Bridges, Jeff
Attore cinematografico statunitense, nato a Los Angeles il 4 dicembre 1949.
Figlio di Lloyd e fratello di Beau, entrambi attori, ha esordito a soli quattro mesi in The company she keeps (1949; N.N. Vigilata speciale). Terminati gli studi presso lo Herbert Studio di New York, ha ottenuto la prima candidatura all'Oscar nel 1971 per il film di P. Bogdanovich The last picture (L'ultimo spettacolo); la sua carriera è proseguita sotto il segno di ruoli impegnativi e tormentati, in linea con la tradizione americana, ma la sua avvenenza fisica ha rischiato sempre di metterne in ombra il talento. Sono seguiti film importanti come Fat city (1972; Città amara) di J. Huston e Thunderbolt and lightfoot (1974; Una calibro 20 per lo specialista), straordinario esordio di M. Cimino, per il quale B. è stato nuovamente candidato all'Oscar come miglior attore non protagonista.
Nel 1980 ha rinnovato la sua collaborazione con Cimino per il controverso Heaven's gate (I cancelli del cielo). Quattro anni dopo B. ha ottenuto la sua terza candidatura all'Oscar, grazie all'interpretazione di un alieno naufragato sulla Terra in Starman (1984) di J. Carpenter. Con il poliziesco 8 million ways to die (1986; 8 milioni di modi per morire), l'attore si è calato nel ruolo di un detective alcolizzato con tale convinzione da permettere all'ultimo film di H. Ashby di assurgere al livello di piccolo classico del noir contemporaneo. Due anni dopo, per portare sullo schermo l'inventore e industriale P. Tucker, F.F. Coppola è ricorso allo sguardo da eterno adolescente sognatore di Bridges. Autobiografico per traslazione (il film è la storia del fallimento della Zoetrope, casa di produzione fondata da Coppola), Tucker: a man and his dream (1988; Tucker: un uomo e il suo sogno) ha permesso all'attore di dar vita a un personaggio che sembra provenire dal mondo e dalla mitologia di F. Capra. Con Texasville (1990) di Bogdanovich, sfortunato seguito di The last picture show, B. ha offerto un'ottima interpretazione di Duane Jackson, appesantito dagli anni e dalle disillusioni. Come per Starman, anche questa interpretazione 'maiuscola' è vincolata a un film rifiutato dalla critica.
Negli anni Novanta il talento dell'attore è giunto alla piena maturità, come dimostra The fisher king (1991; La leggenda del re pescatore), fantasmagorica parabola morale diretta da T. Gilliam. Il film ha sancito la consacrazione artistica di B., il quale però, per non smentire il suo affetto per i film 'perdenti', ha interpretato Fearless (1993; Fearless - Senza paura), l'ottimo western crepuscolare Wild Bill (1995) di W. Hill, dolente rilettura di una delle figure chiave della storia del West, nonché White squall (1996; L'albatros - Oltre la tempesta), The mirror has two faces (1996; L'amore ha due facce) e The big Lebowski (1998; Il grande Lebowski), in cui B. costruisce, in maniera esemplare, un personaggio vittima degli eventi, disincantato e passivo, ma al tempo stesso pieno di un'irrefrenabile energia vitale.
bibliografia
B. Barry, Jeff Bridges: popular non-actor, in Close-ups: intimate profiles of the movie stars by their co-stars, directors, screenwriters, and friends, ed. D. Peary, New York 1978.