GÉRICAULT, Jean-Louis-Théodore
Pittore ed incisore nato a Rouen il 26 settembre 1791, morto a Parigi per una caduta da cavallo il 26 gennaio 1824. Allievo di C. Vernet, imparò da lui l'amore per lo sport e per lo studio dei cavalli (1808); quindi passò nello studio del Guérin, allora ritrovo dei Jeune France. L'influenza del Gros e del Rubens, l'entusiasmo per le vittorie dell'esercito napoleonico determinarono l'indirizzo epico del G. Il suo primo quadro, Officiale dei cacciatori a cavallo (Louvre), opera d'un impeto e d'un movimento straordinarî, fu un avvenimento nel Salon del 1812, e sorprese i rappresentanti della pittura accademica. Due anni dopo dipinse il magnifico Corazziere ferito (Louvre, 1814). Dopo il periodo dei Cento giorni, nel quale il G. seguì Luigi XVIII a Bruxelles, partì per l'Italia. Vide solo Firenze e Roma (1816-17), e vi fu soprattutto colpito dall'arte di Michelangelo, sotto la cui influenza concepì i suoi massimi lavori: La corsa dei Barberi (mai eseguito; schizzi nel Museo di Rouen), e La zattera della Medusa (Salon del 1819, ora al Louvre), il cui soggetto fu desunto da un naufragio avvenuto sulle coste del Senegal, e nel quale il patetico è ottenuto per mezzo del nudo. Il giovane Delacroix, che aveva posato per una delle figure, se ne ricordò nell'eseguire la sua Barca di Dante. Nel 1820 il G. partì con Charlet per Londra per esporvi il suo quadro. Scoprì così l'Inghilterra e la sua meravigliosa scuola di coloristi e ne ritornò trasformato. Appartengono a quest'ultimo periodo i quadri più brillanti, nei quali il colore diventa il protagonista e lo stesso linguaggio della sensibilità: Derby d'Epsom, la Scuderia e il celebre quadro Forno per gesso del Louvre furono una vera rivelazione per la nuova scuola.
Spezzò le pastoie imposte all'arte dai seguaci del David. La scuola romantica si riattaccò a lui, ma in realtà egli la oltrepassò per l'indipendenza delle idee e il vigoroso sentimento della vita, che ne fanno il precursore dei grandi naturalisti, come il Courbet e il Manet. Nessun altro fu al pari di lui capaee d'insegnare come, senza ricorrere a trucchi, con la sola potenza dello stile, la realtà possa elevarsi alla vita eroica. L'assenza di orpello e la potenza della costruzione nei suoi lavori fanno spesso pensare alle ricerche che il Cézanne ha perseguito tutta la vita; certi suoi quadri (Vecchia del Museo di Avignone) contengono già in germe tutti i principî del "fauvisme" e potrebbero essere presi per lavori di H. Matisse. Il G. ha lasciato un centinaio di litografie e un certo numero di bozzetti di terracotta che preannunziavano lo scultore di genio. Le sue opere sono quasi tutte al Louvre (20 quadri) e a Rouen (16).
Bibl.: Ch. Clément, Th. G., étude bibl. et crit., Parigi 1868; H. Vollmer, in Thieme-Becker, Künstler-Lex., XIII, Lipsia 1920; R. Régamey, G., Parigi 1926; G. Oprescu, G., Parigi 1927; Luc-Benoist, La sculpture romant., Parigi 1927; cfr. Eug. Delacroix, Journal, a cura di Joubin, Parigi 1932, voll. 3.