Jones, Jennifer
Nome d'arte di Phyllis Isley, attrice cinematografica statunitense, nata a Tulsa (Oklahoma) il 2 marzo 1919. Dotata di un temperamento istintivo, che rispecchiava la sua bellezza aggressiva e proterva, poco incline a subire i condizionamenti di Hollywood, ma decisa a imporsi con caparbia determinazione, negli anni Quaranta la J. interpretò film destinati a ottenere successo in tutto il mondo, in particolare The song of Bernadette (1943; Bernadette) di Henry King, nel ruolo della pastorella di Lourdes che assiste ad apparizioni mistiche, per il quale ottenne l'Oscar nel 1944, e il famoso, sensuale e barocco mélo western di King Vidor Duel in the Sun (1946; Duello al sole), cui è legata l'immagine più famosa e suggestiva dell'attrice, quella della splendida meticcia che scatena la drammatica rivalità tra due fratelli. Successivamente si specializzò in melodrammi sentimentali che se da un lato hanno addolcito la sua figura seducente, dall'altro non le hanno consentito di cimentarsi con personaggi carismatici che avrebbero potuto imporla definitivamente nel ricordo del pubblico, come nel caso di altre attrici divenute veri simboli dell'immaginario.
Figlia d'arte (la sua era una famiglia di attori girovaghi del varietà), la J. decise di fare l'attrice contro il volere dei genitori, che invece volevano farla studiare. Infatti, dopo essere stata al Monte Cassino Junior College di Tulsa e aver frequentato per un anno la Northwestern University di Evanston (Illinois), si iscrisse alla American Academy of Dramatic Arts di New York. Prese quindi parte ad alcuni spettacoli teatrali con la Cherry Lane Troupe e quindi lavorò nel 1938 come attrice alla radio, per poi esordire nel cinema interpretando alcuni western di routine della Republic Pictures Corporation, dallo schema ripetitivo, in cui impersonava sistematicamente l'eroina destinata a baciare l'amato cow boy solo nella scena finale. Venne quindi notata dal produttore David O. Selznick che la pose sotto contratto dal 1941 e le preparò un lancio sicuro affidandole il ruolo della protagonista in The song of Bernadette. Ebbe così inizio la sua definitiva scalata al successo, propiziata anche dal matrimonio con Selznick, avvenuto nel 1949, dopo che l'attrice aveva divorziato dall'attore Robert Walker. L'anno della consacrazione fu il 1946 durante il quale fu protagonista dell'amara commedia satirica Cluny Brown (Fra le tue braccia), del maestro Ernst Lubitsch ‒ in cui disegnò con Charles Boyer la memorabile coppia (una fanciulla di umili origini e un intellettuale polacco) che mette in evidenza le rigide convenzioni del mondo inglese ‒ e quindi di Duel in the Sun. Al fianco di Joseph Cotten e di Gregory Peck (in un inusuale ruolo negativo), lasciò emergere in questo film dai colori accesi tutto il suo conturbante erotismo, in particolare nel famoso duello finale in cui l'amore si intreccia definitivamente alla morte. Se nel 1949 si rivelò per lei decisamente felice l'occasione di lavorare con Vincente Minnelli in una bella riduzione di Madame Bovary, da G. Flaubert, ove seppe rivelare qualità di recitazione più sobrie e intimiste, fu in quello stesso anno che prese parte, ancora accanto a Joseph Cotten, al delicato, onirico Portrait of Jennie (Il ritratto di Jennie) di William Dieterle tratto dal romanzo di R. Nathan. Nel film la J. anima con notevole sensibilità l'evanescente figura femminile di cui è innamorato il pittore protagonista, e che si rivelerà apparizione sovrannaturale. Più convenzionali gli altri melodrammi interpretati: Since you went away (1944; Da quando te ne andasti) di John Cromwell, Carrie (1952; Gli occhi che non sorrisero) di William Wyler, A farewell to arms (1957; Addio alle armi) di Charles Vidor, versione patinata del romanzo di E. Hemingway, e Tender is the night (1961; Tenera è la notte) di H. King, altrettanto patinata versione del romanzo di F.S. Fitzgerald. Il melodramma più noto, retorico e popolare che la vide protagonista, giocato su tutti i cliché più tipici del genere (compresa una colonna sonora suadente e di grande successo), rimane comunque Love is a many-splendored thing (1955; L'amore è una cosa meravigliosa) di King, in cui è una ragazza euroasiatica che, tra pregiudizi, crudeli pettegolezzi e difficoltà di ogni tipo, ama, riamata, un giornalista americano (William Holden), destinato a morire in Corea. Sempre imposta dal marito, la J. aveva tentato anche prove d'autore, diretta da John Huston in We were strangers (1949; Stanotte sorgerà il sole), accanto a John Garfield, e in Beat the Devil (1953; Il tesoro dell'Africa), e perfino da Vittorio De Sica nella strana storia d'amore interpretata nel 1953 al fianco di Montgomery Clift, Stazione Termini. L'intreccio tra il suo lavoro e l'influenza del potente Selznick fu costante e indubbia: di fatto la sua carriera si interruppe dopo la morte del marito, avvenuta nel 1965. Risale al 1974 l'apparizione nel film catastrofico, dal cast all star, The towering inferno (L'inferno di cristallo) diretto da John Guillermin e irvin Allen, partecipazione che rivela più una momentanea nostalgia per il grande schermo che un serio tentativo di riprendere la carriera interrotta: quasi il desiderio di trovare nel cinema, che le aveva portato il successo, una parentesi rispetto a una vita privata non sempre facile, funestata anche dalla perdita di una figlia.
B. Linet, Star-crossed: The story of Robert Walker and Jennifer Jones, New York 1986; J.L. Carrier, Jennifer Jones: a bio-bibliography, New York 1990; E.Z. Epstein, Portrait of Jennifer: a biography of Jennifer Jones, New York 1995.