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COMOLLI, Jean-Louis

di Luca Mazzei - Enciclopedia del Cinema (2003)
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Comolli, Jean-Louis

Luca Mazzei

Critico cinematografico, teorico del cinema e regista francese, nato ad Algeri il 30 agosto 1941. Dal 1962 al 1978 è stato uno dei più importanti e attivi redattori della rivista "Cahiers du cinéma", di cui fu direttore dal 1966 al 1971. Sua è la definizione di 'cinema diretto' (1969) e suo è anche il primo fondamentale contributo critico d'impianto materialista sul rapporto fra tecnica e ideologia.

Animatore del Cineclub d'Algeri dal 1958 al 1959, nel settembre 1961 si trasferì a Parigi. Attivo anche come studioso di musica jazz, è stato redattore di "Jazz magazine" e coautore insieme a Ph. Carles di Free jazz/ Black power (1971; trad. it. 1973) e Dictionnaire du jazz (1994). A partire dal 1965 è stato insegnante di cinema prima presso l'IDHEC e La fémis, poi alle Università di Parigi I, VII e VIII e alle Università di Barcellona Pompeu Fabra e Autònoma.

Diventato redattore dei "Cahiers du cinéma" (novembre 1962), era stato tra i primi ad avvertire la necessità di una revisione critica della categoria storica del cinema d'autore, originario tema centrale del mensile parigino. In sostituzione dello schema offerto dalla politique des auteurs, propose un nuovo modello teorico, continuamente in via di definizione, ma sempre finalizzato a una forte integrazione fra realtà storica e rappresentazione filmica. Fondamentale punto di riferimento di questo rinnovato orizzonte teorico, che vedeva al centro il testo filmico e nulla più, né la messa in scena, né il codice stilistico dell'autore, divenne quello che C. e gli altri critici dei "Cahiers du cinéma" definirono il Nouveau cinéma, ovvero un fronte di rinnovamento che i redattori della rivista avvertirono come emergente e comune a un po' tutto il panorama cinematografico mondiale, dall'Europa all'America Meridionale.

La vera svolta teorica C. la effettuerà però nel 1969 con l'articolo Le detour par le directe, uscito sui "Cahiers du cinéma" (1969, 209, pp. 48-53 e 211, pp. 40-45). Attaccando le teorie cinematografiche allora correnti, C. negava che il film (sia di finzione sia documentario) potesse in alcun modo essere considerato una copia del mondo: l'atto del filmare avrebbe costituito sempre un momento produttivo teso alla costruzione di una nuova realtà. Sulla scia di quanto già affermato, dal giugno 1971 all'ottobre 1972 C. intraprese quindi una più compiuta elaborazione in chiave materialista dei propri assunti teorici. Nacquero così i sei articoli dedicati al rapporto fra tecnica e ideologia, incentrati sulla convinzione che non possa esistere una tecnica (espressione con cui C. comprendeva l'intera struttura cinematografica) totalmente neutra, avulsa dalle richieste ideologiche del contesto storico in cui essa è stata generata. L'analisi, rispetto all'ampiezza iniziale dei propositi, rimase incompiuta, ma i testi, raccolti successivamente in volume pubblicato in Italia nel 1982 con ulteriori approfondimenti (Tecnica e ideologia), rimangono ancora nella storia della teoria cinematografica.Fra il 1973 e il 1976, a causa del suo nuovo impegno di regista e di alcune divergenze teorico-politiche, la sua partecipazione attiva ai "Cahiers du cinéma" si diradò, sino al 1978 quando C. tornò a essere una presenza significativa nella rivista con una serie di articoli dedi-cati al rapporto fra cinema e storia. In seguito C. ha orientato la sua ricerca teorica nel campo delle tematiche del realismo, muovendo le sue riflessioni soprattutto partendo dalla centralità del ruolo dello spettatore. Negli anni Settanta e Ottanta forte è stata l'integrazione fra attività teorica e pratica registica, campo in cui si è impegnato grazie alla realizzazione di numerosi documentari presentati nei più importanti festival cinematografici europei e americani, fra cui: Les deux marseillaises (1968), Naissance d'un hôpital (1991) e L'affaire Sofri (2001). Suoi sono anche i film di finzione La Cecilia (1976; La Cecilia ‒ Storia di una comune anarchica) e L'ombre rouge (1981; L'ombra rossa). Tra le sue opere si ricordano: Regard sur la ville (1994), scritto insieme a G. Althabe, Arrêt sur l'histoire (1997), con la collaborazione di J. Rancière, e Cinéma et politique, 1956-1970 (2001), insieme a G. Leblanc e a J. Narboni.

Vedi anche
Cahiers du cinéma Cahiers du cinéma Periodico francese di cinema fondato nel 1951 da A. Bazin e J. Doniol-Valcroze. Negli anni 1950 e 1960 fu espressione della tendenza che ebbe il nome di «nouvelle vague», pubblicando articoli di F. Truffaut, J.-L. Godard, E. Rohmer, R. e C. Chabrol. Dal 1982 la rivista è affiancata ... documentario Film (per lo più cortometraggio) informativo o istruttivo su avvenimenti, luoghi, attività, senza aggiunta di elementi inventivi o fantastici. Può essere distinto in categorie che ne specificano le caratteristiche: di attualità (film-giornale, rassegna di fatti o avvenimenti contemporanei in tutto il ... free jazz Titolo di un disco (1960) del sassofonista O. Coleman passato a indicare uno stile di jazz caratterizzato dalla ricerca di un’estrema libertà armonica e ritmica – data dall’improvvisazione individuale e/o collettiva – e dal rifiuto di schemi formali precostituiti. Il free jazz si distinse per una forte ... critica Complesso delle indagini volte a conoscere e valutare, sulla base di teorie e metodologie diverse, i vari elementi che consentono la formulazione di giudizi su un’opera d’arte. Il concetto di critica letteraria e artistica in genere, anticipato isolatamente da G. Vico, ha il suo pieno e proprio sviluppo ...
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