FRACZON (Fraczos), Jean (detto da Brogny, detto anche d'Allarmet)
Nato nel 1342 a Petit-Brogny (località nei pressi di Annecy-le-Vieux, dipartimento della Haute-Savoie), all'epoca feudo dei conti di Ginevra, il F. era figlio di Mermet Fraczon.
Il cognome di Allarmet datogli all'inizio del sec. XVII dal Fodéré, con il quale è ancora ricordato da alcuni studiosi, è privo di fondamenti. Lo stesso F. si qualifica come Jean de Brogny in un'opera, il Breviarium iuris, corretta di suo pugno.
Dopo i primi studi a Ginevra, si recò ad Avignone dove ottenne, probabilmente nel 1370, il dottorato in diritto civile. Il duca di Borgogna Filippo l'Ardito gli avrebbe concesso in tale occasione il priorato dell'abbazia cluniacense di St-Marcel di Chalon e della annessa Fleury sur Ouche, nella diocesi di Langres, che furono più tardi riuniti alla certosa di Champmol, dato questo che ha indotto a ritenere, apparentemente senza fondamento, che il F. appartenesse all'Ordine dei certosini; del priorato di St-Marcel il F. si ricorderà tuttavia nel suo testamento.
Divenne ben presto familiare del cardinale Roberto da Ginevra grazie al quale ottenne, il 30 luglio 1375, la parrocchia di Narris, nella diocesi di Sion. All'incirca nello stesso periodo svolse nella città di Romans (dipartimento della Drôme) le funzioni di vicario dell'arcivescovo di Vienne. Nel 1378 Roberto da Ginevra venne eletto papa con il nome di Clemente VII da un gruppo di cardinali che contestavano l'elezione di Urbano VI (Bartolomeo Prignani) - decisione che dette, com'è noto, inizio allo scisma d'Occidente (1378-1417) - e in seguito affidò al F. l'educazione di Amedeo figlio di Ugo di Ginevra, a sua volta fratello di Guglielmo III conte di Ginevra, nonno di Clemente VII.
Sorella del giovane Amedeo era Beatrice, moglie di Federico II marchese di Saluzzo: benché non sia appartenuto a questa casata, Amedeo è passato alla posterità come cardinale "di Saluzzo". A uso del suo allievo, eletto vescovo di Valence e Die nel novembre 1383 e creato cardinale il 23 dicembre successivo, il F. compilò un Breviarium iuris dove esponeva non solamente i principî generali del diritto civile e canonico, ma anche indicazioni sulla familia di un cardinale. Il Breviarium iuris è oggi conservato in un unico manoscritto, una copia eseguita verso il 1384-1385 (Avignone, Bibl. munic. Ceccano, ms. 766) corretta e annotata dal F., che dedicò questo esemplare al suo allievo al quale, come scrive, doveva tutta la sua carriera.
Introdotto nella ristretta cerchia dei familiari del papa ginevrino, il F. venne nominato cappellano e "cameriere" di Clemente VII, accumulando rapidamente numerosi benefici: canonico d'Amiens (3 nov. 1378), decano di Ceyzérieu nella diocesi di Ginevra (22 sett. 1379), canonico di Besançon (29 sett. 1379), canonico di Losanna (19 sett. 1380), canonico e decano di Gap (22 apr. 1382). L'11 ag. 1382, benché semplice diacono, ottenne il vescovato di Viviers e il 12 luglio 1385 Clemente VII lo creò infine cardinale con il titolo di S. Anastasia.
Ormai noto come il cardinale di Viviers, il F. iniziò la sua carriera in Curia con le funzioni di datario, che ricoprì dal 1381 al 1387. Alla morte del cardinale Pierre Ameilh (10 ag. 1389), gli venne affidata la Penitenzieria che il F. cedette in seguito al cardinale Pierre Gérard per succedere al cardinale Jacques de Menthonay, morto nel maggio 1391, nelle funzioni di vice-cancelliere. Successivamente il F. verrà infine confermato a capo della Cancelleria dai pontefici Benedetto XIII, Alessandro V, Giovanni XXIII e Martino V.
Il F. fu un fedele servitore di Clemente VII lungo tutto il corso del suo pontificato e ne sostenne la politica finanziando con ingenti prestiti i progetti di Luigi II d'Angiò e di sua madre Maria di Blois, per la conquista del Regno di Napoli. Il controllo sul Regno di Napoli, fedele al Papato avignonese, era infatti motivo di contesa fra Urbano VI e Clemente VII che, dopo la morte di Giovanna I, sostenevano rispettivamente la casata dei Durazzo e il duca di Angiò. Nell'agosto 1386 il F. partecipò con cinque cardinali - fra i più vicini a Clemente VII (Jean de La Grange, Pierre Ameilh, Niccolò Brancaccio, Jean de Murol e Pierre de Thury) - alla redazione del trattato tra il papa e Ottone di Brunswick cui era stata affidata la riconquista di Napoli. Quando la città venne presa (il 7 luglio 1387), il F. acconsentì alla concessione un nuovo prestito (26 sett. 1387) e e soprattutto alla decisione che il giovane Luigi II prendesse personalmente possesso del Regno (26 genn. 1388); insistette però che questa iniziativa venisse prima approvata dal re di Francia Carlo VI e dai suoi zii, il duca di Berry e il duca di Borgogna. Con quest'ultimo il F. intrattenne sempre stretti rapporti: oltre a una tradizione non documentata secondo la quale Filippo l'Ardito avrebbe sollecitato con insistenza la promozione al cardinalato del F., questi fu intermediario, nel 1391, dei privilegi che Clemente VII accordò alla certosa di Champmol fondata a Digione dallo stesso duca con l'intenzione di farne il mausoleo dei duchi di Borgogna.
Non si sa se alla morte di Clemente VII, avvenuta nel 1394, il F. sia stato, come il cardinale di Saluzzo, favorevole a una composizione dello scisma con il riconoscimento dell'elezione di papa Urbano II. Certo è che la sua opposizione nei confronti di Benedetto XIII, eletto come successore di Clemente VII dai cardinali di obbedienza avignonese, si manifestò in primo luogo con la sospensione dei finanziamenti in favore della Camera apostolica. Nel giugno 1395, si trovavano ad Avignone i duchi di Berry e di Borgogna, per convincere Benedetto XIII ad aderire alla via della rinuncia, ossia alla simultanea rinuncia da parte dei papi delle due obbedienze al fine di procedere a una nuova elezione; il F. confermò loro la sua convinzione che questa via era, a suo parere, la sola possibile. Rispondendo a una lettera che il re di Francia Carlo VI aveva indirizzato ai membri del Sacro Collegio, il F. sostenne la sua posizione ricordando che Clemente VII era stato segretamente favorevole all'ipotesi di rinuncia. In ciò il F. era sostanzialmente allineato con quanto sostenuto dai principi francesi e in particolare da Filippo di Borgogna il quale, prima di lasciare Avignone nel luglio del 1395, fece dono al F. di un arazzo decorato d'oro raffigurante una Crocefissione, oltre a coppe e brocche d'oro regalate dal duca anche ad altri cardinali.
Il 27 luglio 1398, ratificando una decisione del clero francese, Carlo VI ritirò l'obbedienza a Benedetto XIII. La decisione del re fu annunciata il 1° settembre a Villeneuve-lès-Avignon, da due commissari reali che ingiunsero ai membri del clero di abbandonare la città papale. Il F. fu tra i quindici cardinali che, il giorno successivo, ottemperarono a questo invito attraversando il Rodano per affidarsi alla protezione del re di Francia. Il 10 settembre infine, con il cardinale Jean de Neufchâtel, trasportò a Villeneuve la matrice della bolla pontificia, paralizzando in tal modo l'attività della Cancelleria.
Solo nel 1403 il F. fece di nuovo atto di sottomissione a Benedetto XIII restituendogli, il 1° aprile, la bolla sottratta. Il papa dovette in tale occasione sentirsi obbligato nei suoi confronti poiché gli accordò una pensione di 1.000 fiorini e il quarto dei proventi dei registri della Cancelleria. Il 13 giugno 1405 il F. fu trasferito alla sede suburbicaria di Ostia, dalla quale prese il suo nuovo nome di Curia: cardinale di Ostia.
La riappacificazione era destinata a non durare a lungo per il mancato riavvicinamento tra i due pontefici rivali. Quando i rappresentanti dei Collegi cardinalizi delle due obbedienze si incontrarono nel 1408 in Italia e progettarono di indire un concilio per porre fine allo scisma, il F., con cinque cardinali vicini a Benedetto XIII, consigliò a quest'ultimo di aderire al progetto e di farsi rappresentare nelle discussioni preliminari. Davanti al rifiuto di Benedetto XIII, egli fu il primo (13 ott. 1408) della sua obbedienza a raggiungere a Pisa i cardinali che avevano indetto, per l'anno seguente, il concilio. A Pisa il F. testimoniò davanti alla commissione incaricata di istruire un processo contro i due pontefici recalcitranti (maggio 1409) e partecipò ai conclavi che elessero nell'ordine Alessandro V (Pietro Filargo, giugno 1409) e poi Giovanni XXIII (Baldassarre Cossa, maggio 1410). A quest'ultimo il F. concesse pieno appoggio, giungendo ad anticipare non meno di 27.000 fiorini alla Camera apostolica per finanziare Luigi II d'Angiò incaricato dal pontefice di liberare Roma da Ladislao di Durazzo. Dal canto suo Giovanni XXIII, appena eletto, gli affidò la diocesi di Grenoble (30 giugno 1410) della quale il F. non poté però prendere possesso; venne perciò risarcito con l'amministrazione della diocesi di Arles (24 nov. 1410). La conquista di Roma da parte di Luigi II, avvenuta nell'aprile 1411, fu l'occasione del primo soggiorno romano del F. (agosto 1411-giugno 1413), che si stabilì nei pressi di S. Spirito in Sassia. Costretto a ritirarsi a Bologna per la nuova avanzata di Ladislao di Durazzo e ad accettare l'iniziativa del re dei Romani, Sigismondo di Lussemburgo, di indire un nuovo concilio, Giovanni XXIII inviò il F. a Costanza nell'agosto del 1414 per prepararvi l'importante riunione prevista per il mese seguente.
Come decano dei cardinali vescovi spettò al F. la presidenza dell'assemblea conciliare dopo che Giovanni XXIII era stato da questa condannato. In un primo tempo il F. si prodigò per non compromettere del tutto i rapporti con il pontefice, ma la fuga di Giovanni XXIII, avvenuta nella notte fra il 20 e il 21 marzo 1415, lo spinse risolutamente nello schieramento dei suoi oppositori. Tuttavia, o per motivi reali di salute, o per calcolo, egli fu assente dalla quarta e quinta sessione, nel corso delle quali vennero pubblicati i decreti tendenti a stabilire la superiorità dell'assemblea conciliare sul papa in materia di fede e di unione della Chiesa.
Insieme al cardinale di Saluzzo, il F. fu uno dei due cardinali più votati nel corso del conclave (8-11 nov. 1417) dal quale doveva poi uscire eletto Oddone Colonna. Il 13 novembre, il F. ordinò sacerdote il nuovo papa che prese il nome di Martino V, incoronato il 21 novembre dal cardinale di Saluzzo. Nonostante la veneranda età il F. seguì il papa nel suo lungo viaggio di ritorno a Roma, dove giunse il 25 sett. 1420 stabilendosi presso la chiesa di S. Martino ai Monti. In seguito il F. non avrebbe più lasciato la città tranne che per seguire il papa nel corso di brevi soggiorni a Tivoli. Il 17 marzo 1419 gli fu confermata l'amministrazione dell'arcivescovato di Arles, ma vi rinunciò quattro anni più tardi per assumere l'amministrazione di quello di Ginevra (3 dic. 1423).
Gli ultimi anni della sua lunga vita furono consacrati a terminare o pianificare le numerose fondazioni che intendeva realizzare. Autorizzato a testare il 20 marzo 1414, dettò le sue ultime volontà il 22 ag. 1422 (il testamento venne integrato da due codicilli datati, rispettivamente, 23 luglio 1424 e 24 sett. 1425). Nel frattempo, dopo averne ricevuto approvazione pontificia il 17 sett. 1421, aveva fondato ad Annecy un convento dei domenicani. La sua casa di Avignone (codicillo del 23 luglio) venne destinata alla fondazione di un collegio per studenti di diritto non abbienti (detto poi "gran collegio dei Savoiardi") al quale il F. legò la sua biblioteca.
La lista dei crediti di cui dispose per le sue ultime volontà lascia intravedere la consistenza dei suoi beni: i conti aperti presso sei compagnie finanziarie fiorentine, i debiti accumulati in suo favore dalla Camera apostolica, da Luigi II d'Angiò, e dal marchese di Saluzzo (1.000 fiorini prestati per la dote della figlia) testimoniano il peso che gli assicurava la disponibilità di consistenti liquidità. La maggior parte di questa fu interamente devoluta in favore di opere pie (anniversari, doti, distribuzioni di suppellettili e di libri liturgici, esecuzioni di lavori in chiese e conventi) destinate a perpetuare la memoria del cardinale. L'inventario della sua biblioteca testimonia gli interessi di un maestro di diritto, nonché vescovo e cardinale, il quale, come afferma lui stesso "nunquam studui quin semper haberem calamum in dextera pro scribendo".
Il F. morì a Roma nella sua casa presso S. Martino ai Monti, il 16 febbr. 1426. Conformemente alla sua volontà, il corpo fu trasportato nella cappella di S. Martino della basilica di S. Pietro prima di essere ricondotto a Ginevra dove il 23 nov. 1428 venne sepolto nella cappella collegiale di Notre Dame (detta poi dei "Macchabées") che egli aveva fondato nella cattedrale.
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