JALLA, Jean
Nacque il 6 luglio 1868 a Chiotti di Riclaretto (oggi Chiotti Superiore, frazione di Perrero, presso Pinerolo), ultimogenito della numerosa famiglia del pastore valdese Louis-Auguste e di Aline Biolley.
Il padre aveva avuto due figli dalla prima moglie, Adèle Biolley, e dieci dalla seconda, Aline, sorella di Adèle. Dei suoi fratelli tre avevano scelto il ministero pastorale come il padre: Odoardo, che sarebbe stato direttore della casa editrice Claudiana, Luigi e Adolfo, che avrebbero svolto il loro ministero anche come missionari.
Lo J., dopo aver frequentato il Collegio valdese a Torre Pellice e aver prestato servizio militare nel 1° reggimento granatieri (1888), si iscrisse alla facoltà di teologia valdese a Firenze e, nel settembre 1892, venne consacrato pastore a Torre Pellice. Contemporaneamente agli studi di teologia lo J. aveva intrapreso, presso l'Università di Firenze, quelli letterari, conseguendo il diploma in francese e poi la laurea in lettere all'Università di Torino (1894). Dopo la consacrazione, nello stesso 1892, non gli venne affidata una comunità ma ebbe l'incarico dell'insegnamento del greco per il ginnasio e del francese per il liceo nel Collegio valdese di Torre Pellice e come supplente tenne tali incarichi fino al 1895; quello stesso anno divenne titolare della cattedra di lettere al ginnasio e ricevette l'incarico di storia al liceo, continuando a dedicarsi all'insegnamento fino alla morte.
Nel 1894 aveva sposato la scozzese Hettie Mary Philip, da cui ebbe i due figli, Davide e Roberto. Rimasto vedovo, dalle seconde nozze con Ida Marsengo nacque la figlia Enrichetta.
Anche nel suo lavoro di professore nel Collegio valdese, di cui fu a lungo direttore, e di storico lo J. esplicò la dimensione vocazionale che aveva fatto propria decidendo di studiare teologia e di essere consacrato pastore; pur non essendo titolare di una comunità, dedicò molta parte della sua attività a impegni ecclesiastici: fu predicatore, direttore per 43 anni della scuola domenicale, presidente della commissione istituti ospedalieri, membro (dal 1893) del seggio della Società di storia valdese e direttore del periodico L'Écho des vallées vaudoises.
Lo J. morì a Torre Pellice, dopo una breve malattia, il 3 nov. 1935.
Attaccatissimo alle sue valli, lo J. era divenuto un profondo conoscitore del territorio, tanto legato anche ai suoi interessi di studioso; insieme con D. Rivoir preparò un'ampia Guide des vallées vaudoises (Torre Pellice 1907, corredata di molte illustrazioni e carte) e fu designato regio ispettore onorario dei monumenti dei mandamenti di Torre Pellice, Bricherasio, Perosa, Perrero e Fenestrelle. A Torre Pellice fondò, e ne fu il primo commissario, gli esploratori nazionali; fu anche segretario della Società di utilità pubblica.
Il suo impegno di studioso fu interamente dedicato alla storia valdese e finalizzato a dare fondamenti scientifici non solo a quella storia che gli appariva essere stata, sino ad allora, affrontata in un'ottica eccessivamente confessionale, ma anche, come scrive nella Prefazione a una delle sue opere più diffuse, "à rendre à l'histoire de nos pères, et des délivrances que Dieu leur a accordées, la place qu'elle doit avoir au foyer de nos familles" (Histoire populaire des vaudois des Alpes et de leur colonies, Torre Pellice 1904).
Dalla prima (Un precursore del puseismo alle valli al secolo XVII, in Bullettin de la Société d'histoire vaudoise, IX [1891]), all'ultima, postuma (La Bibbia nella storia valdese, Catania 1938), le sue pubblicazioni - quasi trecento tra articoli, opuscoli e volumi, per lo più in francese - sono dedicate tutte alla ricostruzione degli otto secoli della storia valdese attraverso l'edizione di documenti, la ricostruzione di eventi storici, la storia di famiglie e di singole personalità, la raccolta del patrimonio orale (Légendes des vallées vaudoises, Torre Pelice 1911).
In questo ambito vanno ricordati gli opuscoli Publié pour les familles vaudoises à l'occasion du XVII février, editi dal 1904 al 1935 - in occasione, appunto, del 17 febbraio giorno di festa per le comunità valdesi che, a quella data, ogni anno, ricordano le Lettere patenti di Carlo Alberto di Savoia, pubblicate nel 1848 -, in cui rendeva accessibile a tutti, con una narrazione piana e discorsiva, il suo lungo, attento lavoro d'archivio; il loro elenco completo è contenuto in quello del 17 febbr. 1936, dedicato alla memoria dello J.: Glanures d'histoire vaudoise. In memoriam (Torre Pellice 1936) che ripropone un numero cospicuo di suoi articoli e interventi, tra cui la biografia Pierre Valdo nell'edizione francese (Paris-Genève 1934).
Le opere più importanti dello J. restano, comunque, la già citata Histoire populaire des vaudois…, che ebbe numerose edizioni, e i due volumi della Storia della Riforma in Piemonte fino alla morte di Emanuele Filiberto (1517-1580) (I, Firenze 1914) e Storia della Riforma religiosa in Piemonte durante i regni di Carlo Emanuele I e Vittorio Amedeo I (1580-1637) (II, Torre Pellice 1936).
La Histoire populaire è una redazione più ampia del Compendio di storia valdese per le scuole (Torino 1902; quando scriveva in italiano lo J. si firmava Giovanni). Stesa in francese e dedicata "À la mémoire bénie de W.-S. Gilly, du général Beckwith et des autres bienfaiteurs des vaudois", aliena da ogni tono apologetico, l'Histoire è frutto di lunghe e pazienti ricerche nelle biblioteche e negli archivi piemontesi, civili ed ecclesiastici, che integrano considerevolmente i documenti già utilizzati da A. Mouston (1834), É. Arnaud de Crest (1884), E. Comba (1887), delle cui ricerche lo J. comunque si giova. Dopo un primo capitolo introduttivo, in cui riassume brevemente i molti episodi di resistenza e disobbedienza alla Chiesa di Roma, da Gioviniano ad Arnaldo da Brescia, lo J. presenta la figura di Pietro Valdo e il movimento da lui formato, ne analizza le vicende iniziali, il rapporto con l'eresia catara e l'estendersi dalla Francia all'Italia settentrionale. Soffermandosi in particolare sul Piemonte, lo J. dedica alcuni capitoli a una descrizione dettagliatissima del territorio delle valli, quasi lettura ad alta voce di una carta topografica: percorso dei fiumi Pellice, Chisone e Germanasca e dei loro affluenti, nome e posizione di località, cime e valichi (con relative altitudini), nome dei comuni e delle singole borgate, numero di abitanti e relative percentuali di valdesi. Prima ancora di introdursi nella narrazione storica vera e propria, il lettore ha così sotto gli occhi come un plastico su cui seguire gli avvenimenti che saranno descritti, gli spostamenti dei predicatori e delle bande armate, le azioni militari, le clausole dei trattati, le strade dell'esilio e il percorso del rimpatrio. Con altrettanta cura vengono descritti i possedimenti, in pianura, di famiglie nobiliari, priorati e abbazie - nella cui giurisdizione rientrava il territorio delle valli - che fino al XVI secolo non avevano avuto problemi ad accogliere sulle proprie terre quei perseguitati per motivi di fede, noti per la loro laboriosità e integrità; doti che avevano favorito, nel XIV secolo, gli insediamenti valdesi in Puglia e Calabria poi distrutti nel 1561. Dal 1532 "alors que la population de communes entières embrassa la Réforme, et que l'institution du culte public vint forcer les tièdes à se décider pour ou contre l'évangile" (p. 55), attraverso l'Inquisizione e i massacri delle Pasque piemontesi, l'esilio e il rimpatrio, la solidarietà internazionale e la tolleranza napoleonica, la Restaurazione e le patenti di grazia, lo J. conduce il lettore fino alla contemporaneità. Le ultime pagine sono infatti dedicate all'emigrazione valdese in Uruguay (1856-57), Argentina (1872) Carolina del Nord (1893), dove sarebbero nate nuove chiese, e alla collaborazione in Africa (nelle terre dello Zambesi le famiglie Jalla costituiranno l'ossatura delle prime chiese) con la Società missionaria di Parigi.
I due volumi della Storia della Riforma in Piemonte possono ben dirsi l'opera di una vita. Lo J. iniziò a raccogliere documenti sin dal 1892 e la morte lo colse intento alla correzione delle bozze del secondo volume; ciò nonostante riteneva la sua un'opera incompleta: "Si considerino queste pagine come uno scheletro che altri potrà, spero, rimpolpare col frutto di nuove ricerche", scriveva nell'introduzione del primo volume. Ciò che egli auspicava doveva avvenire nel giro di pochi anni dall'uscita del secondo, con il ricco filone di studi iniziato da D. Cantimori (Eretici italiani del Cinquecento, Firenze 1939) e proseguito dai suoi allievi; ma nel momento in cui impostava la propria indagine lo J. si muoveva da pioniere in un campo inesplorato. Consapevole di questo, come anche dei limiti delle sue possibilità di ricerca (si rammaricava per l'impossibilità di indagare gli archivi di Francia, da cui sino al XVII secolo dipendevano alcune zone del Piemonte), lo J. include nella sua ricostruzione l'imponente mole di documenti da lui pazientemente ritrovati e trascritti. Nell'Appendice offre anche tre interessanti elenchi dei piemontesi catalogati a Ginevra rispettivamente come habitans e bourgeois e di quelli iscritti nel Livre du recteur dell'Accademia nel periodo preso in esame. L'ampia narrazione dello J. esclude, deliberatamente, le vicende della Chiesa valdese; egli ne fa cenno solo quando si intrecciano con quelle degli altri piemontesi "disobbedienti" che nel desiderio di rinnovare la fede e la Chiesa non avevano esitato a rischiare la vita o a prendere la strada dell'esilio. L'ottica, e il lavoro, dello J. è più da erudito che da storico; ma non c'è momento della sua ricostruzione dei circa centocinquanta anni di storia di quei "paesi geograficamente italiani nei quali la Riforma fu definitivamente soffocata sotto il governo di casa Savoia" (I, p. 2) che non si poggi su un documento preciso, che egli puntualmente trascrive, con ciò rendendo preziose per gli studiosi le sue pagine.
Per la sua attività scientifica lo J. divenne socio corrispondente della R. Deputazione subalpina di storia patria per la provincia di Alessandria e fu nominato membro onorario del Deutscher Hugenotten-Verein.
Fonti e Bibl.: Torre Pellice, Arch. della Società di studi valdesi, Carte Jean Jalla. Necr., in L'Écho des vallées vaudoises, 8 nov. 1935; vedi ancora: D. Jahier, Giovanni J., in Boll. della Società di studi valdesi, 1936, t. 65, pp. 5 ss.; F.C. Vinay, Bibliografia degli scritti di J. J., ibid., 1977, t. 141-142, pp. 53-65.