Sismondi, Jean-Charles-Léonard Sismonde de
, Storico, economista e letterato (Ginevra 1773-ivi 1842), di famiglia protestante e idee liberali e repubblicane, di gusto già per molti aspetti romantico; buon conoscitore dell'Italia (dove abitò a varie riprese, dal 1794, nella villa di Valchiusa presso Pescia), amico di Mme de Staël e frequentatore della villa di Coppet; ebbe un ruolo molto importante nella diffusione della fama di D. in Francia e in Italia nel primo Ottocento. Spinto da grande interesse per la civiltà comunale e il Medioevo italiano, scrisse, fra l'altro, una Histoire des Républiques italiennes du moyen-âge (Zurigo 1807 ss.; Parigi 1809 ss.), un De la littérature du midi de l'Europe (Parigi 1813 ss.) e una Histoire de la Renaissance de la liberté en Italie (ibid. 1832). Queste opere che, nonostante alcuni difetti di giudizio e di stile, presentano rilevanti novità d'impostazione storiografica, furono presto tradotte in molte lingue europee e servirono a rivelare alle nuove generazioni romantiche le caratteristiche di un paese, di un periodo e di una letteratura che erano stati sino ad allora trascurati dai letterati e storici francesi, dominatori del gusto.
Già l'Histoire des Républiques contiene numerosi accenni a D.: nel III volume il S. parla, nel primo capitolo, della battaglia di Campaldino, della morte di Guido da Montefeltro e, sotto l'anno 1288, racconta la storia di Ugolino citando l'intero passo dantesco; e nel terzo capitolo parla abbastanza a lungo della figura di Dante. Egli ampliò poi questi accenni in De la littérature du midi de l'Europe, un lavoro a cui attese, interrompendo la composizione dell'opera maggiore, nel 1811-12, approfittando dell'occasione offertagli di tenere a Ginevra un corso sulla letteratura dell'Europa meridionale. Nell'opera trovarono sistemazione i risultati delle letture fatte per l'occasione (cfr. Epistolario, a C, di C. Pellegrini, I, Firenze 1933, 371: lettera del 22 giugno 1812 al libraio fiorentino Piatti, al quale chiede libri di autori italiani, fra cui " un'edizione del Dante con note "); informazioni tratte dall'Andrés, dal Tiraboschi, dal Bouterwek e soprattutto dalla recente storia letteraria d'Italia del Ginguené; i concetti storiografici e gli orientamenti di gusto cari al gruppo del Coppet e in particolare a Mme de Staël e a W. Schlegel (con i quali il S. aveva compiuto un importante viaggio in Italia nel 1804-1805, conoscendovi tra gli altri il Monti, ispiratore del nuovo entusiasmo dantesco della Staël. E non a caso l'unica citazione diretta di un verso di D. in tutto l'Epistolario - I 97 - si trova in una lettera del 20 settembre 1806 proprio alla Staël, e si riferisce al duro giudizio dantesco su Filippo il Bello: Pg VII 109-110). Una delle parti più originali dell'opera del S. è proprio quella su D., del quale egli parla in quasi tutto il capitolo IX e all'inizio del X del primo volume (cfr. ediz. di Bruxelles 1837, 222-248). Il S. discorre del tono sublime del poema dantesco e della qualità possente della fantasia che l'ha creato e sostiene che esso si colloca al di fuori di qualsiasi norma di poetica: " il n'appartenait proprement à aucun genre, et le Dante ne puvait être jugé que par les lois qu'il s'était données ". Sulle orme del Bouterweck, dà una valutazione non molto positiva del Purgatorio e del Paradiso, perché troppo pieni di discussioni teologiche che, per loro natura, sono " estranee " alla poesia, e preferisce invece soffermarsi a lungo sull'Inferno e su alcuni dei personaggi più ricchi di passionalità; in particolare, dell'episodio di Ugolino dà un esempio di traduzione in terza rima, in sé non molto felice, ma accompagnata da intelligenti considerazioni sulle caratteristiche di questo metro. Importante anche, e tipica del gusto romantico che si stava imponendo, è la contrapposizione che il S. istituisce fra D. e Petrarca, dei quali il primo è considerato più " poeta " del secondo.
Le opere del S. ebbero grande fortuna in Europa e particolarmente in Italia. L'analisi della Commedia, contenuta in De la littérature, fu tradotta dal Berchet e pubblicata nel numero 37 (7 gennaio 1819) del " Conciliatore ". La parte dell'opera dedicata alla letteratura italiana, tradotta da G. Gherardini, uscì a Milano nel 1820. Ad essa accennò anche il Foscolo nel Discorso sul testo del poema di Dante. Fu conosciuta e ammirata da molti scrittori e critici dell'Ottocento, sino al Carducci. La sua impostazione storiografica esercitò sicuramente un influsso su quella del De Sanctis.
Bibl. - V. alla voce FRANCIA (particolarmente gli scritti di A. Counson, W.P. Friederich, P. Hazard, C. Pellegrini, A. Vallone). E inoltre le due opere d'assieme fondamentali di J.-R. De Salis, S. (1773-1842). La vie et l'oeuvre d'un cosmopolite pbilosophe; e S. (1773-1842). Lettres et documents inédits suivis d'une liste des sources et d'une bibliographie, entrambe edite a Parigi nel 1932 (entrambe però, bisognose di aggiunte e correzioni, alla luce del materiale conservato nel fondo sismondiano della biblioteca Comunale di Pescia, che è stato descritto e discusso in un convegno di studi a Pescia nel 1970). Sulla storia letteraria e sul capitolo dantesco: C. Pellegrini, Il S. e la Storia della letteratura dell'Europa Meridionale, Ginevra 1926; ID., Introduzione a G.C.L. Sismondi, Epistolario, I, Firenze 1933, IX-XLIII; G. Getto, Storia delle storie letterarie, Milano 1942, 159-167 (nuova ediz. Firenze 1969, 122-129); E. Alpino, Il S. storico della letteratura italiana, Milano 1944; Studi su G.C.L.S. raccolti per il primo centenario della sua morte, Roma-Bellinzona 1945 (in particolare gli studi di G. Mazzoni e A. Solmi); S. Landucci, Cultura e ideologia in F. De Sanctis, Milano 1964, 321-339 e passim.