Eaubonne, Jean d' (propr. D'Eaubonne, Jean Adrien)
Scenografo cinematografico francese, nato a Talence (Gironda) l'8 marzo 1903 e morto a Boulogne-Billancourt il 30 luglio 1971. Formatosi come pittore di manifesti pubblicitari, nel cinema cominciò da assistente scenografo per Jean Perrier e Lazare Meerson. Il suo stile raffinato, che eccelle nelle scenografie agili e aeree, a base di arabeschi lineari, lo rese particolarmente adatto ad assecondare le visioni dei poeti del cinema, a cominciare da Jean Cocteau, anche se una vera e propria simbiosi avvenne solo con Max Ophuls.
Con la sua prima scenografia importante, in effetti, d'E. si mise al servizio del mondo poetico di Cocteau, assecondandone le visioni in quello che è uno dei pochi esempi di cinema surrealista (sebbene allora assai contestato dai surrealisti 'ufficiali'), Le sang d'un poète (1930). Qui allestì, tra l'altro, il décor fine Ottocento, ricco di statue e scaloni, del liceo davanti al quale gli scolari si colpiscono a palle di neve con una specie di furia omicida: décor che non presenta elementi fortemente stilizzati, ma che tuttavia si pone subito come teatro di una memoria onirica. Il tema prediletto della città reale-fantastica affiora nelle scenografie di Jenny (1936; Jenny, regina della notte) di Marcel Carné, per poi riaffermarsi nella città di Orphée (1950) ancora per Cocteau, sospesa tra sogno e invenzione teatrale; così come il tema del circo, affrontato in Les gens du voyage (1937; Nomadi) di Jacques Feyder sarebbe tornato nella sfrenata esuberanza barocca di Lola Montès (1955) di Ophuls. L'incontro capitale con quest'ultimo avvenne nel 1950, per La ronde (La ronde ‒ Il piacere e l'amore). È questo uno dei rari casi in cui l'universo poetico del regista stimola le migliori qualità dello scenografo, e viceversa, nella predisposizione di décors perfettamente funzionali alla mobilità della macchina da presa nonché alla valorizzazione degli elementi filmici, e al tempo stesso dotati di una forte valenza stilistica autonoma. D'E. cominciò con l'allestire, in studio, l'esterno di una stradina nebbiosa che un uomo percorre, passando successivamente davanti allo scorcio di un grande palazzo barocco ‒ dichiaratamente finto ‒, fino al palcoscenico di un teatrino, a una giostra. È l'uomo stesso, conduttore della giostra e del destino dei personaggi, a commentare, in un certo senso, la scenografia, ponendo l'interrogativo sulla sua natura: dove siamo? In un teatro? In una strada? In una strada che sembra un teatro? E lo stesso décor viene riproposto alla fine, chiudendo il cerchio degli amori scambiati, nel segno dell'ambiguità. Ancora ambiguità nello spazio del vecchio magazzino teatrale, tra statue e attrezzeria varia, in cui si rifugiano il soldato e la sua ragazza, per una vera e propria passeggiata nei magazzini del tempo. E poi la sala da ballo, il valzer tra i tendaggi e i lampadari che girano (la mobilità dei lampadari, il loro muoversi su e giù in verticale sarà tra l'altro un motivo ricorrente nel circo di Lola Montès); il ristorante degli incontri galanti, tra vetri istoriati, piante, tendaggi, decorazioni floreali; la casa del poeta, sovraccarica di un incredibile bric-à-brac, con l'inevitabile scala a ballatoio, elemento-chiave ai fini della dinamica nei movimenti degli attori e della macchina da presa. L'exploit scenografico si ripeté, sempre per Ophuls, con Le plaisir (1952; Il piacere), per il quale d'E. inventò due grandi ambienti: il Palais de la Dance, per il primo episodio, un esterno-interno ricco di palchi, paraventi, scale, archi, gallerie, in un parossismo di fantasia eclettica, sfrenata come i balli che vi hanno luogo, e il bordello del secondo episodio, una facciata in legno a tre piani, con scale, scalette, mansarde, logge, balconcini, finestre, dentro il quale la macchina da presa non entra mai, limitandosi a mostrarne da fuori l'interno, e i vari ambienti, con virtuosistici piani-sequenza.
Dopo le splendide ricostruzioni d'epoca per Casque d'or (1952; Casco d'oro) di Jacques Becker e Madame de…(1953; I gioielli di madame de…) di Ophuls, d'E. coronò la sua collaborazione con questo regista in Lola Montès, allestendo il grande ambiente del circo dove Lola si è ridotta a fare da attrazione. L'incredibile ricchezza di questa scenografia, la mobilità dei suoi elementi, diventa il correlato stilistico perfetto del barocchismo del regista, del frenetico movimento della sua macchina da presa, come del resto avviene nell'altro grande ambiente del 'Palazzo fatato' in cui il Re ospita Lola, con il solito grande scalone a spirale e il ballatoio rotondo, sormontati da un'enorme cupola vetrata. Fu questo il momento culminante dell'arte di d'Eaubonne. In seguito, non gli sarebbe più capitato un incontro artistico e produttivo così capitale come quello con Ophuls, e il suo stile si sarebbe fatto maniera. Di notevole valore, comunque, anche le scenografie per Bitter victory (1957; Vittoria amara) di Nicholas Ray, Montparnasse 19 (1958; Montparnasse) di Becker, The reluctant debutante (1958; Come sposare una figlia) di Vincente Minnelli, Madame Sans-Gêne (1962) di Christian-Jaque; curioso il nuovo incontro con Peter Ustinov, che era stato l'interprete maschile di Lola Montès, passato alla regia per Lady L (1965). Successivamente, avrebbe lavorato per film di non grande importanza di Michel Audiard e Georges Lautner.