Carrière, Jean-Claude
Sceneggiatore cinematografico, scrittore e drammaturgo francese, nato a Colombières-sur-Orb (Hérault) il 19 settembre 1931. Nella sua scrittura, che manifesta l'acume sarcastico e la capacità virtuosistica del paradosso, vi sono un'attenzione al lato misterioso e assurdo della vita, un'insaziabile curiosità per l'imprevisto, uno spirito anarchico, un senso acuto dell'umorismo nero e della provocazione, che C. ha condiviso soprattutto con Luis Buñuel, per il quale scrisse i film dell'ultimo periodo. Nelle altre collaborazioni di C. con cineasti quali Jean-Luc Godard, Louis Malle, Marco Ferreri, Jacques Deray, Peter Fleischman, Volker Schlöndorff, Ōshima Nagisa, Luis García Berlanga, Andrzej Wajda, Milos Forman, si ritrovano sempre l'insofferenza a ogni conformismo e la ricerca di situazioni inconsuete e imprevedibili, nascoste talvolta nelle pieghe dell'istinto, delle passioni, dell'inconscio, dell'erotismo, con un gusto per la trovata surrealista. Qualità riconosciute da diverse nominations all'Oscar, e da premi come il César nel 1983 per Le retour de Martin Guerre (1982; Il ritorno di Martin Guerre) di Daniel Vigne, e il Writers Guild of America alla carriera nel 2000. Intraprese studi storici all'École Normale di Parigi, per poi esordire negli anni Cinquanta come scrittore. Il regista Jacques Tati gli commissionò quindi la riduzione letteraria di due suoi film di comicità pura: Les vacances de Monsieur Hulot (1953; Le vacanze del signor Hulot) e Mon oncle (1958; Mio zio). Fu il primo indiretto contatto con il cinema cui fece seguito la collaborazione con il regista comico Pierre Etaix, cominciata nel 1961 per un cortometraggio premiato con l'Oscar nel 1963, Heureux anniversaire, e continuata poi con Le soupirant (1962; Io e la donna), Tant qu'on a la santé (1965; Quando c'è la salute), Le grand amour (1968; No, no, no con tua madre non ci sto). Nel frattempo aveva pubblicato il romanzo L'alliance (1963), da cui avrebbe ricavato nel 1971 la sceneggiatura del film omonimo di Christian de Chalonge, anche interpretato da C. (attività, quella di attore, cui ha sempre amato prestarsi, sfruttando la sua massiccia corporatura e comparendo in piccoli ruoli o in partecipazioni speciali). Negli anni Sessanta si occupò anche di sceneggiature per fumetti e scrisse per il teatro una pièce di successo, L'Aide-mémoire (1968), inaugurando un rapporto con la drammaturgia che lo porterà a collaborare frequentemente con la compagnia teatrale di Peter Brook. Nel 1963 era avvenuto l'incontro con Buñuel per Le journal d'une femme de chambre (Il diario di una cameriera, dal romanzo di O. Mirbeau), che diede inizio a un sodalizio con il regista spagnolo con il quale lo stile di scrittura di C. trovò una sua misura esemplare, insieme sofisticata e tersa, che legò in un unico timbro, ironico ed enigmatico, la parola e l'immagine. La sottigliezza dei dialoghi e l'abilità nella tessitura degli avvenimenti, spesso dirompenti nella loro assurdità, si accordano alle visioni crudeli e surreali e alle logiche oniriche del cinema di Buñuel. Nella scrittura di C. si trovano così le digressioni iconoclaste e i vagabondaggi visionari nel tempo e nella storia di La Voie lactée (1969; La Via lattea), le segrete simmetrie del desiderio erotico in Belle de jour (1966; Bella di giorno, da un romanzo di J. Kassel) e in Cet obscur object du désir (1977; Quell'oscuro oggetto del desiderio, dal romanzo di P. Louÿs), l'intento sarcastico nell'osservazione spietata dei rituali e dei vizi del mondo borghese in Le charme discret de la bourgeoisie (1972; Il fascino discreto della borghesia) e il furore anarchico in Le fantôme de la liberté (1974; Il fantasma della libertà).La curiosità per il documento storico è diventata spesso nei film scritti da C. osservazione di un'epoca e di un mondo culturale, filtrata attraverso il patrimonio mitologico e la grande letteratura. Così è stato nella ricostruzione di un caso di scambio di identità nella Francia del Cinquecento per Le retour de Martin Guerre, negli adattamenti cinematografici del pittorico melodramma di G. Bizet La tragédie de Carmen (1983) e del labirintico poema indiano The Mahabharata (1989), entrambi a opera di Brook (dalle sue stesse messinscene teatrali), oppure nelle riduzioni per lo schermo, raffinate ed efficaci, della Recherche proustiana per Un amour de Swann (1983; Un amore di Swann), del romanzo omonimo di G. Grass per Die Blechtrommel (1979; Il tamburo di latta), e del romanzo di M. Tournier Le roi des aulnes per Der Unhold (1996; The ogre), tutti di Schlöndorff, oppure di I demoni di F.M. Dostoevskij per Les possédés (1988; I demoni) di Wajda, o del best seller di M. Kundera per The unbearable lightness of being (1988; L'insostenibile leggerezza dell'essere) di Philip Kaufman. Ma la versatilità di C. si è esplicata anche in divertite 'variazioni' sui generi: dalla commedia al gangster film all'horror gotico. Per es., nella reinvenzione 'al femminile' di un'immaginaria rivoluzione latinoamericana in Viva Maria! (1965) e negli umori anarchici di un Ottocento antiborghese in Le voleur (1967; Il ladro di Parigi), entrambi di Malle, nelle avventure degli agitatori carbonari sullo sfondo di una Provenza romantica in Le hussard sur le toit (1994; L'ussaro sul tetto) di Jean-Paul Rappeneau, dal romanzo di J. Giono, nella scanzonata cornice gangsteristica anni Trenta di Borsalino (1970) di Deray, o ancora nell'atmosfera gotica del tenebroso ed enigmatico Le moine (1972; Il monaco, dal romanzo di M.G. Lewis) di Ado Kirou, scritto con Buñuel, nel Medioevo romantico di Léonor (1975) diretto da Juan Luis Buñuel, figlio di Luis, nelle stravaganti storie da grand guignol, Cartas boca arriba (1965) e Miss Muerte (1966) dirette da Jesus Franco. La vena provocatoria di C., sovversiva e bizzarra, così come la predilezione per i climi libertini dal sottile erotismo si sono poste al servizio di film come Sauve qui peut, la vie (1979; Si salvi chi può… la vita) di Godard, Taking off (1971) e Valmont (1989, dal romanzo Les liaisons dangereuses di Ch. De Laclos) entrambi di Forman, Le retour de Casanova (1991; Il ritorno di Casanova, dal racconto di A. Schnitzler) di Edouard Niermans, L'iniziazione (1986, da Le imprese di un giovane dongiovanni di G. Apollinaire) di Gianfranco Mingozzi, The night and the moment (1994; La notte e il momento, dal racconto di F. Crebillon) di Anna Maria Tatò.
C. ha inoltre riproposto un clima alla Buñuel in storie di amori stravaganti al limite della perversione e dell'assurdo, che hanno per oggetto: un manichino gonfiabile per Grandeur nature (1974; Life size ‒ Grandezza naturale) di Berlanga, scritto in collaborazione con Rafael Azcona Fernández, una donna che si identifica in un animale in La cagna (1972, dal racconto Melampus di E. Flaiano) di Ferreri, e uno scimpanzé in Max mon amour (1986; Max amore mio) di Ōshima. In tutti questi film C., senza far pesare la sua vasta cultura letteraria, conferisce una limpida laconicità e insieme una musicalità ipnotica al ritmo dei dialoghi e rivendica alla costruzione della sceneggiatura una disinvoltura mai compiaciuta, che dissimula il senso del mistero e dell'assurdo nello scorrere naturale degli avvenimenti. Per C., infatti, la potenzialità drammaturgica della sceneggiatura si esplica al di là della pagina scritta, continuando in certo qual modo a strutturarsi sia sul set sia nel montaggio. Così in uno dei film di maggior successo da lui scritti, Cyrano de Bergerac (1990) di Rappeneau, viene lasciata intatta la cadenza del verso alessandrino di E. Rostand, facendola confluire nella dinamica leggera e disinvolta dell'azione, dal ritmo fortemente cinematografico.
Al 1968 risale un cortometraggio da lui diretto, Le pince à ongles, premiato al Festival di Cannes nel 1969. È stato presidente della scuola di cinema parigina FEMIS (Fondation Européenne des Métiers de l'Image et du Son) dal 1986 al 1996. Nel 1988 ha pubblicato il libro Conversations sur l'invisible, firmato insieme a J. Audouze e M. Cassé.