MOREAU, Jeanne
Attrice e regista francese, nata a Parigi il 23 gennaio 1928. Dopo aver compiuti gli studi al liceo Quinet e al Conservatorio d'arte drammatica della capitale, debuttò sulla scena nel 1947 in La Terrasse de Midi di M. Clavel, al primo festival di Avignone diretto da J. Vilar.
Scritturata dalla Comédie Française, vi esordì il giorno stesso in cui compiva vent'anni in Un mese in campagna di I. Turgheniev, e vi restava per due bienni durante i quali ricoperse una ventina di ruoli del repertorio classico e contemporaneo. Scritturata successivamente da Vilar per il Théâtre National Populaire, vi recitò von Kleist, Vautier e altri autori classici insieme a G. Philipe, alternando in seguito le parti drammatiche e quelle brillanti al teatro di boulevard (J. Cocteau, G. B. Shaw, T. Williams, M. Marceau). Nel 1953 recitò nel ruolo di Géraldine in L'heure éblouissante di A. Bonacci, che la impose all'attenzione del pubblico e della critica. Nonostante il regista J. Duvivier avesse cercato di dissuaderla dall'apparire sullo schermo addebitandole un fisico ingrato, fin dal 1949 la M. si è avvicinata al cinema: dopo l'esordio in Dernier amour di J. Stelli ha recitato in commedie vivaci, al fianco di Fernandel (Meurtres, Solo Dio può giudicare, 1950) e, in noirs, insieme a J. Gabin (Touchez pas au grisbi, Grisbi, 1953). Mentre come cantante incideva dischi che ne accrescevano la popolarità (nel 1964 riceverà il Grand Prix du Disque), emergeva rapidamente fra le attrici della sua generazione rivelando un'autentica vocazione drammatica.
Protagonista in un centinaio di film nei quali porta il segno della sua fiera personalità caratterizzata dalla risolutezza, dall'indipendenza, da un'intensa partecipazione alle ambiguità della vita, annovera fra le sue interpretazioni maggiori quelle nei tre film di L. Malle che le dettero la celebrità (Ascenseur pour l'échafaud, Ascensore per il patibolo, 1957; Les amants, 1958; Viva Maria!, 1965), in Les liaisons dangereuses (Relazioni pericolose, 1959) di R. Vadim, in Moderato cantabile di P. Brook (1960), in La notte (1960) di M. Antonioni, e soprattutto in Jules et Jim (1962) di F. Truffaut, la tragica storia del rapporto fra una donna e due amici con lei conviventi: un esempio di ''coppia aperta'' che suscita scalpore e rafforza quell'immagine di donna libera idealizzata dalla nouvelle vague, per la quale la M. è una musa rivoluzionaria. A partire dal 1960 l'attrice si divide fra il cinema europeo e quello statunitense, di volta in volta chiamata da registi di fama quali J. Losey (Eve, 1962, Eva; La truite, La trota, 1962), O. Welles (The trial, Il processo, 1962; Chimes at midnight, Falstaff, 1965; Immortal story, Storia immortale, 1968; The deep, 1970), L. Buñuel (Le journal d'une femme de chambre, Diario di una cameriera, 1963), J. Frankenheimer (The train, Il treno, 1964), T. Richardson (Mademoiselle, ...E il Diavolo ha riso, 1966; The sailor from Gibraltar, Il marinaio del ''Gibilterra'', 1967), P. Mazursky (Alex in Wonderland, Il mondo di Alex, 1970), E. Kazan (The last tycoon, Gli ultimi fuochi, 1976), R. Fassbinder (Querelle, 1982). Più recentemente la si è vista fra l'altro in Le miraculé (Il miracolo, 1987) di J. P. Mocky, in Nikita (1990) di L. Besson, in The suspended step of the stark (Il passo sospeso della cicogna, 1991) di T. Anghelopulos, in Bis ans Ende der Welt (Fino alla fine del mondo, 1991) di W. Wenders, in La vieille qui marchait dans la mer (1992) di L. Heynemann.
La M. si è provata anche nella produzione di documentari (Lillian Gish, 1984) e nella regia, dirigendo se stessa in Lumière (1975, Scene di un'amicizia fra donne), dove si confrontano quattro attrici cinematografiche, e nell'autobiografico L'adolescente (1978).
Con un volto che, come fu detto, può recitare da solo, senza parlare, la M. ha conservato nella lunga carriera una piega amara della bocca, una concentrazione, il senso di una verità psicologica talvolta ai limiti del crudele, una carica di sensualità che le hanno assicurato un fascino personalissimo. Impegnatasi costantemente nel perfezionamento delle proprie doti, preferisce in teatro e cinema energiche e complesse figure femminili che rifiutano la sicurezza borghese e scelgono la totale sincerità verso se stesse. Premiata a Cannes come migliore attrice nel 1960, alla Mostra di Venezia nel 1992 ha ricevuto il Leone d'oro alla carriera.
Bibl.: Z. A. Erdelyi, J. Moreau, Budapest 1977; M. Ruscart, J. Moreau, une femme, une actrice, Parigi 1986; Le récit de la servante Zerline, ivi 1987; J. C. Moireau, J. Moreau, ivi 1988; G. Lauermann, J. Moreau: Ihre Filme, ihr Leben, Monaco di B. 1989; J. E. Lorenz, J. Moreau, in International dictionary of film and filmmakers, 3 (Actors and actresses), Detroit e Londra 1992, pp. 703-04.