WHITE MARIO, Jessie
WHITE MARIO, Jessie. – Nacque il 9 maggio 1832 a Gosport, una cittadina vicino Portsmouth, in Inghilterra, da Thomas e da Jane Teage Meriton.
Il padre lavorava nel settore della cantieristica navale, occupandosi della progettazione e della costruzione di imbarcazioni e scali portuali. Rimasto vedovo dal primo matrimonio e con quattro figli, si risposò nel 1827 con Jane, dalla quale ebbe altri quattro bambini, tra cui Jessie.
Dopo la morte prematura della madre, avvenuta nel 1834, la piccola fu cresciuta da Jane Gain, terza moglie del padre, insegnante e fervida ammiratrice del pedagogista Johann Heinrich Pestalozzi. Jessie frequentò prima la scuola del villaggio di Portsmouth, poi quella di Reading, quindi andò a Londra e a diciassette anni era a Birmingham.
Poco interessata all’educazione puritana impartita dalla famiglia, si appassionò invece alla filosofia religiosa di John Daniel Morell e al dibattito sulle riforme politiche e sociali, che in quegli anni stava infervorando l’Inghilterra. Le sue riflessioni si inserivano all’interno di un dibattito di grande attualità, scoppiato in seguito all’estensione del suffragio del 1832, al rafforzamento delle attività delle trade unions e alle questioni sociali e politiche poste da intellettuali di primo piano come John Stuart Mill e il predicatore George Dawson. A colpirla erano soprattutto le difficili condizioni di vita delle classi meno abbienti e la speranza di un miglioramento ottenuto dalla collaborazione con le istituzioni. L’interesse per tali questioni affiorò sin dai primi scritti pubblicati anonimi nel 1853 sulla rivista femminile Eliza Cook’s Journal. Le novelle – intitolate Alice Lane e Roger Dale – si soffermavano sui disagi diffusi tra operai e contadini nell’età vittoriana, ed esaltavano l’educazione come strumento per promuovere il progresso sociale, nella convinzione che lo sviluppo personale dipendesse da quello dell’intera collettività.
La sua capacità di osservazione e di analisi era sostenuta dagli studi filosofici che proprio in quegli anni stava portando avanti alla Sorbona di Parigi, sotto la guida di Félicité-Robert de Lamennais. Nella capitale francese conobbe la signora Emma Roberts, molto vicina a Giuseppe Garibaldi, e nel 1854 la accompagnò in visita dall’eroe, nel Regno di Sardegna. L’incontro rappresentò per lei un momento di svolta: rientrata in Inghilterra, nella primavera dell’anno seguente, iniziò a impegnarsi attivamente in favore della causa nazionale italiana. Presentò richieste di ammissione alla facoltà di medicina dell’Università di Londra e agli ospedali della città. Era decisa a diventare infermiera, ma la sua domanda venne respinta in quanto donna.
Restano tuttavia significative le ragioni che motivarono questa scelta: come scrisse in alcuni appunti, aveva promesso a Garibaldi di soccorrere i feriti nelle future battaglie nazionali. A questi obiettivi, si aggiungeva una sincera passione per la medicina, nata dalla malsana salute di uno dei suoi fratelli, che presentava una particolare fragilità ossea, e rinsaldata dalla conoscenza di Ricciotti Garibaldi, bisognoso di cure analoghe.
Contemporaneamente, Jessie si avvicinò alla Società degli amici d’Italia e in particolare agli Ashurst, che rappresentavano un punto di riferimento per gli esuli italiani e per gli italofili a Londra. Donne come Emilie ed Eliza erano tra le amiche intime di Giuseppe Mazzini e si adoperavano alacremente nella raccolta di fondi e nel coordinamento delle imprese supportate dal patriota. Le relazioni intrecciate con queste personalità di primo piano furono segnate da una collaborazione mista a una profonda rivalità nel contendersi le attenzioni di Mazzini. Jessie lo conobbe personalmente nel 1856, attraverso la Società, e divenne immediatamente uno dei punti di riferimento della sua vita: non fu solo sua grande ammiratrice e collaboratrice, ma si conquistò la sua ammirazione e la sua amicizia, guadagnandosi il soprannome affettuoso di Bianca.
Intanto si rafforzava anche il legame con Garibaldi. Nella primavera dello stesso anno lo incontrò in Inghilterra e con lui si confrontò sulle recenti vicende politiche, soffermandosi sulle ricadute internazionali della guerra di Crimea. La stima che Garibaldi riponeva in lei fu confermata pochi mesi dopo, quando le chiese di curare la prefazione e la traduzione inglese del libro di Felice Orsini, un best seller uscito con il titolo di The Austrian dungeons in Italy. Per Jessie fu l’occasione per richiamare l’attenzione sulle condizioni degli esuli e dare il suo contributo alla propaganda in favore della causa italiana. Sensibilizzare l’opinione pubblica divenne ben presto un obiettivo di primaria importanza, per questo, oltre a impegnarsi nella raccolta delle sottoscrizioni per il Fondo nazionale promossa da Mazzini, organizzò una serie di conferenze tra Inghilterra e Scozia, finanziariamente sostenute da Walter Savage Landor.
Prima della partenza, avvenuta nel dicembre, Jessie pubblicò una serie di articoli sul Daily News per introdurre i temi di cui si sarebbe occupata: la liberazione delle nazioni oppresse, gli eventi succedutisi nella penisola italiana tra il Congresso di Vienna e il momento attuale, la Giovine Italia e i progetti di Mazzini.
Nella primavera del 1857 Jessie si recò a Genova, dove lui le aveva chiesto di raggiungerlo. Qui conobbe il patriota Alberto Mario, che fu invitato ad accompagnarla nei suoi successivi spostamenti. Raggiunse Torino, poi La Spezia, Alessandria, Savona e Oneglia. Ovunque si attirò l’interesse della stampa locale, distraendo l’attenzione dai preparativi della spedizione di Carlo Pisacane. Tuttavia, il fallimento della cospirazione fece precipitare gli eventi: Mazzini rientrò in Inghilterra, mentre Jessie e Alberto furono catturati il 4 luglio e imprigionati a Genova. La sua detenzione si protrasse per quattro mesi, due in più rispetto a quelli scontati da Alberto, sia perché rifiutò il rimpatrio immediato in Inghilterra, sia in quanto non godeva dell’appoggio dell’ambasciatore britannico a Torino, sir James Hudson, che giudicava le opinioni politiche della detenuta e la sua manifesta simpatia per Mazzini sufficienti a comprometterla con i ribelli.
Appena rilasciata, in novembre, partì per l’Inghilterra insieme ad Alberto, a cui si era legata, e il 19 dicembre si sposarono con cerimonia civile. Le posizioni politiche del marito erano molto distanti dalle sue: inizialmente giobertiano, aveva poi abbracciato gli ideali mazziniani e infine era diventato un convinto sostenitore di Carlo Cattaneo. Al contrario, Jessie aveva posizioni democratico-repubblicane ed era lontana dagli ambienti federalisti. Ad unirli, tuttavia, era il medesimo amore per la causa italiana, per la giustizia e il liberalismo.
I Mario trascorsero il primo anno di matrimonio tra l’Inghilterra e la Scozia. Alberto scriveva articoli di letteratura per la National Review, mentre Jessie teneva conferenze e si occupava della traduzione in inglese degli scritti del marito. Alla fine di novembre del 1858, grazie a fondi stanziati dai White e da Mazzini, i due partirono per un ciclo di conferenze negli Stati Uniti. Sin dal loro arrivo furono seguiti dalle principali testate giornalistiche americane, come l’Herald, il Times, il New York Post, il Tribune, e ovunque Jessie descrisse la situazione della penisola, parlò di Mazzini e del suo progetto nazionale, criticò la Chiesa cattolica e illustrò i vantaggi dell’ordinamento repubblicano. Come ebbe modo di spiegare in occasione di un contenzioso con il Times, non si proponeva come sterile portavoce dell’ennesimo popolo oppresso, il suo obiettivo era piuttosto guadagnare ai patrioti il sostegno degli americani, per esercitare una pressione a livello internazionale sui regnanti europei. La sua determinazione e la sua passionalità le guadagnarono anche conoscenze che si sarebbero rivelate fondamentali per il futuro, come quella del giornalista Edwin Lawrence Godkin.
Il tour americano fu interrotto nella primavera del 1859 dallo scoppio della seconda guerra di indipendenza, che spinse i Mario a rientrare nel vecchio continente. Il 25 luglio raggiunsero Milano e da qui si spostarono tra Pontelagoscuro, Ferrara e Bologna. Progettavano di congiungersi a Garibaldi, ma furono reiteratamente arrestati, finché, nel settembre, Leonetto Cipriani concesse loro la libertà a condizione che lasciassero la Romagna. Si diressero quindi a Lodi, poi a Lugano, dove si fermarono per un anno.
I rapporti con Mazzini e Garibaldi continuarono per via epistolare, e alla notizia della spedizione in Sicilia si diressero a Genova, dove il 10 giugno 1860 si imbarcarono per Palermo. Dopo essere sfuggiti a un tentativo di cattura nel bel mezzo della navigazione, si incontrarono con Garibaldi e restarono al suo fianco nella marcia verso Napoli. Furono questi i mesi che guadagnarono a Jessie l’appellativo di ‘infermiera dei Mille’: soccorse i feriti, aiutò i medici durante le operazioni chirurgiche, fu responsabile degli ospedali da campo di Caserta e Santa Maria Capua Vetere. La sua presenza sui luoghi degli scontri era divenuta a tal punto rilevante da essere tra le protagoniste dei reportage di giornalisti stranieri, come Henry Wreford, che le riservò particolari attenzioni sul Times. Jessie tuttavia non si spendeva solo per la causa nazionale, ma era vivamente interessata a capire le dinamiche sociali di quei territori, che visitava per la prima volta.
Alla frenesia di quei mesi, seguì una fase di intensi spostamenti, comune a molti altri rifugiati politici, che ancora non avevano ricevuto un’amnistia generale. I Mario raggiunsero prima alcuni familiari di Alberto presso Ferrara, poi si spostarono a Lugano, a Napoli, a Genova, quindi a Londra. Nell’estate del 1862 erano a Milano per raccogliere fondi in favore della causa italiana e dopo i fatti d’Aspromonte Jessie fu in prima linea durante l’operazione di Garibaldi, a cui partecipò occupandosi personalmente dell’anestesia.
Intanto aveva ripreso alcuni cicli di conferenze in Inghilterra per parlare della necessità di completare l’Unità italiana con la conquista di Roma e aveva accettato la collaborazione con il Morning Star e la Nuova Antologia, per la quale si occupò di questioni di interesse internazionale come la schiavitù in America. A cambiare in questi anni furono anche alcuni dei suoi punti di riferimento: nel 1863 morì il padre Thomas, nel 1866 perse la matrigna e nel 1864 il trasferimento a Bellosguardo, vicino Firenze, favorì nuove frequentazioni e amicizie, tra cui quella con lo scrittore Thomas Adolphus Trollope.
Anche i rapporti con Mazzini furono segnati da una fase di tensione: alle divergenze politiche e caratteriali con Alberto si aggiunse una rinnovata rivalità con Emilie Ashurst per la pubblicazione degli scritti del maestro. Al contrario, il rapporto con Garibaldi si rafforzò: Jessie fu al suo fianco prima sui campi di battaglia nel 1866, poi al congresso della Lega per la pace, a Ginevra, e infine nel 1870, quando operò sia come infermiera sia in qualità di corrispondente militare dello Scotsman di Edimburgo e del Tribune di New York.
Per entrambi i giornali pubblicò una serie di testi che furono poi rivisti, rielaborati e integrati nel libro I garibaldini in Francia, del 1871.
L’attività di scrittrice e giornalista divenne centrale in questa fase della sua vita. Collaborò con quotidiani come la Riforma, la Rivista repubblicana, la Provincia di Mantova, il Bacchiglione, il Tempo, il Pungolo. Il lavoro più intenso fu quello con la rivista liberaldemocratica The Nation, fondata e diretta da Godkin, che la impegnò dal 1866 fino alla morte. I suoi articoli orientarono l’opinione pubblica americana sulle principali questioni sociopolitiche postunitarie. La sua voce continuò a essere critica anche dopo la riforma elettorale del 1882, a causa delle inadeguatezze dimostrate dalla classe dirigente di fronte ai complessi problemi sociali. Il disagio e le condizioni di vita dei lavoratori furono ampiamente trattati da Jessie con reportage e lavori d’inchiesta: descrisse i briganti come nemici reazionari alleati dei clericali e denunciò la disperazione dilagante sia tra i minatori di zolfo in Sicilia sia tra i fondaci di Napoli.
I suoi studi, che intrecciavano la raccolta di documenti con l’osservazione diretta, culminarono nella collaborazione all’analisi sulle condizioni sanitarie dei lavoratori della terra, guidata da Agostino Bertani nell’ambito dell’inchiesta agraria Jacini. Jessie si occupò anche della questione scolastica e dell’analfabetismo, che diffondeva la criminalità, denunciò l’eccessiva ingerenza della Chiesa cattolica nell’organizzazione delle attività assistenziali e rimproverò alle donne italiane un atteggiamento passivo e accondiscendente nei confronti del potere maschile istituzionalizzato.
Anche la partecipazione al Risorgimento fu per lei fonte d’ispirazione, a cui guardò per comporre una serie di scritti diretti all’elaborazione della memoria nazionale. A partire da testimonianze, carteggi e documenti compilò le biografie dei principali protagonisti di quegli eventi: Garibaldi, il marito Alberto, che morì nel 1883, il maestro Mazzini, a cui riservò due volumi, e infine l’amico Bertani. Molte altre personalità della sinistra democratica furono oggetto dei suoi studi, come i fratelli Cairoli, Giuseppe Dolfi, Giovanni Nicotera, e di altri ancora curò i profili in un ciclo di biografie uscite su The Nation. Di ogni personaggio intrecciò l’esperienza personale con la vicenda storica, non mancando di attingere alle citazioni dirette dei loro scritti.
Dopo la morte di Alberto, con l’aiuto di Giosue Carducci, raccolse e pubblicò alcuni degli scritti da lui lasciati incompiuti, poi, dal 1896, a causa di alcune difficoltà finanziarie, iniziò a lavorare come insegnante di letteratura inglese presso la Scuola normale di Firenze. Qui morì il 5 marzo 1906. Le sue ceneri furono deposte a Lendinara, vicino a quelle del marito.
Opere. La miseria in Napoli, Firenze 1877; La lotta elettorale e il diritto di voto in Inghilterra, Roma 1879; Vita di Giuseppe Garibaldi, Milano 1882; Della vita di Giuseppe Mazzini, Milano 1886; Agostino Bertani e i suoi tempi, Firenze 1888; Mazzini nella sua vita e nel suo apostolato: opera illustrata con ritratti e composizioni dei più distinti artisti, Milano 1890; Scritti e discorsi di Agostino Bertani, Firenze 1890; Italy and the United States, New York 1891; In memoria di Giovanni Nicotera, Firenze 1894; Le miniere di zolfo in Sicilia, Roma 1894; Il sistema penitenziario e il domicilio coatto in Italia, Roma 1897; Le opere pie e l’infanticidio legale, Rovigo 1897; Cenni biografici sulla vita di Giuseppe Dolfi, Firenze 1899; Carlo Cattaneo, s.l. 1901; Garibaldi e i suoi tempi, Milano 1884; The birth of modern Italy. Posthumous papers of Jessie White Mario, a cura di P. Litta Visconti Arese, Londra 1909.
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