Mitry, Jean
Nome d'arte di Jean-René-Pierre Goetgheluck Le Rouge Tillard des Acres de Presfontaines, storico, teorico e regista cinematografico francese, nato a Soissons (Aisne) il 7 novembre 1907 e morto a La Garenne-Colombes il 18 gennaio 1988. È considerato uno dei padri della storiografia del cinema, un campo di studi che le sue ricerche, definite non a caso 'monumentali', hanno contribuito a creare, sistematizzando e allargando la massa di conoscenze acquisite come cinefilo. Contribuì anche al dibattito teorico sul cinema, preannunciando la 'svolta semiologica' degli anni Sessanta. Diede il suo contributo alla nascita della Cinémathèque française e fu professore di storia ed estetica del cinema all'IDHEC; dopo aver insegnato all'università di Montreal, tenne dei corsi di estetica e semiologia del film presso la Sorbonne.Studiò ai licei Janson-de-Sailly e Buffon di Parigi, dove nel 1923 cominciò a lavorare nel campo della pubblicità come disegnatore. Negli anni seguenti maturò il suo interesse per il cinema: fu assistente di Marcel L'Herbier e di Abel Gance, scrisse e diresse alcuni corto-metraggi e iniziò l'attività di critico cinematografico, tenendo una rubrica sul quotidiano anarchico "Le libertaire" e pubblicando articoli e recensioni su diversi altri periodici. Segretario generale del cineclub "La tribune libre du cinéma" dal 1926 al 1932, collaborò nel 1936 con Henri Langlois e Georges Franju alla fondazione della Cinémathèque française, istituto di cui fu anche archivista. In quegli stessi anni iniziò a lavorare alla Filmographie universelle, un vasto catalogo di tutti i film prodotti dal 1895, suddiviso secondo aree geografiche, che sarebbe stato pubblicato dall'Institut des hautes études cinématographiques a partire dal 1963. Sempre negli anni Trenta entrò in contatto con alcuni esponenti del Surrealismo francese, come A. Breton, B. Perret, e strinse amicizia con Antonin Artaud. Dall'inizio degli anni Quaranta si dedicò esclusivamente allo studio del cinema, attività che svolse congiuntamente su tre piani diversi: storico, pratico e teorico. Nel 1944 iniziò a tenere all'IDHEC (in collab. con Georges Sadoul) i corsi di storia del cinema da cui sarebbero scaturite, dalla metà degli anni Cinquanta, le pubblicazioni monografiche su Sergej M. Ejzenštejn, René Clair, John Ford e Charlie Chaplin. Contemporaneamente M. realizzava una serie di film sperimentali volti a esplorare il rapporto tra musica e immagini (Pacific 231, 1949; Images pour Debussy, 1951; Symphonie mécanique, 1955, su musica di Pierre Boulez). Tali ricerche sarebbero confluite nella sua principale opera teorica, la Esthétique et psychologie du cinéma, di cui nel 1963 uscì il primo volume, dedicato a Les structures, seguito due anni dopo dal secondo, che ha per oggetto Les formes. In quest'opera di vasto respiro, che ripercorre il dibattito teorico ed estetico sul cinema, M. si propone di stabilire un punto di equilibrio tra le tendenze contrapposte che in esso si erano delineate: quella realista, che privilegia la matrice fotografica del film, e la tendenza 'creativa', in cui vengono invece esaltati gli aspetti non solo riproduttivi, ma propriamente artistici del cinema. Criticando la presunta neutralità dell'immagine cinematografica e ponendone in risalto il carattere di segno che viene impresso dal sistema di relazioni, implicite o esplicite, in cui è inserita (nell'ambito della stessa inquadratura o nel rapporto stabilito tra le varie inquadrature dal montaggio, in base al ritmo e alle connessioni narrative), M. concepisce il cinema come arte intrinsecamente linguistica, capace di veicolare contenuti emotivi, ma attraverso un meccanismo ostensivo che rimanda continuamente alla realtà. Nonostante avesse inaugurato la stagione degli studi semiologici, M. distinse la sua posizione, sempre ancorata alla specificità del linguaggio filmico, da quella che si andava affermando (La sémiologie en question: langage et cinéma, 1987). Nel frattempo aveva ripreso gli studi di carattere storico; mentre usciva, in più volumi, la sua Histoire du cinéma (1967), M. esplicitò anche la sua posizione metodologica, argomentando in interviste e saggi (De quelques problèmes d'histoire et d'ésthètique du cinéma, in "Les cahiers de la Cinémathèque", 1973, 10-11, p. 112) l'importanza di un approccio alla storia del cinema attento sia agli sviluppi economici e tecnici, sia alle dinamiche linguistiche ed espressive, nonché psicologiche, che in essa si realizzano. Va infine ricordata l'ampia monografia sul cinema sperimentale (Storia del cinema sperimentale, pubblicata nel 1971 in Italia e nel 1974 in Francia) di cui M. ripercorre la storia, dalle origini fino all'Underground, saldando idealmente il suo 'debito' nei confronti dell'avanguardia francese degli anni Venti e dell'ambiente culturale in cui si era formato.
B. Lewis, Jean Mitry and the aesthetics of the cinema, Ann Arbor (MI) 1984; F. Casetti, Teorie del cinema, Bologna 1998⁴, pp. 74-80; G.P. Brunetta, Storia e storiografia del cinema, in Storia del cinema mondiale, a cura di G.P. Brunetta, 5° vol., Teorie, strumenti, memorie, Torino 2001, pp. 191-214.