FABRE (Fabri), Jean (Giovanni)
Nacque a Langres, in Borgogna, nella prima metà del sec. XV, da Clemente.
Tipografo di notevole valore, proveniva, come molti dei primi stampatori e come attesta la radice del suo cognome, da una famiglia esperta nell'arte dei metalli e quindi nella fabbricazione di punzoni e matrici per fondere i caratteri; introdusse l'arte della stampa a Torino e in altri centri minori del Piemonte. Il F. è nominato nel testamento (7 sett. 1480) del grande tipografo francese attivo a Venezia Nicolas Jenson, come figlio appunto di un Clemente Fabre: il F. - del quale si dice che abitava allora a Torino - doveva allo Jenson 110 ducati d'oro e il testatore lo scioglieva dalla metà del debito.
Come di molti prototipografi, non ci sono note del F. la data di nascita e di morte. Anzi, a parte il testamento dello jenson, tutto quello che sappiamo della sua vita e dalla sua attività lo deduciamo dai libri che produsse.
Nel 1474, insieme col connazionale Giannino de Petro, stampò il primo libro torinese: un Breviarium Romanum in piccolo carattere gotico, paragonabile alla scrittura semigotica italiana della metà del Quattrocento, tanto da essere definito dal van Praet "lettre de somme italienne". Fu Pantaleone da Confienza, medico novarese della corte sabauda, a patrocinare l'iniziativa, e dovette essere lui, durante la reggenza della duchessa Jolanda di Francia (madre di Filiberto duca di Savoia), a chiamare i due tipografi transalpini a Torino.
Del Breviarium non si conservano esemplari in Italia, dopo che quello della Nazionale di Torino andò distrutto nell'incendio del 1904. L'unico sopravvissuto pare quello, peraltro incompleto, della Bibliothèque Sainte-Geneviève di Parigi. Si tratta comunque forse del primo breviario a stampa realizzato in assoluto: nello stesso 1474 ne realizzò un altro il connazionale del F. Jacques Le Rouge, ma di nessuno dei due si conosce il mese di stampa e non è quindi possibile stabilire una priorità.
L'anno dopo il F. si trasferì a Caselle e non a Casale come un tempo si credeva interpretando male le sue sottoscrizioni (l'Indice gen. degli incunaboli corregge l'errore nel vol. VI, mentre J. Ch. Brunet - Manuel du libraire, sub voce - pensava, alquanto fantasiosamente, a Casole nel Senese), dove stampò almeno tre edizioni, tra cui un s. Girolamo, Vitae sanctorum patrum, terminato il 30 agosto di quell'anno, in carattere romano.
A proposito di questa edizione va ricordato il contributo di Pantaleone da Confienza, come recita il colophon: "Per clarissimum medicuin et philosophum ... Pantalionem, perque Johannem Fabri galicum egregium artificem". Secondo quanto racconta il De Gregory, Girolamo Tiraboschi riteneva la traduzione dal greco di quest'opera merito proprio di Pantaleone, il quale era invece non più che il finanziatore e promotore dell'edizione, stante che la traduzione era dovuta allo stesso s. Girolamo.
Lo spostamento a Caselle fu dovuto certamente al fatto che il piccolo centro del Torinese era ricco di cartiere. Ed è noto che i primi tipografi furono sempre alla ricerca di luoghi dove fosse facile ed economico l'approvvigionamento della materia prima per la stampa. A Caselle il F. rimase almeno fino al maggio del 1477: in altre edizioni, quali la Practica iudiciaria di G. P. De Ferrari, sono attribuite a lui dal Rhodes in base ai caratteri.
Tornato successivamente a Torino, realizzò qui la Summa lacticiniorum del suo protettore Pantaleone da Confienza, opera di grande importanza per la storia dell'industria lattiero-casearia, tanto che è in base ad essa che si è potuta stabilire l'origine valdostana di un formaggio popolare come la "fontina" (9 luglio 1477), e i Decreta ducalia Sabaudiae, curati dal giurista Pietro Cara, del quale il solito Pantaleone da Confienza era medico (17 nov. 1477).
Si tratta di un'edizione particolarmente interessante, perché presenta uno dei primi frontespizi della storia del libro a stampa in Italia. Secondo S. Bassi il F. fece uso per primo della segnatura dei fascicoli (ma sembra affermazione azzardata e non confermata).
Lo stesso Bassi, sulla scia del Gesamtkatolog der Wiegendrucke e dell'Indice generale degli incunaboli, suppone una breve parentesi a Saluzzo nel 1479, dove il F. avrebbe stampato il Doctrinale di Alexandre de Villedieu col conimento di Facinus Tiberga (31 luglio), ma il Rhodes preferisce attribuire a Torino anche questa edizione.
Comunque il F. fu attivo a Torino almeno fino al 1482, realizzando una decina di edizioni in carattere romano. preso a modello da uno di quelle dello Jenson. L probabile che fosse stato allievo del grande tipografo francese attivo a Venezia: anzi sembrerebbe che il De officiis di Cicerone (16 luglio 1481) gli fosse stato commissionato proprio dallo Jenson prima di morire.
Mentre infatti alcuni esemplari recano nel colophon la sottoscrizione: "Impressum Taurini per Magistrum Johannem Fabri Lingoniensem... MCCCCLXXXI die XVI Julii" in quelli delle biblioteche di Amiens e Monaco di Baviera si legge: "Impressi Venetiis per consocios Magistri Nicholai Janson... MCCCCLXXXI die VI Maii".
L'ultima edizione sottoscritta dal F. a Torino è l'Expositio psalterii di Juan de Torquemada (29 marzo 1482). È stato infatti dimostrato che delle due date che appaiono sul Terenzio del F. (23 giugno 1478 e 23 giugno 1483) quella giusta è la prima.
Dopo il Torquemada non vi è più traccia della sua attività a Torino. Un mese più tardi moriva Filiberto I e la tutela del giovane erede Carlo I era assunta dal re di Francia Luigi XI. Non sappiamo se la fine dell'azienda del F. nella capitale sabauda sia da collegare in qualche modo alle vicende politiche. È interessante notare che da allora compaiono tipografi con nomi molto simili al suo, prima a Tolosa nel periodo 1488-1490, poi a Lione nel 1490-1494. Qui era già comparso un Jean Fabre che aveva stampato in società con Martin Husz le Pandette del Silvatico il 27 apr. 1478. La data dell'edizione torinese della Summa rolandina del F. (6 maggio 1478) pone seri dubbi in merito alla possibilità di attribuire le due edizioni allo stesso tipografo. Quanto al Fabre lionese degli anni Novanta, va rilevato che la qualifica di "alainanum" che egli appone allo "loannem Fabri" delle sue sottoscrizioni porterebbe ad escludere che possa trattarsi del Fabre di Langres. Ma l'attitudine itinerante di quasi tutti i tipografi del Quattrocento potrebbe lasciare ancora qualche dubbio. Se è vero poi che il F. era anche fonditore di caratteri, un confronto fra quelli del periodo piemontese e della sua attività a Lione, potrebbe servire a poco. Anche se fossero differenti, questo non basterebbe per escludere che possa trattarsi della stessa persona che, una volta spostata la sede della sua attività, fondeva nuove serie di caratteri. Del resto quelli del F. furono utilizzati sin dal 1485 dal milanese Francesco Silva, che aveva preso il suo posto a Torino. Un dubbio su un possibile rapporto tra il F. attivo in Piemonte e il tolosano può alimentarsi poi per via di una perduta edizione di un Decretum abbreviatum di Graziano - con un colophon nel quale è nominato un Iohannes Fabri di Langres il quale "hoc... fecit opus" - che conosciamo perché ristampata nel 1490 da Enrico Mayer di Tolosa (almeno con i suoi caratteri), copiando integralmente appunto il colophon. A Tolosa, nei primi trent'anni del Cinquecento, compare un altro Jean Fabre.
Nulla sappiamo del F. dopo il 1485. Forse rimase a Torino fino al 1491, anno della stampa (non prima del 20 aprile) degli Statuta synodalia diocesis Lingoniensis reformata, che pure gli sono attribuiti per i caratteri. Ignota è pertanto anche la data di morte.
R. Proctor suppone che fossero stampati proprio in Francia, ma il British Museum Catalogue, sia pur dubitativamente, ha preferito dare (cfr. Short-title cat. of books printed in Italy..., London 1958, p. 369) come luogo ancora Torino, suscitando i dubbi del Rhodes, il quale, notando che l'unico esemplare posseduto dal British Museurn viene proprio da Langres, arriva ad ipotizzare un ritorno del F. nella sua terra d'origine per realizzare un'opera importante come quella. Non sembra però poi tanto singolare che un'edizione di statuti sinodali di una diocesi fosse "consumata" sul posto, a prescindere da quale potesse essere il luogo di stampa.
Sembrerebbe invece da escludere qualunque relazione tra il F. e l'omonimo tipografo attivo a Stoccolma, che stampò un Breviarium Strengense (18 luglio 1495) e un Breviarium Upsalense insieme con la moglie Anna (30 sett. 1496).
I caratteri usati dal F. sono due gotici, quello del Breviario e quello, leggermente più grande, usato a Caselle, e due romani, modellati entrambi sul grande esempio di quelli jensoniani.
Le edizioni riconosciute con certezza del F. sono almeno 13, più le due attribuite, il Graziano e gli Statuti sinodali di Langres. Rimane dubbia secondo il Rhodes l'attribuzione del Cibaldone posseduto dalla Biblioteca Trivulziana che anche l'Indice generale degli incunaboli (n. 2787), sulla scia del De Marinis, assegna al Fabre.
Fonti e Bibl.: G. Vernazza, Lezioni sopra la stampa, Cagliari 1778, pp. 11 s., 27 s.; G. De Gregory, Istoria della vercellese letteratura ed arti, Torino 1819, I, p. 458; G. Vernazza, Dizionario dei tipografi e dei principali correttori ed intagliatori..., Torino 1859, pp. 131-137; G. Manzoni, Annali tipograficitorinesi del sec. XV, Torino 1863, pp. 237-257; J. van Praet, Catalogue des livres imprimés sur velin de la Bibliothèque du Roi, Paris 1882, I, n. 66; V. Castellani, La stampa in Venezia, Venezia 1889, pp. 88 s.; F. Cosentini, Gli incunaboli torinesi, Torino 1914, p. 29; T. De Marinis, Appunti e ricerche bibliografiche, Milano 1940, pp. 56 s.; D. E. Rhodes, G. F., tipografo del sec. XV, Ciriè 1962; V. Scholderer, Side-lights on Johannes Fabri Lingonensis, in Gutenberg Jahrbuch, XXXVIII (1963), pp. 45 s; F. Buffier, The Terence of Turin, in Studies in bibliography, XVII (1964), pp. 195 s.; L. Balsamo, Incunaboli torinesi rari, in La Bibliofilia, LXVII (1965), pp. 270 s.; D. E. Rhodes, G. F. tipografo del XV secolo in Torino e in Caselle, in Caselle e i suoi centenari, Caselle 1975, pp. 101-110; S. Bassi, Prototipografi e calcografi torinesi, in Studi di biblioteconomia e storia del libro in onore di F. Barberi, Roma 1976, pp. 109-120 (ora anche in M. Santoro, Il libro a stampa, Napoli 1990, pp. 355-361); Indice generale degli incunaboli delle biblioteche d'Italia, VI, Roma 1981, p. 352.