Grémillon, Jean
Regista cinematografico francese, nato a Bayeux (Calvados) il 3 ottobre 1901 e morto a Parigi il 26 novembre 1959. Considerato un cineasta maudit, rimase in ombra, senza aver modo di dispiegare appieno alcune qualità che pure segnarono stilisticamente i suoi film maggiori: tensione lirica, talento visivo, plasticità delle ambientazioni naturali, senso musicale nel ritmo delle immagini. Partito dal clima dell'avanguardia francese degli anni Venti, il cinema di G. fu caratterizzato, nella prima fase documentaristica, da un forte senso del paesaggio, della rappresentazione del lavoro umano e della realtà sociale, per approdare poi, nei film di finzione, a un realismo poetico rafforzato da contesti melodrammatici, spinti a volte fino alla crudeltà, ma sempre con palpitante afflato umano pur nei toni tragici o nel cupo fatalismo delle dinamiche passionali tipiche della sua poetica.
Dopo gli studi al liceo classico di Brest, nel 1920 perfezionò a Parigi, presso la Schola Cantorum, una vocazione musicale che si sarebbe rivelata preziosa per i suoi film di cui spesso compose la colonna sonora. Attraverso la musica il cinema entrò nella sua vita: in quegli anni si guadagnava da vivere facendo il pianista e il violinista accompagnatore durante le proiezioni di film muti nella sala Max Linder e al Palais des glaces. In seguito, l'operatore Georges Périnal lo introdusse nell'industria cinematografica vera e propria, dove G. lavorò come titolista, autore di didascalie e montatore. La sua curiosità intellettuale lo spinse a frequentare gli ambienti dell'avanguardia, della cui estetica risentirono fortemente, nella frammentazione quasi astratta e nell'impressionismo delle riprese naturali, due dei sedici documentari realizzati tra il 1923 e il 1926, e cioè Photogénie mécanique (1924) e Tour au large (1926). Ma in generale, dal documentario d'esordio Chartres (1923) fino all'ultima fase del suo lavoro, ancora documentaristica, a G. interessò essenzialmente il rapporto tra l'attività umana, creativa e lavorativa e il contesto ambientale, tra la bellezza delle opere dell'uomo e la forza plastica degli elementi naturali: dalla presenza ricorrente del paesaggio marino alle architetture delle cattedrali francesi, fino alla potente rappresentazione del rapporto misterioso tra uomo e cosmo nelle opere degli ultimi anni Astrologie ou le miroir de la vie (1952), l'episodio Alchimie del progetto L'Encyclopédie filmée ‒ Alchimie, Azur, Absence (1952), André Masson et les quatre éléments (1959).
Fu Charles Dullin, uomo di teatro della prima avanguardia francese, a produrre e interpretare il suo primo lungometraggio di finzione, quel Maldonne (1928) in cui la storia dell'ossessione amorosa di un carrettiere per una ballerina gitana è immersa in un turbinio luministico che si dissolve in un vortice di astrazione spaziale. Fu poi Jacques Feyder a proporre a G. un soggetto da lui scritto. Ne risultò Gardiens de phare (1929), quasi un Kammerspiel in cui il regista elabora un'epica del quotidiano, rinchiudendo in uno spazio soffocante, tragico, isolato, in balìa della furia del mare e degli elementi naturali, un dramma familiare da Grand-Guignol. Nel 1930 il suo primo film sonoro fu La petite Lise, dove la storia di un ex carcerato, che per amore della figlia si accusa di un crimine, fa scivolare l'eccesso melodrammatico nel feuilleton. Ma negli anni a seguire il mondo stilistico di G., percorso da crudo determinismo e forza lirica, non ebbe modo di esprimersi pienamente e il regista accettò film su commissione per poi andare a lavorare in Spagna, dove girò ¡Centinela alerta! (1936), un film musicale scritto e prodotto da Luis Buñuel, che restò incompiuto. L'anno successivo realizzò Gueule d'amour, con Jean Gabin nel ruolo di un legionario, film che ricondusse G. alle atmosfere di fatalismo e romanticismo del realismo poetico, virandole però verso una crudezza espressiva che gli era congeniale. Per l'interessamento di Raoul Ploquin, un produttore francese che lavorava presso la casa di produzione tedesca UFA, G. girò a Berlino L'étrange M. Victor (1937; Lo strano signor Vittorio), in cui la canagliesca interpretazione di Raimu, nel ruolo di un sordido ricettatore, contribuisce a creare un'atmosfera minuziosamente realistica, accompagnata da un senso lirico della quotidianità. Tensione che ritorna, ariosamente cadenzata attraverso la suggestione di paesaggi marini, nella storia di passione che ha come protagonisti Jean Gabin e Michèle Morgan in Remorques (Tempesta), su sceneggiatura di Jacques Prévert, girato nel 1939-40, ma uscito solo nel 1941.
Durante l'occupazione tedesca G. realizzò uno dei suoi film migliori, Lumière d'été (1943), dove il contrappunto quasi musicale tra l'ambiente naturale (un paesaggio alpino di grande bellezza) e l'icastica contrapposizione sociale tra la fatica quotidiana dei lavoratori e i passatempi dei ricchi annoiati dà vita a un contrasto che diviene metafora della lotta di classe. Singolare il modo in cui venne accolto, nella Francia del generale H.-Ph.-O. Petain, il film successivo, Le ciel est à vous (1944; Il cielo è vostro), storia della sfida di una donna con sé stessa: Madeleine Renaud interpreta un'aviatrice che pur di battere un record è pronta a sacrificare anche i valori familiari in cui crede. Il film fu ipocritamente scambiato dal governo di Vichy per una perorazione in favore delle piccole virtù provinciali, mentre era una trasparente parabola della necessità di una caparbia resistenza all'occupazione nazista. Fu ancora lo spirito del tempo che si impose sul regista, quando raccontò l'epica della liberazione, ma anche la crudeltà dei disastri bellici, in un documentario sullo sbarco in Normandia intitolato Le 6 juin à l'aube (1945).Dopo aver tratto dal testo di J. Anouilh tutta la sua intensa durezza in Pattes blanches (1949), G. mise a fuoco nei suoi ultimi due film di finzione figure femminili aspre e combattute, passionalmente determinate, eppure fatalmente imbrigliate dai condizionamenti sociali e dai ricatti sentimentali: L'étrange Madame X (1950; Maternità proibita) e L'amour d'une femme (1954; L'amore di una donna) sono due ritratti proto-femministi, ma soprattutto due lucide esplorazioni filmiche del mondo dei sentimenti, della nobiltà e verità dei gesti, siano essi quelli del lavoro o quelli dell'amore. Nel 1949, coadiuvato nella regia da Pierre Kast, G. era tornato al documentario con Les charmes de l'existence, un lavoro sui salons de peinture a cavallo tra Ottocento e Novecento; successivamente, dopo aver tentato inutilmente di realizzare altri progetti di finzione, si dedicò completamente al lavoro documentaristico e all'impegno di presidente della Cinémathèque française, carica assunta nel 1943 che mantenne fino al 1957.
G. Sellier, Jean Grémillon: le cinéma est à vous, Paris 1989.