Barrault, Jean-Louis
Regista teatrale e attore teatrale e cinematografico francese, nato a Le Vésinet (Yvelines) l'8 agosto 1910 e morto a Parigi il 22 gennaio 1994. Fu essenzialmente uomo di teatro, e la scelta dei suoi ruoli sullo schermo risultò condizionata dall'aspetto molto caratterizzato (il corpo minuto, il volto scavato e dai tratti affilati), e ancor più da una recitazione imperniata su un'accentuata fisicità, ma tendente all'istrionismo. Restò così confinato in personaggi estremi: l'unica eccezione è rappresentata da Les enfants du paradis (1945; Amanti perduti) di Marcel Carné, in cui offrì un'interpretazione indimenticabile alla quale è in gran parte affidato il ricordo che il pubblico conserva di lui.
Dopo un'adolescenza vissuta in ristrettezze economiche, ottenuta la licenza liceale al Collège Chaptal decise di dedicarsi alla pittura, e si iscrisse ai corsi di storia dell'arte dell'École du Louvre. Ma la passione per il teatro prese il sopravvento. Nel 1931 riuscì ad avvicinare l'attore e regista Charles Dullin (1885-1949), che lo accolse nel suo teatro, l'Atelier, dove gli insegnò il mestiere e nel contempo lo impiegò in piccoli ruoli. All'Atelier B. ri-mase quattro anni, durante i quali strinse un fruttuoso rapporto con l'attore e mimo Étienne-Marcel Decroux (1898-1991), che lo istruì nell'arte del mimo, cosicché nel 1935 poté esordire nella regia, mettendo in scena una pantomima ispirata al romanzo As I lay dying, di W. Faulkner. Nello stesso anno iniziò l'attività di attore cinematografico, interpretando un ruolo secondario in Les beaux jours (Il sentiero della felicità) di Marc Allégret. Tra il 1936 e il 1937 fu impegnato in ben tredici film, di qualità assai diversa l'uno dall'altro, segno che egli considerava il cinema un'attività secondaria, praticata soprattutto per motivi economici, grazie alla quale, però, ebbe modo di instaurare rapporti durevoli con alcune grandi personalità, quali il poeta e sceneggiatore Jacques Prévert, il regista Carné e il commediografo e regista Sacha Guitry. Di Carné interpretò i primi due film, Jenny (1936; Jenny, la regina della notte) e Drôle de drame (1937; Lo strano dramma del dottor Molyneux). Guitry lo scelse per il ruolo di Bonaparte in Les perles de la couronne (1937; Le perle della corona), da lui diretto insieme a Christian-Jaque. Erano sempre ruoli di contorno, ma incisivi e inquietanti: individui anormali, nevrotici, dallo sguardo febbricitante, tra i quali non mancavano i pazzi, le spie, gli assassini. Una sola volta in questo periodo ebbe una parte da protagonista, che non si discostò tuttavia dai personaggi interpretati in precedenza: fu infatti un giornalista di idee integraliste che si batte contro gli stranieri e l'ateismo e finisce per assassinare una prostituta, colpevole di avere suscitato in lui un insano desiderio sessuale, in Le puritain (1937; Il sacrificio del sangue) di Jeff Musso, tratto dal romanzo The puritan dello scrittore irlandese L. O'Flaherty. Tra i film di quel periodo va ricordato ancora Hélène (1936; Elena studentessa di chimica) di Jean Benoît-Lévy e Marie Epstein, sul set del quale incontrò l'attrice Madeleine Renaud, che sposò nel 1940 e con la quale instaurò anche sul piano professionale un sodalizio durato sino alla loro quasi contemporanea scomparsa. La guerra e l'occupazione tedesca non fermarono l'attività di B., che proprio in quegli anni così drammatici recitò in otto film, e raggiunse il risultato più alto della sua carriera interpretando il mimo Baptiste Debureau in Les enfants du paradis. Intenso risultò il suo coinvolgimento nel film, in quanto fu lui a proporre a Carné il soggetto e a chiedergli l'inserimento di diverse sequenze di mimo, quasi tutte poi tagliate dai produttori; ma insoliti furono anche il personaggio interpretato (un uomo sensibile, dalla figura diafana ed eterea) e il tipo di recitazione, controllata ma nello stesso tempo arricchita da una disperata malinconia. Nel dopoguerra B. diradò le apparizioni sullo schermo, per dedicarsi quasi esclusivamente al teatro. Vanno però ricordati La ronde (1950) di Max Ophuls, Le testament du docteur Cordelier (1959; Il testamento del mostro) di Jean Renoir, dove, di nuovo protagonista, offrì un'interpretazione originale, in chiave quasi farsesca, del tema Jekyll-Hyde, Il mondo nuovo, noto anche come La nuit de Varennes (1982) di Ettore Scola, in cui è Restif de la Bretonne, e il suo ultimo film, La lumière du lac (1988; La luce del lago) di Francesca Comencini, in cui B. e Madeleine Renaud diedero vita a due struggenti figure di anziani immersi nel ricordo dei loro amori giovanili. Pubblicò inoltre due libri di memorie, Saisir le présent (1972) e Souvenirs pour demain (1988).
M. Lapierre, Jean-Louis Barrault e il cinema, in "L'eco del cinema", 1952, 22; Renaud-Barrault au cinéma, 37. Internationale Filmfestspiele Berlin, Retrospektive 1987, hrsg. H. Belach, Berlin 1987; G. Bonal, Les Renaud-Barrault, Paris 2000.