SARTRE, Jean Paul (App. II, 11, p. 789)
Scrittore e filosofo, morto a Parigi il 15 aprile 1980. Nella sua opera, strettamente intrecciata all'attività in campo politico, è passato da una prima fase di carattere "libertario", aspramente critica verso i comunisti (in nome della "liberazione del proletariato" e delle "libertà concrete", contro "l'utilizzazione delle masse" e la "burocratizzazione"), a una fase filocomunista. Nel luglio 1952, infatti, incomincia a pubblicare sulla propria rivista, Les temps modernes, un lungo saggio, Les communistes et la paix, nel quale sul piano filosofico aderisce al marxismo e sul piano politico manifesta piena solidarietà all'Unione Sovietica e al PCF. Ciò provoca la rottura del lungo sodalizio con M. Merleau-Ponty, che definisce S. "ultrabolchéviste". Tra la fine del 1956 e l'inizio del 1957 pubblica il saggio Le fantôme de Staline, dove, pur ribadendo la sua adesione al marxismo, prende le distanze dall'URSS e sviluppa un'ampia analisi critica dei processi sociali e politici che hanno condotto a un'involuzione nel "campo socialista" e alla repressione della rivoluzione ungherese. In questo periodo S. manifesta simpatia per l'atteggiamento teorico-politico dei comunisti italiani e per la strategia togliattiana delle "vie nazionali" al socialismo. Nel 1957 pubblica Questions de méthode, dove approfondisce le sue critiche alle degenerarazioni teorico-politiche del marxismo (questo scritto figurerà poi come introduzione alla grande opera filosofica di S., Critique de la raison dialectique, pubblicata nel 1960). La decisa azione del filosofo in difesa dell'indipendenza algerina lo riavvicina ai comunisti. Nell'ottobre 1964, egli rifiuta il premio Nobel per la letteratura, per motivi letterari e politici. S. afferma di non voler aggiungere i cambiamenti dell'istituzione e degli onori ufficiali alla potenza della parola scritta e di non voler rimanere implicato nel conflitto tra Oriente e Occidente, rimanendo libero dall'esercitare una mediazione fra le due culture, anche se le sue simpatie politiche "vanno innegabilmente al socialismo e a quello che viene chiamato blocco orientale". Ma il movimento studentesco del 1968 esercita un profondo influsso ideologico-politico su S., che condanna l'atteggiamento tenuto dal PCF e si avvicina sempre più ai gruppi della sinistra extraparlamentare. Aderisce infatti alla "Gauche prolétarienne" e assume la direzione del giornale La Cause du peuple.
Nelle Questions de méthode S. critica l'"intorpidimento" e la "sclerosi" del marxismo ufficiale, che ha tradito l'originaria ispirazione critica di Marx, imponendo alla storia una serie di schemi prefissati e feticizzati: di qui un sostanziale dogmatismo e un'irrimediabile sterilità euristica. In particolare S. respinge l'economicismo del marxismo ufficiale e rivendica la centralità dell'uomo nella società e nella storia: l'individuo non può essere dissolto nelle strutture economiche, ma dev'essere visto in tutte le sue determinazioni concrete (psicologiche, sociali, culturali, ecc.). Perciò il marxismo deve avvalersi nelle sue analisi dell'apporto di quelle scienze umane (psicologia, psicoanalisi, antropologia, sociologia) che ha per lungo tempo respinte. Solo così può cogliere la specificità e la concretezza degli uomini e delle costellazioni storiche. S. propone un metodo d'indagine "progressivo-regressivo": si tratta, da un lato, di risalire ai dati biografico-esistenziali ed economico-sociali che hanno concorso alla formazione dell'individuo; dall'altro lato, di cogliere l'unità significante nella quale sono confluiti tutti i vari momenti, cioè di cogliere l'essere complessivo dell'individuo, condizionato sì da determinate circostanze, ma capace di proporsi determinati fini.
Il problema dell'intelligibilità storica è al centro della Critique de la raison dialectique (trad. it., Milano 1963), opera vasta e complessa, fortemente influenzata dalla dialettica di Hegel (le negazioni delle negazioni sono il motore della storia) e dal metodo fenomenologico. La dialettica storica è "prassi", "attività totalizzante" di soggetti, alla quale si contrappone l'oggettività, il campo del "pratico-inerte" e dell'"antidialettica". L'uomo è costretto dal bisogno a operare sulla materia mediante il lavoro, nel quale egli diviene quasi un oggetto tra gli oggetti, ma al tempo stesso attua un progetto, una totalizzazione. Nel lavoro, quindi, l'uomo realizza sì una "dialettica-natura" condizionata dall'oggettività materiale, ma al tempo stesso una (i dialettica-cultura", che gli fa superare il campo del "pratico-inerte". Come il lavoro, dunque, è alienazione e disalienazione continuamente minacciata dalla ricaduta nell'alienazione, così la storia mostra lo stesso movimento dialettico, che S. formalizza servendosi dei concetti di "serie" e di "gruppo". La "serie" è una molteplicità atomistica d'individui irrelati, caratterizzati da rapporti estrinseci "passeggeri di un autobus, gli ascoltatori di un programma radiofonico, le massaie che fanno la spesa al mercato, ecc.). L'individuo seriale è l'individuo alienato, che non ha ragioni e obiettivi dentro di sé, dominato da regole e da uniformità da lui "trovate" e a lui estraneee, mero numero di una quantità astratta. Alla "serie" si contrappone il "gruppo", che nasce dalla serie ma ne supera l'atomismo e la disorganizzazione: il gruppo è caratterizzato da un movimento costante d'integrazione, che sopprime la dispersione e si fa totalizzazione. Ma, generato dalla serie, il gruppo corre continuamente il pericolo di ricadervi (affermandosi in esso l'autorità la gerarchia, la burocrazia, con le loro regole eteronome).
Nel 1963 S. ha pubblicato il primo volume dell'autobiografia, Les mots (trad. it., Milano 1964), nonché i volumi Situations IV, V, VI nel 1964 il volume VII, nel 1972 l'VIII e il IX, e nel 1976 il X. Del 1971 (voll. I-II) e del 1972 (vol. III) è L'idiot de la famille. Gustave Flaubert de 1821 à 1857, un monumentale studio su Flaubert, in forma di biografia socio-psicanalitica, frutto di un decennio di lavoro, numerose stesure e una completa revisione nel 1968-70.
L'opera, non terminata, la cui scrittura sciatta e pletorica è volutamente lontana dalle ossessioni stilistiche dell'autore di Madame Bovary intende analizzare - attraverso il "caso Flaubert" - la famiglia borghese e il mestiere di letterato. Intrecciando tematiche freudiane, husserliane, heideggeriane e insieme marxiste, S. vede Flaubert come passività attiva, come individuo che si lascia esistere - in un gioco incrociato di pulsioni del profondo e di circostanze familiari e sociali - in un rapporto di fondamentale estraniazione verso il proprio ego e verso il mondo, sequestrato dal reale. In un continuo moto dialettico tra dubbio e passività soggettiva e reificazione del mondo come oggetto-parola, Flaubert finisce per offrirsi a sé stesso come alterità, come oggetto nella materialità del grafema, del mot scritto.
Bibl.: F. Jeanson, Sartre par lui-même, Parigi 1955 (trad. it., Milano 1961); Autori vari, in Aut aut, fasc. 51 (dedicato a Sartre), IX (1959); E. F. Kaelin, An existentialist aesthetic. The theories of Sartre and Merleau-Ponty, Madison (Wisc.) 1962; Autori vari, in Aut aut, fasc. 82 (dedicato a Sartre), XIV (1964); M. Warnock, The philosophy of J.-P. Sartre, Londra 1965; P. Chiodi, Sartre e il marxismo, Milano 1965; Autori vari, Sartre aujourd'hui, in L'Arc, fasc. 30, VIII (1966); F. Jeanson, Sartre, Parigi 1966; W. BIomel, Sartre, Amburgo 1967; M. Rybalka, Les écrits de Sartre. Chronologie, bibliographie commentée, Parigi 1970; G. Cera, Sartre tra ideologia e storia, Bari 1972; Autori vari, L'ultimo Sartre, in Aut aut, XXIII (1973); S. Moravia, Introduzione a Sartre, Bari-Roma 1973.