JOINVILLE, Jean sire di
Cronista francese, nato nel 1224, morto l'11 luglio 1319. Primogenito d'una famiglia feudale della contea di Champagne, ancora in giovane età, per la morte del padre, ebbe il castello di famiglia e il titolo di siniscalco di Champagne, ormai ereditario nella casata; ma probabilmente trascorse la giovinezza in gran parte alla corte di Tibaldo IV, re di Navarra. Nel 1248 partì per la sesta crociata, raggiungendo nell'isola di Cipro il re di Francia Luigi IX. Combatté a Damietta e a Manṣūrah, ma finì anche lui, come il suo re, prigioniero. Riscattatosi andò con Luigi IX a S. Giovanni d'Acri, a Cesarea, a Giaffa, a Tiro, a Sidone, e finalmente, nel 1254, tornò con il re in Francia. Era in quel periodo entrato in grazia del suo sovrano, ch'egli aveva consigliato nel 1251, contro il parere degli altri Francesi, a rimanere in Terrasanta; e da allora rimase amico di Luigi IX, recandosi spesso a Parigi, alla corte, da Troyes o da Joinville dove risiedeva ordinariamente, prendendo parte agli affari del regno e specialmente all'amministrazione della giustizia. Ma quando Luigi IX partì una seconda volta per la crociata, il sire di J. non lo seguì e continuò invece la sua vita tranquilla, onorato anche da Filippo III che gli affidò l'amministrazione della contea di Champagne, nominalmente detenuta da Giovanna di Navarra. Pare che ancora nel 1315, a 91 anni, adempiesse fedelmente ai suoi doveri di vassallo, partecipando alla campagna di Luigi X contro i Fiamminghi.
Proprio nell'ultimo periodo della sua lunga vita, pare nel 1305, egli cominciò a dettare, per espresso invito di Giovanna di Navarra, ora regina di Francia, la sua Histoire de Saint Louis, ch'era terminata nel 1309. Non solo ai suoi ricordi personali dovette fare appello il vecchio siniscalco, apparendo invece certo ch'egli si servì di documenti (dell'Archivio di Saint-Denis), di manoscritti altrui (una redazione delle Grandes Chroniques de France), e anche di testimonianze orali di altre persone (così il conte Pietro di Alençon). Ma anche gl'imprestiti a opere e ricordi altrui acquistano il sapore personalissimo della cosa vissuta, ch'è la caratteristica generale dell'Histoire: sì che questa ha un suo carattere unitario e organico, e, nettissima, l'impronta di chi la redasse. L'opera di J. trae infatti il suo fascino dalla vivezza colorita e dalla plasticità, dalla spontaneità e personalità del racconto dove l'uomo Luigi IX e l'uomo Joinville vengono in piena luce, e non per un preciso e rifinito ritratto di una sola pagina, ma per il continuo confondersi delle imprese e dei fatti generali nell'azione, nel portamento e nella parola dell'uno o dell'altro. Assai meno ricco di senso politico di quanto fosse stato il Villehardouin - l'altro grande storico francese del sec. XIII - e quindi meno atto a porre in rilievo le generali linee di sviluppo degli eventi, J. è, per contro, d'una rara efficacia nel ritrarre, in uno stile nutrito, chiaro, privo di lenocinî letterarî, l'azione esteriore dell'uomo: di qui la vivezza di taluni dei suoi quadri, p. es., di quello, famoso, di Luigi IX che rende giustizia sotto la quercia, a Vincennes. E dall'accento personalissimo dello scrittore deriva anche, all'Histoire, il suo carattere assai rappresentativo dello spirito religioso e cavalleresco delle classi feudali di quell'età: lo spirito "de chevaliers et de gentiz hommes", che credono che Dio "a pouvoir de faire toute chose" ma che, a un tempo, considerano con benevolenza anche la vita terrena, rifuggono dal martirio, dicono onestamente che preferiscono commettere trenta peccati mortali anziché esser lebbrosi (cap. 4) e nonostante tutto il loro fervore cristiano dicono chiaramente, anche se chi li esorta a ciò sia lo stesso Luigi IX, che non laverebbero mai i piedi ai mendicanti "ces vilains".
La parte essenziale dell'Histoire è quella che concerne la spedizione in Oriente, cioè sino al 1254. I primi 15 e gli ultimi 15 capitoli (sui 149 complessivi) sono destinati particolarmente a esaltare il re e le sue virtù. L'Histoire fu data alla stampa la prima volta nel 1547, a Poitiers da A. de Rieux. Seguirono le ediz. di C. Ménard (1618), del Du Cange (1668) e altre. La migliore è quella di N. de Wailly, nella coll. della Société de l'histoire de France (Parigi 1874). Nel 1250-1251 a S. Giovanni d'Acri compose il Credo, ch'egli stesso fece ornare con belle illustrazioni: un commentario di fede cristiana, di cui curò una seconda redazione nel 1288 (ed. in facsimile di A. de Montor, Parigi 1837; poi nell'ed. citata di N. de Wailly).
Bibl.: N. de Wailly, Mémoire sur la langue de J., in Bibl. de l'École des Chartes, 1868-1883; H. P. Delaborde, J. de J., 1894; G. Paris, J. sire de J., in Histoire de la France, XXXII (1898), pp. 291-459.