CHENEVIÈRES (Chiavier, Chavenier), Jean de
Originario di Rouen, nacque forse nel 1490 e dovette ricevere una prima educazione come muratore e tagliapietra in Normandia.
Il Vasari è la fonte primaria sulla quale è stata ricostruita questa personalità artistica che viene da lui chiamata "Maestro Gian". Per molto tempo si è tentato di far corrispondere questo "Maestro Gian" con due altri artisti dal nome simile, citati anch'essi dal Vasari. Il primo è "Janni francese" (Vasari, I, pp. 167 s.), autore della statua di S. Rocco nella chiesa della SS. Annunziata di Firenze, identificato con il "Maestro Gian" dallo Gnoli (1906). Il secondo artista (Thode, 1908) è quel "Maestro Giovanni franceze" (Vasari, VII, p. 249)al quale Michelangelo aveva affidato il modello in legno della cupola di S. Pietro. Ambedue questi riferimenti non sono stati condivisi dalla critica moderna (Lesellier, 1931; Ricci, 1952; Baldwin Brown, 1960, p. 175 n. 3). La prima ipotesi, in particolare, è venuta a cadere con l'attribuzione della statua di S. Rocco a Veit Stosz da parte di Voss (1908). Nel 1886 il Bertolotti, senza peraltro citare la sua fonte, ha identificato il "Maestro Gian" con Jean Chiavier o Chavenier di Rouen; mentre nel 1902, G. Mollat lo ha chiamato Jean de Thororières sulla base di una lettura errata dei documenti dell'Archivio di S. Luigi dei Francesi. Tale appellativo è ripreso da Giovannoni (1913) e dal Thieme-Becker (1939). In un articolo postumo (1952) il Ricci (morto nel 1934) ha adottato talvolta il nome di Jean de Rouen, senza peraltro metterlo in rapporto con il maestro di questo nome attivo in Portogallo.
Fondamentale infine è il saggio del Lesellier (1931)che precisa definitivamente il nome dello Ch. e raccoglie e illustra una ricca documentazione d'archivio non piú accresciuta in seguito.
La presenza a Rouen nel 1526 di un Julien, Chanevyere, genero e associato di Rouland le Roux, capomastro della cattedrale e architetto della tomba di Georges d'Amboise, che lo propose come suo successore nei lavori della cattedrale (M. Vachon, La Renaissance française, Paris 1910, p. 124; Ch. Bauchal, Nouveau Dictionnaire biographique et critique des architectes français, Paris 1887, p. 367), permette di supporre un apprendistato dello Ch. presso Rouland le Roux: questo Julien Chanevyere è certamente uno degli eredi naturali dello Ch. (Lesellier, 1931, p. 234) che alla morte di lui (1527) risiedono ancora a Rouen (Arch. Segr. Vat., Diversa Cameralia, 77, f. 179).
Lo Ch. dovette partire da Rouen per Roma al più tardi verso il 1510, in un momento in cui Jean de Rouen e un gruppo di architetti e scultori dominati dalla sua personalità espatriarono in Portogallo dove piantarono radici (P. Garcia, João de Ruão, Coimbra 1913; Lesellier, 1931, p. 235 n. 1). Lo Ch. giunse a Roma sotto il pontificato di Giulio II; ma la sua attività è documentata solo dal 1518, anno in cui è architetto della chiesa nazionale di S. Luigi dei Francesi. Molto probabilmente prima di questa data, completò la sua formazione ed eseguì qualche primo lavoro. Il Vasari (I, p. 122) scrive che "studiò l'arte dello intaglio in Roma", divenendo maestro nell'arte di tagliare il travertino.
La scelta di una pianta centrale per S. Luigi dei Francesi ha indotto spesso gli studiosi a collocare lo Ch. sotto l'influenza di Bramante (Lesellier, 1931, p. 235). In effetti egli studiò certamente alla scuola dei moderni attivi allora a Roma (Bramante, Raffaello, B. Peruzzi, Giuliano da Sangallo) e a quella degli antichi, guardando e disegnando i monumenti nuovi come quelli del passato. Acquisì così un bagaglio culturale vicino a quello della generazione di architetti della cerchia di Antonio da Sangallo il Giovane. D'altronde lo Ch. conobbe direttamente quest'ultimo nell'ambiente di S. Luigi dei Francesi (Roma, Arch. di S. Luigi dei Francesi, t. 76, ff. 83, 84, 86v; Lesellier, 1931, pp. 256 s., 257 n. 1). Il Frommel (1973, II, p. 17 n. 32) attribuisce allo Ch. i disegni di un taccuino di quattordici fogli conservato nella Staatsbibliothek di Monaco (Cod. icon. 195) e il foglio di schizzi conservato a Windsor Castle (inv. n. 10.439) in precedenza attribuiti a Jacques (I) Androuet Du Cerceau (H. Geymüller, Les Du Cerceau, Paris-Londres 1887, pp. 7 s., 105), poi a Philibert De l'Orme (A. Blunt, Philibert De L'Orme, Paris 1963, p. 26). Qualora si accetti questa attribuzione, questi disegni rifletterebbero gli studi e gli interessi architettonici dello Ch., anche se datano a un periodo che è ormai della sua maturità (1518-1526). Si tratta di piante di edifici antichi, come le terme di Diocleziano, progetti per il S. Pietro di Roma, vari progetti di Antonio da Sangallo il Giovane il cui nome compare su molti disegni, piante di palazzi romani (palazzi dell'Aquila, Baldassini, Caprini, Farnese, Pichi, della Cancelleria). Al di là di questa formazione a livello pratico, pare che lo Ch. non fosse sprovvisto d'una certa cultura umanistica e che conoscesse il latino: possedeva per esempio un libro, come la Pragmatica Sanctio di Carlo VIII nel quale egli aveva apposto il proprio nome sul disegno a penna di un portico (Lesellier, 1931, p. 236). Aveva il gusto degli emblemi e dell'esoterismo, come rivelano le sculture di S. Luigi dei Francesi (a meno che il programma iconografico non gli sia stato dettato da altri).
Uno dei primi lavori dello Ch. potrebbe essere, come suggerisce il Lesellier (1931, p. 240 n. 1), la piccola cappella rotonda di S. Giovanni in Oleo (1509: per un francese, l'auditore della Sacra Rota Benoît Adam). Più tardi lo Ch. eseguì forse i bassorilievi in travertino del cortile di palazzo Medici-Lante (iniziato nel 1514-15), stilisticamente analoghi a quelli più tardi di S. Luigi dei Francesi (Lesellier, 1931, p. 241 n. 2; Frommel, 1973, II, p. 231).
Quel che è certo è che lo Ch. non era più agli inizi della sua carriera quando nel 1518 fu nominato architetto di S. Luigi dei Francesi dai membri della colonia francese di Roma. Il primo progetto per questa chiesa resta l'unica opera sicura dello Chenevières.
Iniziata nel 1518 contando sul finanziamento promesso da Francesco I di Francia e da Leone X, la costruzione venne interrotta nel 1524 per mancanza di fondi. Il 1º sett. 1518 venne posta la prima pietra, consistente in un blocco di travertino scolpito dallo Ch. con le armi di Leone X, con quelle del cardinale Giulio de' Medici protettore della nazione francese e con i tre gigli di Francia (Lacroix, 1892; Lesellier, 1931, p. 238). Lo Ch. fu impegnato per sei anni nella costruzione di questa chiesa; aveva disegnato un progetto su pergamena, che nel 1530 era conservato nel tesoro della chiesa stessa e che oggi è scomparso (Roma, Arch. di S. Luigi dei Francesi, t. 1, f. 112; t. 2, f. 34v; t. 3, f. 36; t. 22, f. 51v; Mollat, 1902, pp. 281 s.; Lesellier, 1931, p. 239 n. 2). Dal Vasari (I, p. 122) si sa che egli cominciò a costruire un "tempio rotondo", e la notizia è confermata dalla curvatura dei frammenti di scultura integrati nella più tarda facciata da Giacomo Della Porta (Gnoli, 1906; Lesellier, 1931, p. 239). La scelta della pianta circolare, rivelatrice, come si è detto, dell'influsso di Bramante, ha fatto supporre che lo Ch. abbia tratto la sua ispirazione dalle rotonde paleocristiane (S. Costanza, S. Stefano Rotondo), dal Pantheon, o anche dalle sale circolari delle terme che egli aveva disegnato; anzi, secondo Gnoli (1906), egli avrebbe riutilizzato le fondazioni di una sala termale di Alessandro Severo che si trovava in quel luogo. Secondo il parere di teorici come l'Alberti, il Filarete, Francesco di Giorgio, la pianta circolare era a quell'epoca quella ideale per gli edifici sacri (R. Wittkower, Architectural Principles in the Age of Humanism, London 1962, pp. 13-18). Ma le fondazioni di questa chiesa, appena iniziata, furono distrutte dopo la metà del secolo, sicché non sussiste più nulla dell'attività dello Ch. come architetto.
Si conservano, integrati in S. Luigi dei Francesi, i bassorilievi eseguiti dallo Ch., che ne rivelano il talento di scultore e la cultura emblematica. Sulla facciata si trovano due salamandre in mezzo alle fiamme recanti la corona reale (insegna di Francesco I), quattro teste di leone, due arpie, oltre alla mensola che sostiene la croce nel fastigio. Nel chiostro è incastrato un bassorilievo frammentario che raffigura le arti liberali. L'alta qualità di questo lavoro ha indotto il Vasari ad affermare che esso "poteva stare al paragone di quante cose eccelenti antiche e moderne che si sian viste d'intaglio di tal pietra" (Vasari, I, p. 122).
Parallelamente ai lavori per S. Luigi dei Francesi che progredivano con tanta lentezza e soprattutto dal 1524, data di chiusura del cantiere, lo Ch. fu certamente coinvolto in altre imprese. Alcuni gli attribuiscono ipoteticamente la Farnesina ai Baullari di Thomas Régis, prelato francese che lo Ch. conosceva (G. Mollat, Thomas Le Roy..., in Annales de Saint Louis des Francais, VI [1902], p. 179; Chastel, 1958, p. 98), oggi generalmente assegnata ad Antonio da Sangallo il Giovane (Frommel, 1973, p. 280).
Se poco si sa sulla formazione e sull'attività artistica dello Ch., siamo meglio informati sulla sua vita romana e sulle sue relazioni. Era in buoni rapporti con uomini di Curia francesi che nel 1518 gli offrirono una piccola casa vicino alla loro chiesa (Roma, Arch. di S. Luigi dei Francesi, t. 1, f. 76; Lesellier, 1931, p. 255 e n. 1). Quando, nel settembre del 1522, fu arrestato per aver minacciato di spada un prete nella chiesa di S. Luigi, e condannato al taglio della mano, ecclesiastici ed amici francesi - Michel Sérée di Rouen, ex rettore di S. Luigi, il pittore Henri Guigues e il miniaturista Vincent Raymond - si adoperarono a raccogliere i fondi per liberarlo (Arch. di Stato di Roma, Pecuniae ex condemnationibus in curia Gubernatoris Urbis, t. V, ff. 12v, 47; Archivio di S. Luigi dei Francesi, t. 75, ff. 23, 136; t. 20, f. 330v; Lesellier, 1931, pp. 257-260, 264-266).
Alla fine dell'autunno 1526 lo Ch. si arruolò nelle truppe pontificie di Clemente VII. Morì, sicuramente di malattia, al campo, nei pressi di Roma, ai primi di gennaio del 1527 (Roma, Arch. di S. Luigi dei Francesi, t. 77, f. 63v; Lesellier, 1931, p. 261 n. 1). Lo stesso Clemente VII che da cardinale (Giulio de' Medici) era stato protettore della nazione francese, sovrintese all'esecuzione delle sue ultime volontà (Arch. Segr. Vat., Diversa Cameralia, t. 77, ff. 179rv; Arch. di Stato di Roma, Mandati, anno 1527, f. 187v; Lesellier, 1931, pp. 266 s.).
In una comunicazione del 1958 A. Chastel ha fatto il bilancio delle conoscenze sullo Ch. e ha messo in evidenza tre problemi da analizzare: la prima formazione in Normandia; il progetto della prima chiesa di S. Luigi dei Francesi, l'iconografia dei bassorilievi. Da questa data, dopo i buoni lavori di sintesi del Baldwin Brown (1960) e del Portoghesi (1971), la personalità dello Ch. è rimasta nell'ombra, se si eccettua l'attribuzione da parte del Frommel (1973, II, p. 17 n. 32) dei disegni di Monaco e di Windsor Castle.
Fonti e Bibl.: Si vedano sullo Ch. i documenti seguenti (quelli pubblicati, con indicazione del nome del curatore): Roma, Arch. di S. Luigi dei Francesi, t. 74, ff. 130v (1518, Corpus Domini; Lesellier, p. 256 n. 2), 136 (settembre 1518; Lesellier p. 238 n. 4); t. 6, f. 119 (30 ag. 1518; Lesellier, p. 238 n. 4); t. 75. ff. 23 (18 ott. 1522; Lesellier, p. 259 n. 1), 136 (Lesellier, p. 260 n. 1); t. 20, f. 330v (22-23 ott. 1522; Lesellier, pp. 264-266); t. 75, ff. 152 (19 maggio 1524), 153 (26 giugno 1524), 154v (11 ag. 1524), 155 (28 ag. 1524): docc. firmati dallo Ch. (Lesellier, pp. 253-254 n. 5 e tav. I); t. 76, ff. 71v-72 (7-8 ott. 1524, firmato dallo Ch.; Lesellier, p. 254 n.); t. 1, f. 52 (1524; Lesellier p. 255 n.); t. 76, f. 86r (1525; Lesellier, p. 257 n. 1), 86v (8 luglio 1525, Lesellier, p. 257 n. 1); t. 1, ff. 74 (1525; Lesellier, p. 255 e n. 1), 101v (1525; Lesellier, p. 253 n. 4), 112; t. 2, f. 34v; t. 3, f. 36 (1525; Mollat, 1902, p. 282; Lesellier, p. 239 n. 2); t. 77, f. 63v (26 marzo 1527; Lesellier, p. 261 n. 1); t. 22, f. 51v (1530; Lesellier, p. 239 n. 2); Arch. di Stato di Roma, Pecuniae exCondemnationibus in curia Gubernatoris Urbis, t. V, ff. 47 (25 sett. 1522; Lesellier, p. 258 e n. 3), 12v (22 ott. 1522; Lesellier, p. 257 n. 4), 4 (21 nov. 1522; Lesellier, p. 260 n. 1); Notari dell'A. C., 3302, f. 205 (Lesellier, p. 256 n. 1); Mandati, anno 1527, f. 187v (Lesellier, p. 267); Arch. Segr. Vat., Diversa Cameralia, t. 77, f. 179rv (Lesellier, pp. 266-267); G. Vasari, LeVite..., a cura di G. Milanesi, I, Firenze 1878, pp. 122 s.; A. Bertolotti, Artisti francesi in Roma nei secc. XV,XVI e XVII, Mantova 1886, pp. 24, 220; E. Müntz, Histoire de l'art pendant la Renaissance, II, Paris 1891, p. 197; P. Lacroix, Mém. histor. sur les institut. de la France à Rome, Roma 1892, pp. 315-317; G. Mollat, Jean deThororières,architecte de Saint-Louis-des-Français, in Annales de Saint Louis des Français, VI (1902), pp. 279-282; D. Gnoli, Una scultura enigmatica, in Giornale d'Italia, 24 dic. 1906; H. Voss, Zwei unerkannte Werke des Veit Stosz in florentiner Kirchen, in Jahrbuch der königlichen preussischen Kunstsammlungen, XXIX (1908), pp. 2029; H. Thode, Michelangelo..., II, Berlin 1908, p. 156; K. Frey, Le Vite...scritte da M. G. Vasari, I, München 1911, p. 55 n. 33; G. Giovannoni, Chiese della seconda metà del Cinquecento in Roma, in L'Arte, XVI (1913), p. 86 e n. 3; G. Mancini, Singolari sculture nell'antica chiesa di S. Luigi de' Francesi, in L'Amico dei monumenti, II (1925), 3-4, pp. 10 s.; J. Lesellier, J. de Ch. sculpteur et architecte de l'église Saint-Louis-des-Français à Rome, in Mélanges d'arch. et d'hist. publiés par l'Ecole Française de Rome, XLVIII (1931), 1-5, pp. 233-267; L. Réau, Hist. de l'expansion de l'art français. Le monde latin. Italie..., Paris 1933, pp. 62 s.; C. Ricci, Il Tempietto di San Luigi de' Francesi, in Riv. dell'Ist. naz. d'arch. e st. dell'arte, I (1952), pp. 317-327; A. Chastel, "Maestro Gianfrancese", in Bull. de la Soc. Nat. des antiquairesde France, 1958, pp. 97 s.; G. Baldwin Brown, Vasari on technique, New York 1960, pp. 128-131, 175 n. 3; Les Français à Rome. Résidents etvoyageurs dans la Ville Eternelle de la Renaissance aux débuts du Romantisme (catal.), Roma 1961, pp. 58 s.; L. Hautecoeur, Hist. de l'architect. classique en France, I, La formation de l'idéalclassique, I, La première Renaissance(1495 à 1535-40), Paris 1963, pp. 126, 186; P. Portoghesi, Roma nel Rinascimento, Milano 1971, II, pp. 451, 455; C. L. Frommel, Der römische Palastbau der Hochrenaissance, Tübingen 1973, I-III, ad Indices; F. G. Wolf Metternich, Die Erbauung der Peterkirche zu Rom in 16. Jahrh., Wien-München 1978, ad Ind., U. Thieme-F. Becker, Künstlerlexikon, XXXIII, p. 92 (s.v. Thororières, Jean de).