BAGGESEN, Jens
Poeta danese. Nato a Korsør il 15 febbraio 1764 da famiglia umilissima, cresciuto fra gli stenti, educato da una madre pietista, con una natura estremamente impressionabile, incapace di superare entro di sé il dissidio fra le idee del tempo e le esigenze già nuove, moderne della sua sensibilità, fu, per l'opera molteplice e per la travagliata esistenza, una delle figure più rappresentative della irrequietudine spirituale che contrassegnò in Europa la fine del sec. XVIII. Protetto da circoli tedeschi della Danimarca, e particolarmente dal duca Frederik Christian di Augustenborg, che non solo gli assegnò una pensione, ma non si stancò mai di aiutarlo in tutti i modi procacciandogli sempre nuovi impieghi (v. Timoleon und Immanuel, Dokumente einer Freundschaft. Briefwechsel zwischen Friedrich Christian zu Schleswig-Holstein und J. Baggesen, ed. H. Schulz, Lipsia 1910), finché personalmente si occupò di lui lo stesso re Federico VI, nominandolo professore di letteratura all'università di Kiel (1811). In nessun posto poté mai stabilmente rimanere, sempre incalzato da un'interna agitazione che lo spinse a trascorrere, senza pace, qua e là la vita, errando di paese in paese, ora in Germania, ora in Francia, ora in Svizzera, ora in Italia. E continuamente passò anche di passione in passione, da quando, studente, spasimava per "Seline", la moglie del poeta Pram, suo primo protettore, fino a quando, cinquantenne, scriveva canti d'amore alla giovinetta dei Digte til Nanna (Poesie a Nanna): nel 1790, di ritorno da Parigi dove aveva danzato sulle rovine della Bastiglia, sposò Sofia Haller, figlia del grande naturalista e poeta; ma dopo pochi anni la perdette nel fiore dell'età appena ventottenne (v. B. Petersen, J. Baggesen og Sophie von Haller. En Kaerlighets Historie, Copenaghen 1904; trad. tedesca di J. Rohr nel Bund di Berna, 1902); e un nuovo matrimonio troppo precipitosamente contratto (1799) con la parigina Fanny Reybaz (e giudicato assai aspramente in Germania, per le circostanze in cui avvenne: lo Arnim raffigurò ironicamente il B. nel poeta Waller della Gräfin Dolores; cfr. F. Schulze, Die Gräfin Dolores, Lipsia 1904; e v. anche W. Grimm, Kleine Schriften, I, Lipsia 1851) fu poco felice: lasciata la moglie con i figli in una villetta a Passyle-Roy presso Parigi, il B. continuò a vagabondare per l'Europa, ricomparendo solo di tratto in tratto presso la famiglia.
Come scrittore il B. mosse da composizioni di gusto classicistico, secondo la allora dominante influenza francese, nella maniera del Wessel (Comiske Fortaellinger, Racconti comici, 1785); e una traccia ne serbò anche in seguito, nel vigile senso della forma, nell'amore per l'espressione corretta, levigata, elegante; anche quando si volse a rielaborare un testo di poesia nazionale, come nell'armoniosa versione del Niels Klim di Holberg (1789); anche quando il suo maggiore interesse si spostò verso la nuova poesia tedesca allora nascente. È significativo che il primo poeta tedesco a cui si ispirò fu il Wieland, in Holger Danske (1789), melodramma tratto dall'Oberon (lo tradusse il Cramer in tedesco, il Heiberg lo parodiò, e ne nacque un'accanita disputa polemica - la Holgerfeide - a cui partecipò tutto il mondo letterario del tempo): più tardi scese egli stesso direttamente in Germania (i789-90) e vi conobbe, oltre il Wieland, anche Klopstock, Voss, Lavater, Schiller, Jacobi: a Schiller ottenne un sussidio dal duca di Augustenborg (vedi H. Schulz, Schiller und der Herzog von Augustenburg in Briefen, Jena 1905); con Jacobi si legò di durevole amicizia; attraverso Reinhold acquistò famigliarità con il pensiero di Kant, e tanto si accese d'entusiasmo da aggiungere da allora in poi al proprio nome anche quello di Immanuel (v. Aus J. Baggesens Briefwechsel mit K.L. Remhold und Fr. H. Jacobi, voll. 2, Lipsia 1831); ma quando, ispirandosi allo Sterne, descrisse il suo viaggio nel Labyrinth (voll. 2, 1792-93; trad. tedesca di F. Cramer, Lipsia 1793-95), il maggior pregio dell'opera fu, accanto all'interesse della materia, il garbo della prosa forbita, limpida, agile, quale la letteratura danese ancora non conosceva. Anche i racconti Författerens Levnet (La vita dell'autore), Døden og Doctoren (La morte e il dottore) e il grazioso poemetto Emma, riuniti nella raccolta Ungdomsarbeider (Opere di giovinezza, 1790-91) sono scritti in questo stesso stile lindo, lucido, chiaro. Il tumulto passionale della sua vita non è riuscito mai a improntar di sé la sua poesia, la quale ha continuato invece a prediligere la causerie ora canzonatoria ora scherzosa in ben lavorati versi di tono discorsivo (Theateradministratoriaden, 1799; Skiemtsomme Rinbreve, Epistole giocose, 1807), e ha trovato, forse, la sua espressione migliore nella grazia di talune lievi liriche, il cui contenuto è poco più che una lacrima o un sorriso (in tedesco: Gedichte, voll. 2, Amburgo 1803; in danese: Digte, Nye blandede digte, Nuove poesie miste, 1807; Nyeste blandede Digte, Nuovissime poesie miste, 1808): alcune di esse, come Dajeg var lille (Quand'ero piccino), Du Plet af Jord hyorförste Gang mit Øje (Tu, lembo di terra, dove per la prima volta il mio occhio), il ciclo Roserne (Le rose), Strømpebandet (La giarrettiera), oppure, in tedesco, Mein Herz ist wie ein Taubenhaus, Seit Vater Noah in Becher goss, ecc., sono ancora oggi popolari. Si comprende perciò come, fra tutte le forme care alla poesia del tempo, una particolare attrazione abbia esercitato sul B. l'idillio, per il contemperamento di sensitività romantica e di forme classiche che esso offriva: alla Louise del Voss e al Hermann und Dorothee del Goethe accompagnò infatti anch'egli una sua Parthenais oder die Wallfahrt der Jungfrauen zur Jungnfrau (1803; 3ª ed., riveduta e con aggiunte, 1807; 6ª ed., con nuove aggiunte, 1836), poema alquanto artificioso e manierato, fastidiosamente zeppo d'immagini mitologiche, ma non privo di gentili e delicati particolari e animato, a tratti, da un vivido sentimento della natura (O. Zürcher, J. Baggesens Parthenais, Lipsia 1912): nel 1810 la tradusse in francese il Fauriel, con un'ampia introduzione, le cui idee - in parte ispirate a un celebre saggio di W. von Humboldt sull'idillio (Magazin Enciclopédique, 1798) - non furono senza influenza sul romanticismo italiano: fu tentato di darne una versione lo stesso Manzoni, ma poi, abbandonata l'idea, si limitò a rivolgere all'eroina del poema i noti sciolti del carme Parteneide (M. Porena, Il Carme a Parteneide di A.M., in Miscellanea in onore di A. Hortis, Trieste 1910).
Allo spirito del nuovo secolo il B. parve volersi interamente avvicinare solo nel 1806, durante un nuovo soggiorno a Copenaghen, quando, innamorato di Sophie Østed, sorella di Oehlenschläger, fu tratto per alcun tempo a condividere la romantica fede delle più giovani generazioni; si convertì allora all'idealismo di Fichte, studiò gli scritti di Schelling, s'esaltò all'idea d'una poesia rivelatrice di mistiche verità, e scrisse in Giengangeren og han selv eller Baggesen over Baggesen (Lo spettro e lui stesso, ovverosia Baggesen che parla di Baggesen, 1807) la sua palinodia, pronunciando uno spietato giudizio su sé stesso e la letteratura dell'età sua: la raccolta Heideblumen (Fiori di landa, Amsterdam 1808), dedicati a "Lilià" la sua romantica ispiratrice, contiene, accanto ad Oceania, frammento d'un vasto poema Cookias rimasto incompiuto, un buon gruppo di poesie dettate secondo il nuovo stile. Ma fu un'esaltazione momentanea. Già nel 1809 stava lavorando a Der vollendete Faust (Il Faust compiuto), poema drammatico-satirico, pieno di violenti attacchi a Fichte, agli Schlegel e alla loro scuola: il poema fu pubblicato solo dopo la sua morte; ma una indubbia testimonianza del nuovo atteggiamento dava nello stesso anno la strenna Der Karfunkel oder Klingklingelalmanach, ein Taschenbuch für vollendete Romantiker und angehende Mystiker (Il carbonchio o Klingklingelalmanach, Strenna per compiuti romantici e mistici in erba, 1809).
L'aspra polemica con Oehlenschläger, che scoppiò dopo il suo ritorno a Copenaghen, nel 1813, lo irrigidì più tardi anche maggiormente nella sua posizione, impegnando per sei anni gran parte della sua attività in una lotta sterile, in cui combatté con tenacia, assistito soltanto dal Grundtvig, contro una folla di avversarî: fondò apposite riviste (Søndagen, Lille Søndagaften, Danfana), e, per difendersi contro gl'insulti di P. Hjort nei Tolf Paragrafer om J. Baggesen (Dodici paragrafi intorno a J. Baggesen) e contro l'accusa di plagio (a proposito del suo melodramma Trylleharpen, L'arpa incantata) dovette far ricorso anche ai tribunali: poco tempo gli restò per la propria produzione poetica, e il meglio di essa, con una ripresa di Poetiske Epistlar (1814), sono alcune liriche e il notevole frammento di leggenda "epica" Thora fra Havsgaard. Alla fine, stanco, isolato, malato, ripartì per la Francia (1820).
Fin dal 1809 aveva intanto cercato un nuovo fondamento al suo pensiero nella "filosofia del sentimento" del suo amico Jacobi, e, rinascendo anche le tendenze mistiche della sua infanzia, col passar degli anni, il suo spirito fu sempre più dominato da preoccupazioni filosofiche e religiose (v. E. Hesse, J.B. und die deutsche Philosophie, Lipsia 1915): l'oscuro simbolismo del poema sulla Croce, Det evige Sindbillede (L'eterno simbolo), e la Philosophie des Christentums documentano questo suo stato d'animo.
Difficoltà finanziarie, che lo condussero per breve tempo anche in prigione per debiti, la salute diventata sempre più cagionevole, la perdita della moglie e del più giovane dei figli (1822) resero infine assai travagliata la sua esistenza: nel 1823-24, in Svizzera, portò ancora a termine un poema fra il serio e l'umoristico Adam und Eva oder die Geschichte des Siindenfalls: passò l'anno seguente a Dresda, e, sulla via del ritorno in patria, morì il 3 ottobre 1826 ad Amburgo. Fu sepolto nel cimitero di Kiel.
Opere: Danske Waerker, ed. A. Baggesen e C.J. Boie, voll. 12, Copenaghen 1827-32; Poetiske Skrifter, ed. A. Arlaud, voll. 5, Copenaghen 1889-1903; Poetische Werke in deutscher Sprache, voll. 5, Lipsia 1836; Fragmente aus dem literarischen Nachlass, Lipsia 1855; Philosophischer Nachlass, voll. 2, Lipsia 1858-63.
Bibl.: A. Baggesen, Jens Baggesens Biografi, voll. 4, Copenaghen 1843-56; K. Arentzen, Baggesen og Oehlenschläger, voll. 8, Copenaghen 1870-78; J. Clausen J. B., en litterär-psychologisk Studie, Copenaghen 1895.