DUFOUR, Jean
Nacque ad Annecy (Savoia) da antica famiglia. Non se ne conosce la data di nascita. Come tradizione, quale appartenente al ceto dei "grands seigneurs" della Savoia, svolse un ruolo di primo piano nell'ambito della corte e del governo sabaudi, collaborando con il potere ducale come segretario a partire dal 1480 circa. Ricoperse tale carica per ventisette anni, ma di questo periodo sono rimaste esigue tracce.
Il 5 apr. 1497 fu investito insieme col fratello di alcuni possessi feudali in Annecy. L'anno successivo venne nominato castellano di La Balme. Nel 1499 ottenne l'infeudazione di altri beni nel mandamento di Annecy. A quello stesso anno risalgono le credenziali diplomatiche rilasciategli dal duca di Savoia per Berna e Friburgo. Lo scopo della missione non è peraltro rivelato dai documenti a noi pervenuti.
Nel 1501 il D. acquistò da Nicola Guglielmo di Bellegarde, signore di Soucy, la giurisdizione del feudo e degli uomini di Duyn nel Genevese.
Alcuni riferimenti e giudizi sul suo operato relativamente a questi anni sono presenti nella documentazione connessa alla vicenda, iniziata nel 1508, delle frodi da lui perpetrate a danno dello Stato sabaudo. Si tratta di notizie poco attendibili, tutte tese a dimostrare una inveterata disonestà e slealtà del segretario ducale. Ad esempio il 3 marzo 1511 un cittadino di Ginevra, Pierre Navis, rilasciava una dichiarazione in cui accusava il D. di aver prodotto diciotto anni prima un falso documento della Cancelleria sabauda.
All'inizio del 1508 il D. abbandonò la corte, ritirandosi dapprima in Annecy poi in Svizzera e ponendosi sotto la protezione delle città di Berna e Friburgo. Il 13 marzo ricevette lettere di borghesia da tali città. In quello stesso anno egli iniziò ad attuare il piano delineato al fine di dissestare le finanze del duca di Savoia e di minacciare gravemente l'integrità territoriale dello Stato sabaudo.
I motivi che spinsero il D. ad agire con accammento in tale senso sono rimasti sostanzialmente oscuri. Gli scrittori coevi fanno riferimento a un dissidio fra il segretario ducale e alcuni funzionari di corte, in particolare Giano di Duyn, signore di Val d'Isère, e Belletruche, signore di Gerbaix. Questa tesi, pur basandosi su una situazione reale di contrasti e risentimenti personali nell'ambito della corte e del governo sabaudi, appare estremamente riduttiva. Il Marini viceversa riconduce principalmente la vicenda all'opposizione che il D. aveva gradualmente maturato nei confronti della politica interna di Carlo di Savoia. Egli osteggiava in particolare la pratica ormai diffusa della vendita delle cariche pubbliche e auspicava un governo che secondo tradizione si basasse sulla collaborazione con l'aristocrazia savoiarda. L'occasione alla rottura aperta sarebbe stata offerta dalla vendita dell'ufficio di segretario ducale a Jean Vulliet e Pierre Trolliet, entrambi di Chambéry e non nobili. Questo troverebbe conferma in una lettera inviata nell'aprile del 1508 dal balivo del Vaud a Margherita d'Austria in cui si accenna a un ufficio tolto al D. dal duca di Savoia.
Nel marzo del 1508 il D. presentò alla Dieta di Berna una falsa donazione di Carlo I di Savoia ai Cantoni di Berna e Friburgo datata 17 marzo 1489. In caso di mancanza di discendenza maschile diretta del duca, come ricompensa degli aiuti ricevuti contro il marchese di Saluzzo e attestazione di amicizia, si sarebbero dovuti consegnare 200.000 fiorini renani a Berna e 150.000 a Friburgo, garantiti su una vasta parte dei domini sabaudi: Vaud, Chiablese, Bugey e Faucigny. Si rinunciava inoltre alla supremazia feudale su Friburgo e al riscatto di Montagny.
Il D. aveva realizzato la falsificazione in modo ineccepibile dal punto di vista formale, data la sua conoscenza dello stile della Cancelleria sabauda e la sua esperienza di funzionario al servizio della dinastia. Gli scopi del D. rispondevano pienamente agli interessi economici e alle mire espansionistiche dei Cantoni svizzeri che già il 27 marzo provvidero a far dichiarare l'autenticità della donazione dagli abati Rodolfo Bendics e Corrado Mareschal. Quale ricompensa il D. ricevette una casa e un'assegnazione annua di 450 fiorini del Reno. Ottenne inoltre la promessa di un donativo da riscuotere nel caso in cui la questione si fosse risolta in termini favorevoli a Berna e Friburgo.
Il duca di Savoia fu informato della falsa donazione presumibilinente molto presto, forse già alla fine di marzo. D'altronde quando il 31 marzo il D. passò da Ginevra diretto ad Annecy la notizia iniziò a diffondersi, come riferisce il vescovo di Ginevra, Carlo di Seyssel, in una lettera a Carlo II. Il duca reagì immediatamente, appellandosi alle potenze europee, ottenendo la mediazione della Francia e del Papato e costituendo una delegazione apposita per trattare con Berna e Friburgo.
Da parte sabauda si sostenne l'evidente assurdità della donazione e si mossero rilievi sia dal punto di vista sostanziale sia da quello formale. Tuttavia il piano era stato congegnato in modo così abile dal D. e tali erano la determinazione e la posizione di forza dei Cantoni svizzeri rispetto allo Stato sabaudo che Carlo II non ebbe mai alcuna reale possibilità di risolvere la vertenza in proprio favore.
Nel corso delle trattative il D. operò sistematicamente sia a Berna sia a Friburgo per impedire un accordo. Infine il duca di Savoia il 9 giugno 1508, pur non riconoscendo l'autenticità della donazione, fu costretto ad accettare una transazione onerosa per le finanze sabaude. Essa prevedeva il pagamento entro nove anni di 120.000 fiorini renani ai Cantoni di Berna e Friburgo con ipoteca su Chiablese, Vaud e Gex. Erano condizioni dure, ma non del tutto rispondenti allo scopo, che il D. si era prefisso, di rovinare irrimediabilmente il duca.
Nel mese di luglio l'ex segretario inviò una lettera da Berna all'Assemblea dei tre stati del Vaud, esponendo la sua versione della vicenda e sostenendo naturalmente l'autenticità della donazione.
Il fulcro di tale versione era la contrapposizione fra la buona fede, lealtà e fedeltà con le quali egli aveva servito la dinastia sabauda e l'ingiusta e persecutoria condotta di Carlo II nei suoi confronti. Il D. levava anche dure accuse contro i funzionari ducali, rilevandone la disonestà e attribuendo loro l'intenzione di trarre profitto dall'esazione del sussidio richiesto al paese per pagare il debito contratto con le città svizzere. Lo scopo della lettera era probabilmente quello di impedire la concessione del sussidio e di indurre i sudditi del Vaud ad accettare un loro eventuale, e dal D. auspicato, passaggio al dominio svizzero.
Seguì un periodo di tregua apparente che l'ex segretario trascorse in parte nel Delfinato. In realtà, come dimostrano gli eventi successivi, il D. attendeva il momento propizio per ricreare una situazione analoga a quella del 1508.
Il 7 febbr. 1510, su istanza del duca di Savoia, fu costretto a rilasciare una dichiarazione in presenza di un notaio con la quale si impegnava a restituire tutti i documenti in suo possesso estratti dagli archivi sabaudi. Successivamente, l'8 ottobre, dovette testimoniare di trattenere presso di sé solo le lettere di donazione relative a Berna e Friburgo e a François Gingins de Châtellard. Il duca da parte sua non poté esimersi dal concedergli nel giugno dello stesso anno un salvacondotto per la Savoia, dove la famiglia Dufour aveva beni e interessi da curare e salvaguardare.
Fra la fine di ottobre e il mese di novembre il D. provocò una nuova e grave crisi per lo Stato sabaudo, rendendo pubblici altri quattro documenti falsificati datati sempre 17 marzo 1489. Le circostanze contingenti si presentavano particolarmente favorevoli alle sue manovre. I Cantoni svizzeri infatti erano irritati per il mancato consenso del duca di Savoia al passaggio delle loro milizie attraverso il Piemonte e particolarmente bisognosi di denaro a causa del rifiuto del papa di pagare il soldo alle milizie stesse.
Due documenti prevedevano la cessione di consistenti somme di denaro agli otto Cantoni della Lega superiore svizzera con ipoteca su diverse estese terre del dominio sabaudo. Una donazione particolare era destinata alla Repubblica Vallesana insieme alla rinuncia a tutti i diritti sulle terre al di là della Morge di Saint Gingolph. Un quarto strumento complicava ulteriormente la situazione politica dello Stato sabaudo in quanto concedeva 60.000 ducati d'oro al marchese del Monferrato, offrendo quale garanzia del pagamento i territori di Chivasso e Ivrea.
Il 12 novembre il D.iù ricompensato da ciascuno dei Cantoni della Lega superiore con una pensione annua di 100 fiorini e una donazione di altri 6.000 fiorini.
Si apriva una nuova complessa vertenza fra i Cantoni svizzeri e il duca di Savoia, nella quale intervennero il re di Francia, l'imperatore, il papa e Margherita d'Austria., governatrice dei Paesi Bassi. Nel corso delle laboriose trattative il D. intervenne personalmente per affermare la sua buona fede e l'autenticità delle lettere di donazione. Il 17 febbr. 1511, alla presenza dei delegati della Dieta di Zug, fu inoltre sottoposto a un confronto con i rappresentanti ducali. Da parte sabauda si ripresero gli argomenti già addotti nel 1508, si fece appello alle dichiarazioni che lo stesso D. aveva rilasciato l'anno precedente, si produssero testimonianze tese a dimostrare la connaturata disonestà dell'ex segretario. Fu tutto inutile. Come all'epoca della precedente analoga vertenza emerse subito chiaramente che gli Svizzeri non avrebbero mai rinunciato ai loro presunti diritti. Si pervenne così alla composizione della controversia con una sentenza emessa il 10 giugno 1511 dalla Dieta di Berna e sanzionata il 17 giugno dai Cantoni svizzeri.
Essa imponeva al duca di Savoia il pagamento di 300.000 fiorini renani, il risarcimento delle spese sostenute dai delegati svizzeri per la conduzione delle trattative e il rimborso delle spese militari. Una clausola specifica prevedeva il rilascio di un salvacondotto per Annecy al D. e alla sua famiglia.
Le frodi sortirono sostanzialmente l'effetto auspicato dal D., provocando una crisi profonda dello Stato sabaudo, le cui conseguenze, non solo di carattere finanziario, si manifestarono anche nel lungo periodo. Fra l'altro emersero con chiarezza la debolezza del governo di Carlo II e il pericolo rappresentato dalla pressione svizzera sui domini sabaudi. Si acuì inoltre il dissidio latente fra la componente savoiarda dello Stato e quella piemontese.
I documenti a noi pervenuti non chiariscono peraltro ogni aspetto della complessa vicenda svoltasi fra il 1508 e il 1511. Permangono in parte oscuri e contraddittori anche i rapporti fra i protagonisti. In quegli anni il D. si recò ripetutamente in Savoia senza che si fosse mai attentato alla sua incolumità. Non ebbero neppure conseguenze le indagini ordinate su di lui dal re di Francia nel gennaio del 1511. La sua immunità sembra viceversa messa in forse almeno in un'occasione, come attesta una lettera attribuibile a quel periodo inviata da Carlo II a Berna e datata solo 11 gennaio. In essa si fa riferimento al D., che non si sentiva sufficientemente sicuro in quella città, controllato nel suoi movimenti, desideroso di partire in seguito a una querela presentata contro di lui dal duca.
Il D. morì a Friburgo nel 1513 e venne sepolto in una cappella annessa alla chiesa dei francescani.
Gli eredi promossero una causa contro il duca di Savoia, esigendo un indennizzo per la perdita dei beni e redditi in Annecy, nonché della somma di 20.000 fiorini savoiardi accordata al D. da Carlo II sulla signoria di Balme. Essi chiedevano inoltre un risarcimento per la prigionia e la morte inflitte dal visconte di Martigues ad alcuni membri della loro famiglia. La causa si concluse il 7 ag. 1514 tramite l'arbitraggio dei deputati della città di Friburgo. Altre pretese di carattere pecuniario furono avanzate nello stesso anno anche nei confronti dei Cantoni svizzeri.
Fonti e Bibl.: Arch. di Stato di Torino, Corte, Protocolli ducali, reg. 56, f. 33; reg. 57, ff. 27, 34, 98; reg. 111, ff.155-156; reg.132, f. 12; reg.135 (rosso), f. 149; reg. 138, f. 250; reg. 140 (rosso), f. 222; reg. 164, ff. 1, 3, 9, 11; reg. 174 (rosso), f. 18; ibid., Materie politiche, Trattati con gli Svizzeri, False donazioni, mazzo 1; ibid., Lettere di particolari, Seyssel, mazzo 4; Ibid., Camerale, Indice delle investiture feudali della Savoia, vol. D-E, c. 131; S. Guichenon, Histoire généal. de la Royal Maison de Savoye, Lyon 1660, f. 623; E. Ricotti, Storia della monarchia piemontese, I, Firenze 1861, pp. 131-137; D. Carutti, Storia della diplomazia della corte di Savoia, I, Torino 1875, p. 255; A. Caviglia, Claudio di Seyssel (1450-1520). La vita nella storia dei suoi tempi, in Misc. di storia ital., s. 3, XXIII (1928), pp. 128-155, 174-183, 189; A. Tallone, La frode del segretario Du Four nei documenti svizzeri (1508-1512), in Boll. stor-bibl. subalpino, XXXV (1933), pp. 225-245; A. Dufaur, Recensioni, ibid., LX (1962), pp. 554-557; cfr. inoltre L. Marini, Carlo II, duca di Savoia, in Diz. biogr. degli Italiani, XX, Roma 1977, pp. 295 ss.