STAROBINSKI, Jean
Critico letterario e medico svizzero, nato a Ginevra il 17 novembre 1920. Di famiglia originaria della Polonia, ha studiato a Ginevra medicina e lettere, e ha conseguito il dottorato in entrambe le discipline (1958 e 1960). Ha insegnato a vario titolo nelle università di Baltimora, di Basilea, di Ginevra, letteratura francese, storia delle idee e storia della medicina. Dal 1964 è professore ordinario di letteratura francese a Ginevra.
Formatosi alla scuola di M. Raymond, la cosiddetta école de Genève (v. Francia: Letteratura, in questa App.). S. partecipa certamente di quel clima letterario e d'una posizione fondamentale di antidogmatismo. Ma la sua logica stringente, la grande capacità di chiarezza e di sintesi, in una scrittura agile, stimolante, che sposta e rinnova continuamente, sotto diverse angolazioni, problemi e dibattiti, ne fanno senza dubbio uno dei rappresentanti più insigni della nouvelle critique di espressione francese,. e uno studioso di fama internazionale. Tuttavia S. è critico "nuovo", d'avanguardia, non per fanatismo di novità a tutti i costi, bensì quasi per eccesso ed esaltazione di equilibrio, di mediazione, di coesistenza. Già assai indicativi sono i suoi interessi "combinati" per la letteratura e per la medicina, strettamente connessi spesso anche nel suo esercizio di critico. Essi rispondono sul piano metodologico a una duplice istanza: di libera sensibilità e di rigore scientifico, d'invenzione e di storia, di fantasia e di constatazione sperimentale. Ma rispondono anche, più in profondità, a quella "coesione" di vita intellettuale e di vita fisica, d'interno e di esterno, di spirito e di corpo, che sono essenziali nella personalità di S. (e lo ha ben visto G. Poulet).
È da tenere presente il suo concetto di critica, quale appare soprattutto in L'øil vivant (1961; trad. it., 1977) e in La relation critique (1970; trad. it., 1975); ciò che egli chiama il "trajet critique" deve sempre passare per una fase di studio obbiettivo, storico, ricognitivo - è si direbbe quasi diagnostico - per arrivare, dal primo approccio di simpatia, di scelta, di coincidenza con l'opera, a una libera, e naturalmente variabile e "relativa" interpretazione della stessa. D'altra parte, se non è certo credibile e accettabile che un testo letterario sia già tutto nell'individuo che lo ha prodotto ("la vita che spiega l'opera"), cioè che preesista in lui, nel suo carattere, nella sua coscienza, non è meno incredibile e inaccettabile che il testo si realizzi senza l'individuo, cioè senza la sua "individualità", al di fuori di lui e della sua coscienza. L'individuo-scrittore è un "caso", da conoscere prima di sondarne e interpretarne l'opera e il "messaggio".
In questa situazione, tecniche e metodi, dallo strutturalismo alla sociologia, dall'antropologia alla psicanalisi, non possono assumere valori totalizzanti di sistemi infallibili, da sostituire (piuttosto che da aggiungere) a quelli tradizionali: se mai di strumenti da scegliersi "criticamente", secondo le esigenze dei testi che si hanno dinanzi. Ma la vera critica si porrà alla fine fuori di ogni sistematicità, di ogni meccanica applicazione di tecniche strumentali: sarà un "saggio" (e non a caso S. tiene a dare il sottotitolo di essai a quasi tutti i suoi libri), sarà un'esperienza aperta, della parola sulla parola, l'analisi di un testo letterario che creerà un altro testo, segnato anch'esso da una sua individualità.
Studioso soprattutto del Settecento (Montesquieu par lui-même, 1953; Jean-Jacques Rousseau. La transparence et l'obstacle, 1957; nuova ed. aumentata, 1971), si è interessato anche, in pagine a volte brevi, ma sempre acutissime, di numerosi altri scrittori, da Montaigne a Racine e a La Rochefoucauld, da Comeille a Stendhal, da Baudelaire a Breton, a Jouve. Ma notevoli, anche per i rapporti con la letteratura, i suoi studi di medicina, di storia della medicina, e di alcuni concetti e fenomeni che partecipano di tutti e due i suoi campi d'indagine. Ricordiamo qui l'Histoire du traitement de la mélancolie, des origines à 1900 (1960); La nostalgie: théories médicales et expression littéraire (1963); Ironie et mélancolie (1967); Sur la flatterie (1971); Histoire du mot réaction (1975). Questa sua duplice e ampia possibilità d'investigazione gli ha anche consentito non solo di poter usare, con competenza, e con grande misura, gli strumenti psicoanalitici, ma soprattutto di definire i limiti di questi strumenti in ambito letterario, e il rapporto fra psicanalisi e letteratura (Psychanalyse et littérature, in La Relation critique, cit.).
Fra le altre sue opere sono ancora da ricordare: L'Invention de la liberté (1964); Portrait de l'artiste en saltimbanque (1970); Les mots sous les mots: les anagrammes de Ferdinand de Saussure (1971); 1978: Les emblèmes de la raison (1973); Trois fureurs (1974); trad. it., 1978.
Bibl.: G. Poulet, La pensée critique de J. Starobinski, in Critique, XIX (1963), pp. 387-410 (poi nel vol. La conscience critique, Parigi 1971); Ph. Lewis, Language and the French critical debate, in Yale French Studies, 1970, pp. 154-65; A. Clerval, L'øil vivant du critique, in Nouvelle Revue Française, 219, marzo 1971, pp. 85-90; A. Pizzorusso, La relazione critica, in Paragone, 260, ott. 1971, pp. 146-50; F. Giacone, Intervista a J. Starobinski, in micromégas, genn.-apr. 1975, pp. 89-92 e 99-101; R. Macchioni Jodi, L'"occhio" di Starobinski e la nuova critica, in Nuova Antologia, maggio-ag. 1976, pp. 435-39.