del cavallo e del cavaliere riuscì perfettamente sia dal punto di vista tecnico sia dal punto di vista artistico. I rilievi dello zoccolo, eseguiti dopo il viaggio a Venezia, dimostrano un notevole rinnovamento nella forza creatrice dell'artista. La fama di quest'opera procurò al B. la commissione di altri tre monumenti equestri che furono eseguiti dai suoi allievi Pietro Tacca e P. Francavilla: quelli di Ferdinando nella piazza della SS. Annunziata, di Enrico IV sul Pont-Neuf a Parigi (cfr. Haskell, p. 274) e di Filippo III nella piazza Mayor di Madrid (cfr., per il soggetto, L. O. Larsson, An equestrian statuette ..., in The Register of the Mus. of Art. The Univ. of Kansas, IV[1969], pp. 5-16).
Nello stesso tempo aumenta il numero delle opere religiose, molte delle quali sono andate perdute: alcune statuette destinate ad altari (certosa di Firenze), opere di devozione come il Cristo morto (già sacrestia di Santo Spirito a Firenze) o statuette che furono doni personali di Ferdinando a S. Giovanni in Laterano (i due S. Giovanni in argento, fusi probabilmente all'epoca del trattato di Tolentino; cfr. Desjardins, p. 154) e alla contessa di Lemos (i Quattro evangelisti). Siconservano: i due rilievi (1588) per l'altare del Santo Sepolcro a Gerusalemme; l'altare a doppia fronte dell'ospedale di S. Maria Nuova (1591; dal 1895 in S. Stefano); il S. Luca in bronzo di Orsanmichele (1597-1602), il S. Matteo di Orvieto (1597-1600, Museo del duomo), tradotto in marmo dal Francavilla; la statua inginocchiata del cardinale di Siviglia Don Rodrigo de Castro (1597, Instituto Monforte de Lemos); i Due angeli porta-candelabro (1601) e il Crocifisso del duomo di Pisa, dove il B. venne incaricato di compiere la supervisione dei lavori in bronzo dopo l'incendio della cattedrale nel 1590 (Tanfani-Centofanti, p. 165). L'ultima grande opera profana è l'Ercole che abbatte il centauro (1594-1599), sistemata nella loggia dei Lanzi.
Come architetto, il B. non svolse una attività di grande rilievo, ma mostra originalità e qualità decorativa: oltre alle opere citate, fece un progetto per la facciata del duomo (1587; Firenze, Museo dell'Opera) e si occupò della trasformazione del tempio donato da Giulio Scali all'Accademia (cfr. C. J. Cavallucci, Notizie storiche intorno alla R. Accad. ...di Firenze, Firenze 1873, pp. 36 s.) e della sua casa a borgo Pinti, oltre che della sua cappella funeraria: la cappella del Soccorso all'Annunziata (1594-1599).
L'organizzazione della bottega del B. e il grande numero dei collaboratori, allievi e imitatori, pone lo storico dell'arte di fronte al problema del grado di autenticità delle sue opere.
Le opere della scuola, che fino al sec. XVII inoltrato erano state considerate o sue, o eseguite su suo bozzetto, hanno enormemente falsato il giudizio critico sulla sua arte, che secondo la terminologia corrente va inclusa nel "manierismo"; ma è sul significato di questa definizione che bisognerebbe prima intendersi. Le sue opere più personali sono i bozzetti in terracotta, cera, stucco, e i bronzi a cera perduta, le prime opere di marmo e in generale tutte le opere in bronzo.
Prodotto composito di origine fiamminga e di educazione italiana, il B. è stato il grande intermediario tra Michelangelo e Bernini. La sua tecnica caratteristica consiste nel plasmare materiale malleabile più che nello scolpire materiale duro. Le sue sculture sono per lo più destinate a essere viste da ogni parte, offrendo, come insegnava Cellini, quaranta punti di vista diversi, mentre le sculture in nicchia sembrano voler uscire dalla loro cornice. Le sue composizioni, dai contorni fermi e rigorosi, si inquadrano per lo più in forme geometriche che si assottigliano verso la base. Le pose e i movimenti sono studiati in un equilibrio piuttosto instabile esprimente uno stato di tensione che suggerisce la possibilità del moto.
Il B. cerca di rappresentare un'anatomia umana ideale non solamente secondo le regole e i modelli antichi, ma anche in base al vero. Non è vano ricordare, a questo proposito ciò che Vesalio, suo compatriota, aveva realizzato a Padova, una generazione prima, nel campo dell'anatomia scientifica. La ricerca di perfezione si esprime nel realismo dei particolari, per esempio i capelli, le unghie, ecc. A dispetto della erudizione letteraria del suo tempo, il B. dimostra un'immaginazione artistica ricca e fervida dominata talvolta da forme fantastiche e non priva di senso dell'umorismo in alcuni particolari, che contrastano con il sentimento quasi sempre eroico dei suoi "pezzi di bravura". Nelle sue opere di carattere religioso esprime sinceramente sensibilità e commozione, come per esempio nei rilievi della Passione della cappella Grimaldi a Genova.
I suoi rilievi, ricchi di giochi prospettici, hanno influenzato Rubens.
Fonti e Bibl.: G. Vasari, Le vite…, a cura di G. Milanesi, VI, Firenze 1881, p. 191; VII, ibid. 1881, pp. 584, 630; VIII, ibid. 1882, p. 619 (Descriz. dell'apparato... per le nozze dell'illustrissimo... don Francesco de' Medici e... Giovanna d'Austria [1566, di G. B. Cini]); R. Borghini, Il Riposo [1584], a cura di M. Rosci, Milano 1967, ad Indicem (nel vol. II, pp. 69 s.); F. Bocchi-G. Cinelli, Le bellezze della città di Firenze, Firenze 1677, passim;F.Baldinucci, Notizie dei professori del disegno, VIII, Milano 1811, pp. 110-157, 354-366 (passim);X, ibid. 1812, pp. 413-425 (passim), 462-474 (passim);A. Desjardins, La vie et l'oeuvre de J. B. d'après les manuscripts inédits recueillis par Foucques de Vagnonville, Paris 1883; L. Tanfani-Centofanti, Notizie di artisti tratte dai docum. pisani, Pisa 1897, ad Indicem;A. Dubrulle, Un portrait ignoré de J. de B., in Gazette des Beaux Arts, VIII (1912), pp. 333-336; E. Tietze-Conrat, Zur höfischen Allegorie der Renaissance, in Jahrbuch der Kunsthistorischen Sammlungen in Wien, XXXIV (1918), pp. 25-32; R. A. Peltzer, Ein Bronzerrelief von Giov. da Bologna..., in Zeitschrift für bildende Kunst, LIX (1925-26), pp. 187-198; F. Kriegbaum Ein Bronze-paliotto von Giov. Bologna in Jerusalem, in Jahrbuch der Preuszischen Kunstsammlungen, XLVIII (1927), pp. 43-52; E. Dhanens, J. B., in Verhandelingen van de K. Vlaamse Academie..., Klasse der Schone Kunsten, XI, Brussel 1956 (con esauriente bibl. a pp. 392-406, catal. delle opere, ecc., ma in fiammingo); Id., De Romeinse ervaring van Giovanni Bologna, in Bulletin de l'Institut historique Belge a Rome, XXX (1963), pp. 159, 190; Id., L'altare della libertà a Lucca ..., in La provincia di Lucca, III (1963), 3, pp. 65-71; A. M. Nagler, Theatre Festivals of the Medici ..., New Haven-London 1964, p. 37; H. Keutner, Giambologna und Michelangelo, in Stil und Überlieferung in der Kunst des Abendlandes. Akten des 21. Intern. Kongresses für Kunstgeschichte,Bonn 1964, II, Berlin 1967, pp. 128-134; G. S. Salmann, Rediscovered one of Louis XIV's greatest bronzes, in The Connoisseur, CLXIII (1966), n. 656, pp. 90 s.; F. Haskell, Mecenati e pittori ..., Firenze 1966, ad Indicem; Catalogue de l'Exposition de Bronzes de la Renaissance... (da collez. priv. belghe), Bruxelles 1967, pp. 106, 108 s., 116, 120; O. von Simson, Rubens und der Merkur des G. B., in Festschrift U. Middeldorf, Berlin 1968, pp. 434-446; J. Pope Hennessy, Giambologna and the marble statues of the grand-duke Ferdinand I, in The Burl. Mag., CXII (1970), pp. 304-307.